L’annuncio dell’acquisizione di Riello da parte del Gruppo Ariston (2,63 miliardi di fatturato nel 2024, 1,9 nei primi 9 mesi del 2025), avvenuto poco prima di Natale, ha generato un clima di fiducia misto a incertezza. Se da un lato l’operazione tra i due giganti del riscaldamento è considerata una notizia positiva, dall’altro rimangono aperte le questioni relative al futuro occupazionale, specialmente per il polo tecnologico di Lecco.
Rassicurazioni dal Mimit e dai vertici Ariston
Il passaggio dello storico marchio di caldaie Riello sotto l’ala di Ariston (colosso del settore elettrodomestici) è stato accolto con favore dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit). Le prime rassicurazioni puntano sulla solidità finanziaria dell’operazione e sulla complementarietà dei due brand nei settori delle caldaie e dei bruciatori.
Tuttavia, il clima tra i lavoratori è di attesa vigile. I rappresentanti sindacali dei 600 dipendenti del gruppo chiedono garanzie concrete, con un focus particolare sui 160 tecnici specializzati del centro di ricerca di Lecco.
Le richieste dei sindacati: continuità e assetti industriali
In una nota congiunta, Denise Milan e Lorenzo Ballerini (Fim Cisl), Dario Crippa (Fiom Cgil), Gabriella Trogu e Igor Gianoncelli (Uilm Uil) hanno espresso soddisfazione per la solidità dell’acquirente, ribadendo però dei punti imprescindibili:
-
Piena continuità occupazionale: nessun taglio ai livelli attuali.
-
Strategia industriale chiara: evitare sovrapposizioni produttive che potrebbero penalizzare alcuni siti.
-
Sviluppo e Transizione Energetica: sfruttare l’acquisizione come opportunità di crescita in un mercato in rapida evoluzione tecnologica.
“La complementarietà tra Riello e Ariston deve tradursi in fatti non solo per i siti produttivi di Volpago e Legnago, ma anche per il centro di progettazione, sviluppo e ricerca di Lecco,” sottolineano i sindacalisti.
Il futuro di Riello: verso il piano industriale 2026
Il passaggio di proprietà definitivo è previsto entro i primi mesi del 2026. Fino ad allora, l’attenzione resterà alta sul piano industriale che definirà il destino del polo lecchese.
I sindacati chiedono che il confronto prosegua sotto il coordinamento del Ministero, affinché la transizione energetica diventi un volano di sviluppo e non un rischio per le competenze tecniche del territorio.