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Nel borgo sul Lago di Como tra miniere e tramonti mozzafiato che colorano di rosa e di viola le prealpi

Dongo, nome sicuramente noto agli appassionati di storia per gli eventi storici che segnarono la fine del secondo conflitto mondiale e la definitiva sconfitta del regime (con un bellissimo e moderno museo che ricorda i fatti), è uno dei centri caratteristici dell’alto lago di Como e gode di una vista sul Lario davvero notevole, che permette di godere di tramonti favolosi con la luce del sole che accarezza Bellagio – di fronte – scende sull’estremità nord del lago. Uno degli effetti più belli è sicuramente quello che regalano le Prealpi Mesolcine che assumono luminescenze rosate e violacee, mentre il lago e le sue sponde sono già coperti da una semi-oscurità.

La storia di Dongo

Importante centro turistico e industriale dell’Alto Lario, adagiato nella piana originata dalla foce del torrente Albano con vista sul Monte Legnone e sulla Grigna settentrionale. È un grosso, antico, attivo paese che si affaccia sulla baia, frequentato centro turistico e testimonianza di un passato ricco d’eventi storici.

Una delle sue più antiche tradizioni è la lavorazione del ferro estratto dalle miniere della valle Dongana. Questa è ancora viva, benché lo sfruttamento delle miniere sia cessato fin dal tardo 800, nella Società Acciaierie e Ferrerie lombarde Falk, cui spetta un ruolo importante nell’economia del territorio. D’origine romana, unitosi amministrativamente a Gravedona e Sorico nel 1534, costituì la contea delle Tre Pievi ceduta a Tolomeo Gallio da Filippo II di Spagna nel 1580. In epoca comunale fu Borgo cinto da mura di cui rimane un piccolissimo avanzo con porta ad arco in Piazza Vertua Gentile.

Da visitare a Dongo

Palazzo Manzi Si trova sulla piazza a lago del paese presso il molo. Fu costruito nel 1824 su progetto di Pietro Gilardoni, allievo del Pollak e costituisce uno degli esempi più espressivi dell’età napoleonica del Lario. Fu donato nel 1937 da Giuseppina Manzi al Comune di Dongo che ne fece la sua sede.

Ad un esterno assai sobrio, corrisponde un interno sfarzoso, come nel gran salone d’onore su due piani con balconata superiore, chiamato Sala d’Oro per le diffuse dorature, adorno di rilievi, di stucchi e, sulla volta, al centro della sala, appare il centro del mondo, ovvero il Parnaso, il monte dell’antica Focide, sacro ad Apollo e alle Muse, affrescato in bello stile da un allievo dell’Appiani.

All’interno del salone un tempo, le famiglie nobili, davano ricevimenti. Oggi si può visitare nelle ore d’apertura al pubblico degli uffici comunali “per lo più di mattina”. Accanto si trovano la ricca biblioteca e la cappella ovale. Il Palazzo Manzi costituisce uno degli esempi più espressivi dell’età napoleonica del Lario.

Chiesa di Santo Stefano D’origine romanica, è la più vasta chiesa lariana, rifatta nel 1716 su un tempio romanico rimaneggiato nel 1315. Nell’interno a tre navate e tre absidi si trovano la vasca battesimale del 400, gli affreschi cinquecenteschi nelle absidi laterali e statue in stucco di S. Salterio (1771).

Chiesa di Santa Maria Martinico Edificata nell’XI secolo, restaurata e modificata ai primi del Novecento, presenta una semplice facciata aperta da una finestrella cruciforme e una facciatina laterale risalente al Trecento.

L’affresco, nella parte mediana della parete destra della navata, databile fra il 1310 e il 1315, non è in buone condizioni, si intravedono parti delle figure di sei angeli che reggono il manto di Maria, il suo braccio disteso e brani della veste. Altri affreschi sono sotto il tetto sempre lungo la parete destra. Qui è custodita la più bella fra le Croci in argento dorato uscite dalla bottega di F. Ser Gregori (1513).

Santuario della Madonna delle Lacrime o del Fiume La costruzione di questa chiesa si deve a un miracolo. All’inizio del XVI secolo esisteva, vicino al fiume Albano, una cappelletta con dipinta una Madonna con Bambino. Nel 1541, nonostante lo straripamento del fiume, essa rimase illesa e il 6 settembre 1553 avvenne il miracolo: la Madonna pianse. Il canonico Bonizio accorse col popolo e raccolse in un calice le lacrime.

Lo stesso anno fu eretto un tempietto, nel 1602 si costruirono le cappelle della Cena e della Crocefissione, nel 1619 quelle di San Francesco e di Sant’Antonio. Il 5 aprile 1614 i frati minori della provincia francescana lombarda chiamati a custodi del santuario fecero il loro ingresso nel convento costruito dai donghesi. Il 23 ottobre 1904 mons. Valfrè, vescovo diocesano, tra l’esultanza del popolo incoronò le sacre immagini. Il santuario nel 1974, anno santo, fu dichiarato dal mons. Ferraroni, vescovo di Como, chiesa privilegiata dove è possibile lucrare l’indulgenza giubilare. Le visite sono consentite.

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