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Radici e tradizione. Verga, Aida, Moglia e il Cene: in San Fedele, i guardiani della Como storica

Abbiamo anticipato ieri, con il racconto dei cento anni dello storico Trombetta, un viaggio in piazza San Fedele:

Piazza San Fedele, cento anni tra seta e meraviglia da Trombetta. Mauro Rossi: “Gli ultimi a Como con tessuti per abiti sartoriali”

Già perché la piazza gioiello di Como è anche un fortino che strenuamente resiste alla lunga mano delle catene commerciali. Così ecco tutti gli altri mohicani.

MOGLIA – “IL CLIENTE FISSO NON C’eE’ (QUASI) PIU’. OGGI SOCIAL, TURISTI E SVIZZERI”

La pandemia, lo scorso anno, ha costretto lo storico negozio di abbigliamento per bambini Moglia a festeggiare i cento anni di attività in lockdown. Solo un video con i titolari pubblicato sui social per un importantissimo traguardo che in pochi riescono a raggiungere.

“Mio nonno comprò il negozio nel 1920 da Cetti Pedraglio proprio quando la sua attività compiva un secolo di storia – racconta Paolo Tettamanti, 59 anni, titolare insieme alla sorella Silvia del negozio tra piazza San Fedele e via Pantera – Credo sia curioso che questo edificio, risalente al Quattrocento, in duecento anni abbia avuto solo due proprietari”.

Un secolo fa però il nonno di Paolo non si occupava di abbigliamento per bambini. “Moglia nasce come bazar, si vendeva un po’ di tutto, dai filati alle sementi – racconta il titolare – L’abbigliamento da bambino è diventato il fulcro dell’attività solo nel secondo Dopoguerra”.

Con il “vicino” Trombetta sono colonne portanti di San Fedele. “Ritengo che i negozi storici siano un patrimonio delle città – spiega Paolo – Altrimenti in qualunque capoluogo l’offerta commerciale è la stessa, quella delle catene. Anche alla nostra famiglia sono arrivate proposte di acquisto del negozio ma abbiamo sempre detto no. E’ chiaro che se affittassi il locale, potrei stare a casa a riposarmi, ma non l’ho mai fatto un po’ perché ho ancora voglia di fare questo lavoro e un po’ per rispetto verso i miei genitori. Piazza San Fedele riesce a restare ‘fortino’ di negozi storici perché quasi tutti siamo proprietari delle mura e riusciamo ad avere maggiore equilibrio aziendale rispetto a chi ha un affitto. Qualcuno però ha chiuso. Ricordo la Libreria Pontremolese, i titolari venivano dalla zona di Bedonia sull’appennino parmense proprio come la mia famiglia”.

Avere una solida storia alle spalle però non basta, essere al passo con i tempi è fondamentale. “Il commercio è cambiato tantissimo, è diventato più impersonale – conclude Tettamanti – Il cliente fisso di una volta non esiste quasi più, bisogna essere il più aperti possibile perché la gente acquista a qualsiasi ora. Abbiamo comaschi affezionati ma si lavora molto con i turisti e gli svizzeri. Per noi è importante essere sui social e lanciare iniziative come ‘Modella per un giorno’, che facciamo quattro volte l’anno: le ragazze possono venire in negozio e scattarsi foto con i nostri abiti”.

BAR SAN FEDELE – UN CAFFE’ DAL CENE, MARCO: “QUI SONO NATO E QUI RESTO”

Probabilmente non c’è comasco doc che alla domanda “Dov’è il bar del Cene?” non sappia indicarvi il locale all’angolo tra la piazza San Fedele e via Cesare Cantù, regno indiscusso di Enrico Cenetiempo, consigliere comunale di lunga data ma soprattutto proprietario di uno dei baluardi indiscussi di questa piazza. O meglio, ex proprietario, perché dal 2013 l’attività è saldamente nelle mani del figlio Marco, aiutato dal fido Tony: “Mio papà è subentrato nella gestione nel novembre del 1989 ma l’attività esiste almeno dagli anni Trenta – racconta – basti pensare che la nostra, con l’autorizzazione numero 2, è la seconda tabaccheria più antica della città”.

Una lunga storia che ha rischiato di interrompersi nel 1998 quando uno spaventoso incendio doloso ha avvolto l’intero edificio in ristrutturazione. Con sacrifici e grande forza di volontà, però, il bar è letteralmente risorto dalle sue ceneri e oggi è uno dei locali più amati della piazza, e dell’intero centro storico, capace di accontentare i turisti senza perdere però l’atmosfera familiare che piace ai comaschi.

“La clientela negli ultimi anni è cambiata – dice Marco – ma abbiamo molti clienti abituali, persone che vivono o lavorano in centro, che ormai consideriamo veri e propri amici”. Per questo, nonostante i corteggiatori non siano mancati, Marco non ha nessuna intenzione di appendere il grembiule al chiodo: “E’ un lavoro faticoso, lo ammetto, ma sono nato qui e questo è quello che ho sempre voluto fare – spiega – e il valore sentimentale di questo locale per la nostra famiglia è inestimabile”.

VERGA – “DUE SECOLI DI STORIA, IL MONDO CAMBIA E NOI SIAMO ANCORA QUI”

Grandissimo, affacciato sulla piazza e, contemporaneamente, sulle principali vie di passaggio: a chi non farebbe gola uno spazio come quello del Verga Selezione?
“Negli anni qualche proposta di cedere il negozio c’è stata ma non l’abbiamo mai presa in considerazione e credo che ormai in città si sia sparsa la voce che non siamo interessati tanto che non ci provano neanche più” racconta sorridendo da dietro la cassa Stefano Verga, titolare dell’attività insieme ai fratelli Laura e Alessandro.

Perché “il Verga”, come viene familiarmente chiamato da tutti, è ormai una vera e propria istituzione, una scatola di tesori da cui è praticamente impossibile uscire a mani vuote che accompagna da più di un secolo la vita dei comaschi.

“Questa attività viene tramandata nella nostra famiglia da generazioni a partire dall’800, quando la vendita avveniva nei mercati – spiega Stefano – il negozio vero e proprio è stato aperto da mio nonno Raimondo e poi portato avanti da mio padre Giorgio fino a oggi, quando è passato a noi figli. Ha visto due guerre mondiali e moltissimi cambiamenti negli stili di vita ma è ancora qui”.
E se non si fanno più le liste nozze di una volta e il servizio “della bella” ai giovani non interessa più, il Verga rilancia: “Abbiamo arricchito l’assortimento con oggettistica per la casa e idee regalo che piacciono anche ai turisti, oltre che ai comaschi”.

AIDA – “LA MODA? NO GRAZIE, EVVIVA I NOSTRI DOLCI DELLA TRADIZIONE”

Se a Como dici “cioccolata” non puoi che dire “Aida”. Chiunque sia stato ragazzo negli anni Ottanta e Novanta, infatti, non può non aver trascorso interminabili pomeriggi invernali seduto ai tavolini della saletta al piano ribassato di quella che è molto più di una semplice pasticceria in una bella piazza: è un’istituzione, un panda in via d’estinzione da proteggere con cura.

“Questo locale è stato aperto da mio padre Salvatore nel 1982 – racconta il titolare della pasticceria Aida, Francesco Tortora – veniva da Salerno dove, dopo anni da garzone in una pasticceria, aveva già aperto un suo negozio”. E così, dove prima c’era un pub e, andando ancora più indietro nel tempo, la discoteca Boccaccio era arrivata l’ormai storica insegna blu tra le arcate del portico e con lei pastiere, babà e sfogliatelle oltre, naturalmente, all’indimenticabile cioccolata. “La facciamo ancora come la faceva mio padre, senza utilizzare preparati o addensanti artificiali – spiega – e la stessa cura la mettiamo anche nella preparazione dei dolci che vengono tutti realizzati da noi nel laboratorio al piano superiore utilizzando le stesse ricette di allora”.

Un amore per la tradizione e per la propria identità che l’Aida è pronta a difendere anche a costo, di non piacere a tutti: “Una volta l’inviato di una rivista di pasticceria, a cui eravamo stati segnalati per la qualità dei nostri prodotti, ci ha definiti troppo classici, quasi ‘vecchi’ – spiega – ma a noi non importa, non ci interessa seguire le mode, i nostri dolci sono e saranno sempre quelli della tradizione campana fatti solo con i migliori ingredienti”.

Una scelta controtendenza, quella di non essere forzatamente “alla moda”, non sempre facile da percorrere ma che viene ripagata dall’affetto della clientela che continua a scegliere questo locale: “Possiamo dire davvero che di aver servito intere generazioni di comaschi – racconta Francesco – il turismo crescente ci ha salvati dalla crisi che è arrivata dopo l’introduzione dell’euro ma, anche se oggi ai tavolini si vedono più spesso turisti stranieri o svizzeri che vengono a Como a fare acquisti, ci sono molti comaschi che continuano a venire da noi anche solo per un caffè al banco o un dolce e vedere chi veniva a fare merenda all’Aida da bambino accompagnato dal nonno, tornare ora con i propri figli a fare lo stesso per noi è una grandissima soddisfazione”.

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Un commento

  1. Che il bar del Cene esista e che (quasi) tutti sappiano dov’è, è un fatto; ma se qualcuno che non sa dov’è lo cerca all’angolo tra Piazza San Fedele e via Cesare Cantù non lo troverà mai…
    Comunque sia: viva chi riesce a tenere in vita l’antica storia commerciale di Como.

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