Proponiamo integralmente l’omelia pronunciata poco fa dal Vescovo Oscar Cantoni nella solennità di Sant’Abbondio, patrono della Città di Como e della Diocesi Cattedrale di Como,
Dal Vangelo secondo Marco (10, 46 – 52)
E giunsero a Gerico. Mentre partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
Confortati dalla preghiera del nostro santo patrono, Sant’Abbondio, che non si stanca mai di intercedere continuamente presso il Dio della misericordia per la sua e nostra Chiesa di Como, anche noi, come il cieco di Gerico, Bartimeo, alziamo con fiducia un grido di supplica al Signore Gesù, il nostro Maestro.
Gli chiediamo luce, perché in questo tempo di incertezza, ancora tanto condizionato dalla pandemia, sappiamo riprendere con maggior decisione e audacia il cammino di Chiesa che ci sta davanti, perché si tratta di una vera occasione di rigenerazione spirituale.
È tempo di ripartenza: deve essere affrontato con coraggio e responsabilità da tutti noi.
Non illudiamoci che tutto ritorni come prima e non attendiamo momenti più favorevoli di questo, più adatti all’annuncio del Vangelo. Se ci lasciamo prendere dalla paura o dalla pigrizia, impediamo alla grazia di Dio di compiere efficacemente la sua opera.
Anche questo è tempo propizio per annunciare la misericordia di Dio e insieme è occasione per uno sguardo di misericordia, di compassione e di proposta nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, che “gridano a noi”.
Accettiamo la sfida di trovare nuove vie di evangelizzazione, con linguaggi accessibili agli uomini di oggi, attingendo anche dai mezzi di comunicazione in uso, partendo però dalle grida che noi percepiamo e possiamo interpretare.
Anche noi, certo, sperimentiamo tanto sconcerto, come tutti i nostri contemporanei, ma ci dichiariamo discepoli del Signore, chiamati per essere inviati, proprio perché, in questo tempo difficile, sappiamo essere uno strumento vivo dell’amore di Dio per tutti gli uomini. Il Signore non ha cessato di amarci e continua a venire in nostro aiuto!
Per realizzare questo santo proposito, vorremmo che quanti ci avvicinano (immigrati, profughi, persone in difficolta economiche, persone sole o fratelli e sorelle lontane dalla fede o anche in ricerca di Dio) ci riconoscessero, attraverso la nostra umile presenza, come una comunità cristiana viva, accogliente, con relazioni profonde e mature, che si impegna a vivere un autentico cammino di fede, nonostante le fatiche e le debolezze quotidiane.
Vorremmo dichiararci disponibili a condividere le gioie e le tristezze di quanti incontriamo e testimoniare a tutti l’azione trasformante di Dio nella vita delle singole persone e delle nostre Comunità.
Il nostro obiettivo, vero impegno missionario, comune a tutti noi battezzati, consiste nel portare, in tanti modi diversi, il Dio di Gesù Cristo agli uomini di oggi, che agisce attraverso la potenza d’amore dello Spirito Santo.
Ciascuno si domandi se e come, nella vita di tutti i giorni, sa parlare esplicitamente, e con naturalezza, di Dio agli altri, anche a coloro che non credono o sono indifferenti.
Sono tante le persone sfiduciate, che oggi hanno perso il gusto della vita, che si accontentano di vivere alla giornata, che hanno rinunciato alla ricerca di Dio o smarrito la gioia che Egli ha promesso ai suoi figli.
Come il cieco Bartimeo, seduto lungo la strada, molti vivono tante dipendenze che bloccano il loro futuro.
La folla di Gerico (in un primo momento) aveva dissuaso Bartimeo dal suo desiderio di ricorrere a Gesù, che passava lungo le vie della città. Eppure Egli solo è in grado di “illuminare coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte”(Lc 1,79) Egli solo “dona la vista ai ciechi” (Sal 145) ossia a noi, con lo sguardo troppo spesso rinchiuso in spazi limitati, incapaci di vedere il bene possibile, che si spalanca di fronte ai nostri occhi.
Come discepoli del Signore, vorremmo essere capaci di riconoscere e interpretare il grido di tanti fratelli e sorelle, che cercano Dio, a volte come a tentoni (At 17,27). Vorremmo essere tra la folla di Gerico che, in un secondo momento, ha poi incoraggiato il cieco Bartimeo a ricorrere a Gesù, mentre passava nella loro città: “coraggio, alzati, ti chiama!”.
Il grido del cieco Bartimeo è così giunto fino a Gesù, che si è stupito e commosso di essere da lui chiamato “Figlio di Davide”. Lo aveva riconosciuto, infatti, come il Messia venuto a salvare i poveri. Così Bartimeo non solo ha riacquistato la vista, ma si è manifestato come un credente.
Potremmo domandarci quale sia stato l’impegno della Comunità cristiana nei confronti delle famiglie nel tempo della pandemia. Non è stato facile per le famiglie vivere ventiquattro ore al giorno nel ristretto spazio familiare. Sono sorti vari problemi di relazione, sfociati anche in episodi di aggressività.
Certe parrocchie hanno tuttavia saputo intercettare il grido di tante famiglie e hanno organizzato per genitori, figli, e nonni, occasioni di preghiera, di catechesi, di confronto, in modo che nessuno vivesse da isolato, ma si sentisse inserito in una comunione profonda con gli altri membri della comunità parrocchiale.
Come non ricordare la solitudine degli anziani nelle case di riposo o la sofferenza dei ricoverati negli ospedali.
È bello riconoscere come in questo tempo difficile molti non si siano ripiegati su loro stessi, ma si sono aperti generosamente verso gli altri. Pensiamo ai tanti medici, infermieri, volontari, ecc.
Non possiamo dimenticare nemmeno il grido dei giovani, spesso impauriti circa il loro futuro. Molte volte si immaginano i giovani semplicemente come “sdraiati sul divano”, ossia senza sogni per il loro futuro. Eppure possiamo testimoniare che anche da parte dei giovani c’è una vera domanda di senso, una grande ricerca spirituale profonda, certo a loro modo e con i loro linguaggi. Sappiamo condividere la loro ricerca di Dio? Sappiamo come Comunità cristiana assicurare loro il “diritto alla speranza?”.
Ascoltare il grido dei giovani si traduce nel trasmettere la nostra esperienza di fede per la loro formazione integrale, significa anche collaborare con le istituzioni civili per una “alleanza educativa” di cui si sente oggi un estremo bisogno.
I poveri sono coloro che gridano più frequentemente al Signore ed Egli ascolta il loro grido, anzi insegna anche a noi ad imitarlo. I poveri ci aiutano a convertirci al Signore. Un giovane mi ha confidato che attraverso la frequentazione dei poveri è diventato cristiano!
Non sono i poveri che ricevono da noi, ma è il contrario. Essi ci insegnano a vivere il Vangelo, sono i nostri maestri evangelizzatori. Domandiamoci perciò in che misura sappiamo accoglierli e andare incontro ad essi con amicizia e semplicità di cuore.
Voglio ora farmi interprete anche del grido dei nostri sacerdoti. Molti di essi hanno sperimentato isolamento e solitudine nel tempo del lockdown, compromettendo il loro equilibrio, insieme alla sofferenza di non poter vivere relazioni quotidiane nei confronti dei loro parrocchiani. Altri, invece, sono riusciti ad entrare nelle case mediante i mezzi di comunicazione e hanno offerto momenti di preghiera e di catechesi da realizzare in famiglia.
Ora è un tempo di relazioni tutto da riacquistare con gli anziani, con le famiglie, con quanti vivono il cammino di catecumenato, con i giovani, con quanti, proprio in occasione della pandemia, si sono ritrovati a porsi domande religiose irrisolte o rimandate.
E come proporre alle nostre famiglie la Santa Messa della domenica come il cuore delle nostre Comunità?
Occorre poi imparare a sostenere i nostri sacerdoti nel loro impegno pastorale quotidiano. Essi non possono essere lasciati soli, ma accompagnati fraternamente, con una collaborazione leale e generosa, così da far loro sperimentare vicinanza e affetto. Inoltre i sacerdoti devono poter essere rassicurati di avere dei fratelli e sorelle che si impegnano con essi a servizio della comunità cristiana.
L’amicizia di laici autenticamente responsabili e di confratelli sacerdoti, con i quali vivere una sincera e concreta fraternità sacerdotale, può essere un canale privilegiato per sintonizzare i nostri presbiteri sulle frequenze della speranza e insieme del grido del popolo cristiano.
Possiamo sperare che in un futuro non lontano qualche coppia di sposi possa dedicarsi stabilmente nella animazione della parrocchia, nella accoglienza delle persone, in piena unità con il parroco, che dimora nella parrocchia vicina, ma nella stessa comunità pastorale?
E come Bartimeo, riacquistata la vista, si è messo a seguire Gesù come suo discepolo, intensifichiamo la nostra preghiera perché il Signore continui a suscitare nella nostra Chiesa di Como giovani disponibili a seguirlo per servire i fratelli, aiutandoli nel loro cammino di santificazione.
In questo mia omelia ho espresso volutamente alcuni interrogativi. Possono essere un punto di partenza per coinvolgerci, nelle diverse sedi, in una riflessione comune, che esprima la passione della nostra Chiesa nell’accogliere il grido d’aiuto che oggi, in tante forme e da tante persone, viene espresso ai membri della nostra Chiesa.
Sant’Abbondio ci renda forti nella fede e concordi per amore di Cristo e del suo popolo.