Dopo il boom degli ultimi anni, che ha portato certamente ricchezza e sviluppo ma anche problemi di vivibilità e sovraffollamento, anche Como da tempo si interroga sul futuro del turismo di massa in città. I benefici economici delle ondate di visitatori per attività e servizi è indubbio, l’impatto sulla storia, sulla fruibilità e sul “volto” stesso del centro storico sono gli altri lati della medaglia. Su questa testata ci siamo occupati spesso di temi affini, recentemente con un’intervista che ha fatto molto discutere all’architetto Di Salvo.
L’architetto Di Salvo: “Il centro al servizio solo di profitto e turismo. Como, addio identità”
Ora, pur tenendo conto delle differenze evidenti dei singoli casi ma senza ignorare i punti in comune, da Venezia arriva una “ricetta” che potrebbe essere di interesse anche per i candidati sindaco di Como.
L’amministrazione comunale venenziana, infatti, nel tentativo di proteggere l’immagine della città, oltre che per mettere un freno alla diffusione dei negozi di bassa qualità tra le calli e per bloccare il fenomeno degli esercizi che durano un lampo, guadagnando tanto sul turismo di massa ma senza poi versare quasi nulla al Fisco, ha predisposto un nuovo regolamento voluto dall’assessorato al Commercio, che individua zone, direttive ed edifici della città storica in cui sarà vietato aprire negozi di souvenir e paccottiglia, bar, take away, distributori self-service e simili. Resta invece possibile insediare botteghe di artigianato, ortofrutta e macellerie, librerie e in generale tutte le attività rientranti nelle categorie collegate alla residenza, in base al codice Ateco.
L’obiettivo dichiarato della giunta venezianta è far tornare Venezia a “una dimensione culturale e commerciale che negli ultimi anni è stata stravolta” e di arginare “il fenomeno dilagante di illegalità finanziaria legata alle attività che aprono e chiudono nel giro di 3 anni, non pagano le tasse e ricominciano, portando i ricavi all’estero senza generare ricchezza per la città e causando concorrenza sleale”.
La delibera, ovviamente, punta in particolar modo a limitare questi fenomeni perniciosi nelle aree di maggior pregio di Venezia. L’obbligo di aperture di qualità sarà operativo all’interno di aree definite in modo preciso sulla mappa: tutte quelle più coinvolte dal turismo di massa, gli edifici che hanno un vincolo culturale, e l’intero sestiere di San Marco.
Il regolamento – che ora deve passare al vaglio del consiglio comunale veneziano. “Mi auguro – ha sottolineato l’assessore al Commercio del Comune di Venezia – che sia operativa già prima dell’estate. È possibile che, nel tempo, l’applicazione di queste norme porterà a delle vetrine chiuse, ma spero che alla lunga questo convincerà i proprietari dei muri ad abbassare gli affitti. Meglio avere dei guadagni più bassi, ma con un artigiano che porta valore alla città”.
2 Commenti
L’eterno candidato cosa pensa? Forse con più parcheggi più clienti, maggiori introiti, per take-away, pseudo gelaterie, ristoranti con menù assolutamente identico ed insapore. Oppure maggiori affitti ed entrate per agenzie immobiliari? Libri ? Troppo difficili.
È impossibile perché i tedeschi hanno capito che qui da noi spendono il 50% in meno che da loro per mangiare, tra l’altro benissimo, bere da favola, dormire, ma soprattutto hanno capito che abbiamo 15°in più che da loro e 250 giornata di soleeeee.
Saremo invasi anche perché in treno da Monaco di Baviera ci vogliono solo 2,3 h per arrivare qui. Saremo sepolti dalle nuove invasioni barbariche e sarà solo un bene, un grandissimo cambiamento positivo se gestito bene.
Ma abbiamo politici all’altezza??
Imprenditori all’altezza??