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Rabbia a Como: “Mia moglie non vedente non esce più di casa. Togliete la patente agli incivili, abbattete le barriere architettoniche”

A Como, per una persona con disabilità visiva anche uscire di casa può trasformarsi in un atto di coraggio. A lanciare l’allarme è Domenico Cataldo, cittadino ipovedente, affiancato dalla lista civica Civitas e da numerosi attivisti per i diritti delle persone con disabilità (della sua vicenda abbiamo parlato alcuni giorni fa in questo articolo). Le loro voci raccontano una città che, nonostante le promesse e gli obblighi normativi, continua a ignorare le esigenze di chi convive con una disabilità. Così Cataldo con il fondatore di Civitas, Bruno Magatti ex assessore e consigliere, ha convocato una conferenza stampa.

Cataldo mette in evidenza una confusione ancora troppo diffusa tra cecità e ipovisione, perfino in ambito medico. “L’ipovedente conserva un residuo visivo, ma non distingue i dettagli. Le difficoltà sono diverse da quelle di un cieco totale, ma spesso trattate con lo stesso metro”.

Ma a Como, ha spiegato Cataldo, i problemi vanno ben oltre la semantica. Auto parcheggiate sulle strisce, marciapiedi invasi da monopattini e biciclette e semafori sonori quasi inesistenti: “Sono tutte situazioni che mettono a rischio la vita delle persone, ogni giorno. Le segnalazioni ai vigili si scontrano con la risposta standard: ‘Siamo troppo impegnati’ mi dicono sempre. E mentre il trasgressore si dilegua, le persone con disabilità restano esposte al pericolo”.

Il piano PeBA, fantasma dal 1986

Dal 1986, ogni Comune è obbligato per legge a dotarsi di un Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PeBA). “A Como, questo documento non è mai stato redatto – ha denunciato Magatti – Civitas ha proposto un approccio progressivo, con PeBA annuali per segmenti di intervento ma l’amministrazione attuale  non ha mai dato seguito. Le disabilità sono tante e solo attraverso l’ascolto si possono proporre soluzioni. La scelta dell’amministrazione di eliminare le Consulte, comprese quelle delle associazioni straniere, è stata un grave errore”.

L’accessibilità come diritto

“Non è accettabile – ha denunciato ancora Cataldo – che mia moglie, persona non vedente, debba rinunciare a uscire da sola per l’ansia e lo stress causati dall’ambiente urbano. Il cane guida, in queste condizioni, non è in grado di svolgere il proprio compito. Il Comune parla di riasfaltature, ma l’accessibilità non è questione di asfalto, è questione di sicurezza. Ci sono attraversamenti privi di semafori sonori, marciapiedi senza guide tattili, percorsi progettati senza logica, dove il pavimento tattile è posato in punti inutili o persino pericolosi”.

Un caso emblematico è quello del parcheggio del carcere di Bassone, dove era stata proposta la realizzazione di un percorso sicuro per non vedenti: la mozione però è stata bocciata in Consiglio comunale.

Inciviltà e impunità

Le difficoltà non nascono solo dalla mancanza di infrastrutture, ma anche da una crescente inciviltà. Auto e moto parcheggiate in modo selvaggio, marciapiedi occupati da ostacoli, animali non controllati, lavori stradali mal segnalati. Anche i pochi strumenti sanzionatori esistenti, come le multe per chi rifiuta l’ingresso a un cane guida, fino a 2.500 euro, non vengono applicati. “Serve una normativa più chiara e sanzioni più efficaci. Alla seconda infrazione, l’attività andrebbe sospesa. E per le auto in sosta selvaggia, va tolta la patente”, ha proposto Cataldo.

Ascolto, non paternalismo

Le testimonianze raccolte sottolineano una necessità fondamentale: “Passare da un atteggiamento paternalistico a uno basato sull’ascolto attivo e il riconoscimento dei diritti”. “Non possiamo accettare che, di fronte alla complessità dei problemi – ha spiegato – si risponda che bisogna affrontarli ‘uno alla volta’. Il problema è qui e ora. Ed è culturale, prima ancora che tecnico”.

Civitas e le associazioni continuano a proporre soluzioni concrete, ma lamentano un’amministrazione chiusa al confronto. “Ascoltano solo chi vuole organizzare degli eventi. Ma noi non siamo spettatori passivi: siamo cittadini attivi, lavoratori, e contribuiamo alla crescita della città. Vorremmo solo poter vivere in sicurezza, come tutti gli altri”, ha concluso Cataldo.

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