“Entra! Entra!”. Il sorriso di Sara accompagna la risata del piccolo Giulio che si sporge dalle sue braccia per guardare il dvd di Coco. “Perdona il caos – interviene sorridendo Moira con in braccio Milo – ci sono i giochi dei bambini in giro. Andiamo tutti in sala!”.
Pochi passi, ma nel farli, per conoscere la storia di amore e fatiche di questa casa speciale – una “famiglia arcobaleno”, se proprio si vuole ricorrere a un lessico noto ai più – bisogna prima fare un salto nel passato.
“Ci sono quattro coming out – racconta Moira Meneghin, 36 anni, compagna di Sara – Con se stessi, con gli amici e con la famiglia. Poi quello della tua famiglia con i parenti. Sono stata fortunata: i miei amici, tutti eterosessuali, non hanno manifestato nessuna contrarietà anzi mi hanno accompagnata spesso in ambienti gay per aiutarmi a superare l’impasse. Ai miei genitori sono riuscita a dirlo solo tre anni fa. Sono stati straordinari, l’avevano già capito”.
Ma non tutti i coming out sono semplici.
“I miei genitori hanno faticato moltissimo – confida Sara Marostica, 38 anni – la parola lesbica” li inorridiva. Mi ripetevo: dopo tutto quello che hanno fatto per me meritano questo? Solo lavorando su me stessa ho capito che non stavo facendo nulla di male e con il tempo lo hanno capito anche loro, Fare coming out significa vivere senza maschera”.
L’omosessualità può essere una dimensione sentimentale difficile da vivere se vessata da comportamenti omofobi, come confermano gli studi legati al “minority stress”.
“All’inizio, quando lo capisci, è dura – conferma Moira – ti senti difettata come un ingranaggio malfunzionante. A questo si aggiungono le parole, le risate alle spalle e gli sguardi degli altri che possono ferire anche se fatti inconsapevolmente. Io sono stata fortunata, altri purtroppo no”.
Con l’aiuto degli amici, Moira si apre al mondo e in una sera di dieci anni fa, in un locale di Milano, incontra Sara per la prima volta.
“Un colpo di fulmine pazzesco. Solo mio – racconta Moira ridendo – Sara era titubante perché scottata dalla precedente relazione. L’ho corteggiata per un anno intero, facendo di tutto, una faticaccia! Alla fine ha detto sì e siamo andate a vivere insieme”.
Il loro percorso di coppia inizia, ma alcuni pesi restano sommersi. E vengono tutti a galla nel 2015, in una calda sera di luglio, durante un concerto milanese di Tiziano Ferro.
L’artista esegue il brano “Scivoli di nuovo” e qualcosa in Moira cambia.
“Su quelle note mi sono ritrovata in lacrime – confessa – ho capito tante cose. Che dovevo fare coming out con i miei genitori. Che amavo Sara e volevo creare una famiglia con lei”.
La coppia si iscrive a Famiglie Arcobaleno, associazione di famiglie omosessuali, per approfondire le tematiche legate all’omogenitorialità. A dicembre 2015 Sara rimane incinta del piccolo Giulio tramite la tecnica di inseminazione intrauterina (IUI), che consiste nella deposizione di spermatozoi inseriti direttamente all’interno della cavità uterina con una procedura sincronizzata all’ovulazione.
A dicembre 2017 anche Moira resta incinta di Milo, con la stessa tecnica.
“Siamo andate nella clinica Vitanova a Copenaghen – commenta Sara – e abbiamo speso circa 10.000 euro. In Italia per le coppie come la nostra non è possibile usufruire di questo intervento e non lo trovo corretto”.
Per poter avere un donatore, Sara e Moira si rivolgono a Cryos International.
“Abbiamo scelto lo stesso donatore – sottolinea Sara – un uomo danese con un profilo aperto ovvero rintracciabile. Così i nostri figli potranno avere la possibilità di conoscerlo, se vorranno”.
Il piccolo Giulio interrompe i ricordi distribuendo cioccolatini a tutti i presenti, tranne Milo che ha solo pochi mesi, per poi sgattaiolare nuovamente davanti alla tv a seguire le gesta di Coco.
“Non abbiamo avuto problemi con la comunità – racconta Sara – abbiamo amici che provengono da tutte le aree politiche e nessuno ha manifestato contrarietà alla nostra unione. Neanche al lavoro. Con gli altri genitori ci scambiamo consigli. Molte persone, prima piene di pregiudizi, dopo averci conosciuto hanno detto: ah! Tutto qui?”.
A livello nazionale, lo scenario cambia. Il 5 giugno 2016 entra in vigore la Legge Cirinnà che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Il 23 aprile 2018 il sindaco di Torino Chiara Appendino trascrive all’ufficio Stato civile dell’anagrafe gli atti di nascita dei figli di tre coppie omogenitoriali.
Dopo il gesto di Appendino, l’associazione Famiglie Arcobaleno dà vita alla “primavera dei comuni” che mira a un’interlocuzione politica e tecnica con i sindaci e i loro uffici per ottenere il riconoscimento della doppia genitorialità alle coppie dello stesso sesso.
“Milo è nato dopo la primavera dei comuni – commenta Sara – e all’anagrafe risulta nato con PMA (Procreazione medicalmente assisitita) figlio di Moira, prima madre, e mio, seconda madre. Giulio, invece, è nato prima e risulta figlio mio e di un padre che l’ha abbandonato. Assurdo. Abbiamo chiesto al sindaco di Appiano Gentile di intervenire ma è impossibilitato dalla legge. In realtà molti altri sindaci l’hanno fatto”.
Le famiglie arcobaleno desiderano la doppia genitorialità per poter tutelare i loro figli.
“Un genitore non riconosciuto – conferma Sara – non ha né diritti né doveri. Non può richiedere i permessi di maternità. Per la legge non esiste. E di questo pagano i bambini”.
Oltre alla burocrazia, esistono molte remore morali attorno alle famiglie omosessuali.
“Ci dicono che un figlio ha bisogno di una madre e di un padre – commenta Sara – in realtà credo intendano l’equilibrio tra sensibilità e concretezza. Dimensioni che possono essere presenti anche in una coppia omosessuale. Oltretutto i nostri figli hanno nonni e zii che rappresentano un importante punto di riferimento”.
Ancora inevitabile affrontare vari pregiudizi sul futuro dei bambini.
“Ma i figli di una coppia gay non diventano automaticamente gay – prosegue Sara – esattamente come noi non siamo etero pur essendo state cresciute da coppie etero. Molti studi psicologici confermano, inoltre, che i bambini delle famiglie arcobaleno crescono sani e la loro esperienza li rende più aperti all’inclusione delle diversità”.
E dubbi.
“La gestazione per conto terzi – continua Sara – non è un abuso laddove si impedisce lo sfruttamento delle donne povere con una corretta regolamentazione. Moltissimi paesi hanno legalizzato questa pratica con norme chiare e rispettose dei diritti di tutti”.
Quello che però a Sara e Moira non è mancato è il sostegno, pur nelle difficoltà.
“Tante persone eterosessuali ci sostengono – dichiara Moira – credono nei diritti civili e li ringraziamo.Tanto, tantissimo. E agli scettici dico: venite a conoscerci, le porte dell’associazione Famiglie Arcobaleno sono sempre aperte per un confronto costruttivo. Dico anche che è compito dello Stato garantire ai cittadini diritti uguali per tutti”.
Sara e Moira convoleranno presto a nozze.
“Non è facile far fronte a tutte queste problematiche – sottolinea Sara – però poi pensi: trovarsi è una benedizione rara. Vale la pena combattere per essa. Esistono tanti pareri contrastanti ma su un punto siamo coesi: famiglia è la casa che tutti cerchiamo, il luogo capace di accoglierci per quello che siamo”.
Una casa che tutti proteggono ma nel contempo aprono all’esterno.
“Non ero entusiasta di rilasciare un’intervista – conclude Moira – volevo salvaguardare la privacy della mia famiglia. Poi Sara mi ha convinta – continua, rivolgendo uno sguardo ai figli – perché siamo i pionieri di un cambiamento che dobbiamo alle generazioni che verranno. Ed è per questo che oggi siamo qui, sedute di fronte a te”.
Un commento
Buona vita a tutta la famiglia!
🙂