Nuova sentenza del Consiglio di Stato per il ‘Tesoro di Como’, le 1000 monete trovate nel 2018 in via Diaz, durante la ristrutturazione dell’ex Teatro Cressoni. Il 20 febbraio 2025 i supremi giudici amministrativi hanno definitivamente escluso da ogni possibile pretesa di premio l’impresa di costruzioni, Teatro Cressoni scarl, che operava per incarico di Officine Immobiliari s.r.l., proprietaria dell’edificio e promotrice della sua trasformazione immobiliare in elegante struttura residenziale.
Il Consiglio di Stato ha osservato che l’impresa edile Teatro Cressoni scarl agiva per contratto in supporto di indagini di verifica archeologica in area dalle ben note potenzialità appunto archeologiche, quale è quella dell’antico insediamento di Como romana. Conseguentemente non può essere qualificata ‘scopritore fortuito’, presupposto del riconoscimento del premio che pretendeva. Teatro Cressoni scarl si era opposta, quale soggetto terzo, alla precedente sentenza del febbraio 2024 del Consiglio di Stato, favorevole a Officine Immobiliari srl, e inoltre aveva impugnato al Tar di Milano il diniego del premio da parte della Soprintendenza, ricevendo sentenza sfavorevole del Tar stesso, appellata al Consiglio di Stato, che ora ha respinto sia l’opposizione di terzo, che l’appello.
Dunque il dialogo è definitivamente ristretto a Ministero della Cultura e Officine Immobiliari srl e si concentra su due aspetti: il grado della collaborazione prestata da Officine Immobiliari srl e il valore dell’incremento del patrimonio nazionale comportato dalle mille monete del Tesoro.
“Non si creda semplice il rapporto con il Ministero – dice con non celato disappunto l’avvocato Oliver Pucillo Furer, socio e legale di Officine Immobiliari srl – Si pensi che il Capo dipartimento è giunto a sostenere che l’indagine archeologica sarebbe stata svolta presso l’ex Teatro Cressoni per poter così terminare i lavori edili progettati, mentre in realtà sotto il livello moderno (post-rinascimentale, massimo -0,6 m) erano previsti scavi e carotaggi per complessivi soli 8,63 mq, di cui la quasi totalità (8 mq) a livello comunque superiore a quello romano. La ricerca ha riguardato oltre 600 mq, senza che ve ne fosse alcuna necessità progettuale, per pronta e ampia disponibilità di Officine Immobiliari srl a far cogliere dagli studiosi una particolare occasione di indagine archeologica nel centro di Como, cioè nell’ambito della fondazione cesariana di Comum”.
Appare evidente il tentativo del Ministero di mettere in discussione la collaborazione massima offerta da Officine Immobiliari srl, già ripetutamente riconosciuta dai funzionari della Soprintendenza in articoli scientifici e addirittura nell’introduzione al catalogo del Tesoro di Como, pubblicato dal Poligrafico dello Stato. Ciò stupisce e irrita Officine Immobiliari srl, perché alla collaborazione massima è connesso il premio sia al proprietario sia al concessionario o scopritore nella misura massima del 25 per cento ciascuno. Altra contestazione della burocrazia ministeriale riguarda il valore dei beni, cioè di quanto si sia impreziosito con la scoperta del Tesoro di Como il patrimonio dello Stato, che diviene per legge proprietario dei beni archeologici rinvenuti nel sottosuolo.
“È stato incredibilmente sostenuto che siccome il Ministero, pur potendolo fare, per prassi non vende mai i beni archeologici, essi avrebbero valore commerciale zero. Nel contempo viene riconosciuto che sul mercato internazionale le mille monete valgono milioni e milioni di euro“, così continua l’avvocato Pucillo Furer, che lamenta come dopo un incontro del luglio 2024 i funzionari, a partire dal Capo dipartimento, si sottraggono a ogni incontro di dialogo a Roma.
È Saba Dell’Oca, amministratore di Officine Immobiliari srl a evidenziare un altro punto di difficoltà che non solo stupisce ma che è anche tale da deprimere la persona più disponibile al dialogo. In corso di stima, la legge prevede che sia corrisposto un acconto ‘in misura non superiore ad un quinto del valore, determinato in via provvisoria, delle cose ritrovate’ (20%).
Dice Saba Dell’Oca: “Il Ministero ha sì disposto il pagamento dell’acconto nella misura del 20%, calcolando però detta percentuale non sul valore provvisoriamente stimato delle cose (circa 5 milioni di euro, che già è meno della metà del valore sul mercato internazionale), ma su un premio indicato in misura del 9,25% di detto ridotto valore, quindi corrispondendo solo l’1,85% della pur modesta e controversa stima ministeriale. Insomma ad oggi dopo oltre sei anni dalla scoperta sono stati pagati solo 70.000 euro, assai meno dello stesso modestissimo premio del 9,25%, cioè 360.000 euro, riconosciuto nel 2021 dal Ministero della Cultura”.
Conclude Dell’Oca: “La posizione che assume il Ministero altro non può dirsi che contraria ai principi della collaborazione e della buona fede voluti dal Legislatore nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Ciò è desolante, soprattutto se si pensa a quanto ha fatto e speso Officine Immobiliari srl per favorire gli studi di archeologia al Teatro Cressoni”.
La strategia dilatoria sembra una prassi generalizzata da parte dei funzionari quando entra in gioco la corresponsione del premio di rinvenimento archeologico. In tal modo il premio, che il Legislatore ha voluto come incentivo per la segnalazione delle scoperte e per la consegna dei beni culturali, rischia di perdere ogni efficacia, cosicché le acrobazie e le estenuanti attese necessarie per effettivamente incassare un premio rischiano di insipientemente provocare l’effetto contrario, quello dell’impossessamento dei beni per avviarli ai canali illeciti.
“Davvero sono importanti le due decisioni del Consiglio di Stato, la prima delle quali, del gennaio 2024, già ha suscitato, per il suo carattere innovativo, vari contributi di studio giuridico comparsi sulle maggiori riviste scientifiche del settore”, precisa il professor Sergio Lazzarini, che coordina, quale avvocato e docente di diritto romano, l’intera attività legale e culturale di Officine Immobiliari srl.
“Condivido l’auspicio di dialogo con il Ministero, che dovrebbe essere prassi nei rapporti tra Cittadini e Amministrazioni, nel reciproco esame di argomenti, non già nell’unilaterale ripetizione di affermazioni da parte della burocrazia”, continua il professor Lazzarini, che osserva come proprio il Consiglio di Stato anche recentemente, nel settembre scorso, abbia stigmatizzato la prassi ministeriale gravemente dilatoria (in quel caso la vicenda era iniziata addirittura nel 1996), riconoscendo ai privati un significativo risarcimento del danno a carico del Ministero (‘per sofferenza, frustrazione o, almeno, turbamento da un’azione amministrativa durata anni’ e ‘caratterizzata da immotivate stasi ed inerzia’), trasmettendo d’ufficio copia della sentenza alla Corte dei Conti ‘per il seguito di eventuale competenza’, con evidente implicito invito a procedere all’incolpazione dei funzionari per ottenere personalmente da essi il rimborso di quanto lo Stato dovrà corrispondere per il risarcimento. Forse, grazie alla Magistratura, si apre la via per un cambio di registro.