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Como, rivolta contro lo stop ai treni frontalieri delle Ferrovie Svizzere. Braga e Cgil: “Scelta grave e sbagliata, va rivista”

La parlamentare del Pd, Chiara Braga, annuncia una trattativa tra il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano e la Confederazione elvetica dopo la decisione delle Ferrovie Federali svizzere di fermare al confine, a partire da domani, giovedì 10 dicembre, una serie di treni (EuroCity e Tilo) diretti in Italia. Una scelta motivata con la dichiarata impossibilità di far rispettare alcune norme anti-contagio richieste dal Governo italiano per contenere la diffusione del Covid-19.

“Credo che la situazione dei collegamenti ferroviari tra Italia e Svizzera vada affrontata tenendo conto dei dati epidemiologi ancora preoccupanti, soprattutto in Ticino, dei rischi a cui sono seguite dure polemiche per gli assembramenti verificatisi in alcuni impianti sciistici elvetici – afferma Braga in una nota – ma anche con la con la consapevolezza che la paralisi totale del trasporto ferroviario, comunicata peraltro unilateralmente dalle Ferrovie federali svizzere, sia una risposta sbagliata”.

“E’ possibile, infatti – chiarisce la parlamentare dem – coniugare sicurezza e mobilità, evitando che il blocco totale del trasporto ferroviario transfrontaliero generi gravi ripercussioni sugli spostamenti soprattutto dei lavoratori frontalieri al confine tra la Lombardia, Piemonte e la Svizzera”.

“In queste ore – conclude Braga . il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è impegnato a risolvere la questione con le autorità competenti della Confederazione elvetica e con le società ferroviarie interessate. L’obiettivo comune e di buon senso, sia per la tutela dei frontalieri italiani, che per consentire al Ticino di gestire al meglio il contrasto alla diffusione del Covid-19, credo sia quello di individuare una soluzione condivisa per garantire quantomeno i servizi ferroviari essenziali e fondamentali tra Italia e Svizzera”.

Sulla stessa vicenda stamane si era espressa la Cgil Frontalieri definendo “grave” la decisione svizzera che “metterà a dura prova le condizioni di migliaia tra i nostri lavoratori frontalieriche quotidianamente ne fanno uso”.

“La sorprendente decisione getterà da domani nell’incertezza oltre 5000 dei 70.000 lavoratori frontalieri del Ticino che, nella migliore delle ipotesi, finiranno per adottare l’alternativa del mezzo privato, quando possibile, caricando ulteriormente le reti viarie di collegamento già di norma congestionate con buona pace dei tempi di percorrenza e dell’ambiente”, afferma il sindacato.

“Un provvedimento che oltre ad evidenziare ancora una volta, come denunciamo dall’inizio del contagio, l’assenza di una sia pur minimo coordinamento interregionale, se possibile, aggiunge ulteriore perplessità nella gestione della pandemia da parte dei Cantoni di confine che, pur in presenza di un tasso di contagio tra i più alti al mondo (come ha ricordato in novembre l’OMS), per ragioni squisitamente economiche, hanno adottato provvedimenti troppo blandi a giudizio unanime ed ora, al contrario, dichiarano di non poter garantire provvedimenti minimi come la misura della temperatura corporea ed il distanziamento sociale sui treni”, chiude la Cgil Frontalieri.

“Urge un intervento presso i Governi Cantonali delle Istituzioni nazionali e regionali italiane nel quadro di una leale collaborazione, al fine di ripristinare i collegamenti ferroviari per migliaia di lavoratrici e lavoratori che, utile ricordarlo, contribuiscono in maniera determinante al sistema economico elvetico nei Cantoni di confine”.

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