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Ambiente, Attualità

Piano cave in provincia di Como: “Troppo materiale pregiato esportato in Svizzera. E dalla Svizzera importiamo rifiuti”

Ieri davamo conto dell’approvazione del Piano Cave della provincia di Como arrivata da Regione Lombardia: Ok al nuovo Piano cave in provincia di Como per 3,4 milioni di metri cubi: 3 bacini e 7 giacimenti. Su questo tema interviene il Circolo “Angelo Vassallo” – Legambiente Como,  inviando  alcune considerazioni già presentate durante l’audizione presso la Commissione Regionale VI nell’ottobre scorso.

Spiegano: “I due grossi elementi di criticità che rileviamo in un documento per il resto condivisibile riguardano la definizione dei fabbisogni che comprendono grossi, troppi, quantitativi di materiale pregiato destinati alla esportazione in Svizzera mentre dalla stessa Svizzera importiamo rifiuti e la assenza di indicazioni precise per controlli efficaci per vigilare sulle varie fasi di escavazione, trasporto e recupero ambientale”.
Ecco quanto avevano portato in Regione:

Dopo l’approvazione il 4 dicembre scorso da parte della Commissione VI Ambiente, il nuovo Piano Cave quinquennale della Provincia di Como è stato approvato dal Consiglio Regionale. Un lungo iter iniziato nel Marzo 2022 con un buon documento predisposto dai tecnici della Provincia di Como. Un piano meno invasivo rispetto al passato perché non prevede nuovi poli estrattivi ma conferma 8 siti già esistenti, 7 per l’estrazione di sabbia e ghiaia e 1 per pietre ornamentali. C’è una grossa attenzione nei documenti allegati al contenimento dell’impatto ambientale e al monitoraggio dei possibili rischi durante le fasi di escavazione. Vengono date prescrizioni per un corretto recupero e ripristino al termine dello sfruttamento delle cave. Il documento è stato poi ulteriormente migliorato durante la fase istruttoria da osservazioni di enti come ARPA e da parte degli stessi uffici regionali.
Tutto bene quindi? Non proprio. Rimangono a nostro avviso irrisolti due grossi dubbi e perplessità già segnalati dalle associazioni ambientaliste che hanno partecipato con proprie considerazioni alle conferenze indette dalla Provincia e ad audizioni della Commissione Regionale.

Tralasciando osservazioni relative ad alcuni singoli poli estrattivi, compreso l’incredibile blitz riguardante il sito di Bulgarograsso, imprevedibile dai documenti istruttori. Il primo dubbio di carattere generale riguarda la stima dei fabbisogni di materiale da costruzione in ambito provinciale. Sarebbero infatti necessari per cinque anni complessivamente 3milioni e 405mila metri cubi di sabia e ghiaia di questi solo 848377 potrebbero derivare altre attività di scavo, recupero di inerti e da fonti alternative e quindi dobbiamo scavare in 5 anni ben 2milioni e 550mila metri cui di materiale vergine. Nonostante le sempre più frequenti emergenze idrogeologiche si costruisce ancora troppo! Soprattutto per strade e autostrade, poli di logistica, centri commerciali… Siamo lontani dal consumo di suolo zero e riutilizziamo ancora poco in alternativa materiale da demolizione, materiali riciclati, ma altrettanto efficaci, nuovi calcestruzzi a basso contenuto di sabbia ecc . Nella gran parte dei paesi europei nell’industria delle costruzioni si assiste ad una progressiva riduzione del prelievo di materiale nelle cave e di aumento di materiale riciclato. Noi abbiamo ancora molta strada da fare!

Per di più, sebbene nella premessa del piano si definisce come priorità l’obiettivo della autosufficienza provinciale, buona parte di questo fabbisogno è calcolato per soddisfare anche la richiesta di esportazione in Svizzera. Ben 720mila metri cubi, secondo le stime della Provincia, sarebbero destinati alla esportazione. Non è una novità. Non a caso da decenni diversi poli estrattivi sono ubicati in prossimità del confine.
La Svizzera è da tempo più attenta di noi a preservare l’ambiente e il paesaggio e preferisce importare sabbia e ghiaia dall’Italia piuttosto che sventrare le proprie colline o drenare i propri fiumi.
La Regione Lombardia non solo accetta tutto ciò per non contrastare il “libero mercato” ma lo ha addirittura favorito con un accordo transfrontaliero del marzo 2015 siglato “con l’intento di facilitare” l’esportazione nel Canton Ticino di sabbia e ghiaia e l’importazione in Italia di rifiuti inerti di materiale da costruzione e di materiale da scavo. Esportiamo quindi materiale di pregio alterando il territorio, biodiversità e paesaggio per importare rifiuti! Rifiuti cosiddetti inerti ma su cui dovremmo esercitare una attenta azione di monitoraggio per controllarne l’assenza di pericolosità.
In base a questo accordo, secondo dati del Consiglio di Stato del Canton Ticino, recentemente pubblicati dalla Provincia di Varese, ogni anno dall’Italia vengono esportati 1,2 milioni di tonnellate di sabbia e ghiaia e in cambio vengono importati 400mila tonnellate di rifiuti inerti. Siamo sicuri che questo scambio sia vantaggioso? Quanto ci costa il ripristino ambientale, ammesso che sia sempre possibile senza lasciare danni irreparabili?

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