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Svizzera, un franco da record: i frontalieri chiudono con il botto. E anche nel 2026 si punta in alto nonostante i dazi

Nonostante le turbolenze generate dalla politica doganale statunitense e le inevitabili ripercussioni sull’apparato produttivo elvetico, il franco svizzero sembra destinato a confermare la propria egemonia sui mercati valutari anche nel prossimo futuro. Secondo il parere degli esperti interpellati dall’agenzia di stampa AWP, la tendenza al rialzo della valuta svizzera, già osservata negli ultimi anni, è destinata a proseguire con vigore per tutto il 2026.

E anche ieri, martedì 30 dicembre, la valuta elvetica ha raggiunto nuovamente la soglia psicologica di 1,08 euro (con 100 franchi che valgono ufficialmente 108 euro), eguagliando i picchi massimi toccati precedentemente solo il 13 aprile e il 13 novembre.

Gli analisti evidenziano una serie di fattori macroeconomici strutturali che continuano a rendere la Svizzera un “porto sicuro” per gli investitori globali. Tra gli argomenti principali citati a favore di un franco forte troviamo:

  • Una solida stabilità politica;

  • Elevate eccedenze nella bilancia dei pagamenti correnti;

  • Un livello di indebitamento pubblico estremamente contenuto;

  • Un’economia resiliente e caratterizzata da un altissimo tasso di innovazione;

  • Un’inflazione stabilmente molto bassa rispetto alla media internazionale.

Un elemento decisivo per la tenuta del sistema è rappresentato dal recente successo diplomatico di Berna: grazie all’accordo raggiunto nel contenzioso doganale con Washington, la Svizzera è riuscita a neutralizzare la minaccia di una perdita di competitività rispetto ai Paesi confinanti, mettendo in sicurezza le proprie rotte commerciali.

L’unico fattore in grado di innescare un sensibile indebolimento del franco sarebbe la reintroduzione dei tassi d’interesse negativi. Recentemente, i dati sull’andamento dei prezzi e le incertezze che gravitano sui mercati finanziari e politici hanno alimentato speculazioni in questa direzione.

Tuttavia, la Banca Nazionale Svizzera (BNS) è intervenuta con fermezza per smentire tali ipotesi. La massima autorità monetaria elvetica intende evitare il ritorno a tassi sotto zero a causa degli effetti collaterali significativi che questi avrebbero sul sistema economico, con un impatto particolarmente critico sul comparto della previdenza, che la BNS mira a proteggere prioritariamente.

Il vigore del franco rappresenta, per contro, una sfida strutturale e permanente per l’industria svizzera orientata alle esportazioni. Thomas Heller, capo-economista presso la Frankfurter Bankgesellschaft, avverte che la forza della valuta potrebbe risultare particolarmente complessa da gestire “soprattutto in combinazione con l’aumento dei dazi doganali”.

Nonostante questo scenario sfidante, Heller esprime piena fiducia nelle capacità di adattamento del tessuto imprenditoriale elvetico. L’economia svizzera, sottolinea l’economista, ha già dimostrato in passato di possedere gli strumenti e la flessibilità necessari per far fronte a contesti analoghi, riuscendo a mantenere elevati standard qualitativi e quote di mercato nonostante il cambio sfavorevole.

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