Sostenitori che “per tutta la durata della gara hanno inveito nei confronti della terna arbitrale e dei calciatori avversari” provocando “l’intervento dei vigili urbani a fine gara” o che “lanciavano lattine di birra mezze piene sul terreno di gioco” o “introducevano materiale pirotecnico” e guidavano cori per offendere l’arbitro. E poi “spinte e pugni” sugli spalti con un gruppetto di calciatori che, addirittura, abbandonava il campo di gioco “per unirsi al tafferuglio”.
Ancora: un giocatore che “afferrava un avversario per il collo, lo minacciava e lo insultava”, un altro che, dopo averlo fatto cadere, “lo colpiva con un calcio allo stomaco, inoltre colpiva con un pugno al volto il massaggiatore entrato per prestare soccorso facendolo cadere a terra” prima di essere “allontanato a fatica da cinque compagni”. Giocatori che, negli spogliatoi, “offendevano il direttore di gara senza che alcun proprio dirigente intervenisse”, altri squalificati anche fino a tre gare per “gravi atti di violenza nei confronti degli avversari”, decine di ammonizioni con diffida e danni negli spogliatoi.
Un bollettino di guerra che, se anche si trattasse di calciatori professionisti e adulti allo stadio, già di per sé, sarebbe qualcosa su cui riflettere, ma che lo è ancora di più visto che i giocatori in questione sono Allievi e Giovanissimi, ragazzini tra i dodici e i sedici anni con, sugli spalti, mamma e papà, non la curva ultras. Eppure questo è quello che riportano, settimanalmente, i comunicati ufficiali della Lega Nazionale Dilettanti della Lombardia, tanto sconvolgenti da indurre la Delegazione A.I.A. di Monza a organizzare un incontro con i presidenti e i responsabili dei settori giovanili della zona per confrontarsi sulla pessima piega che sta prendendo il calcio, persino tra ragazzini.
E a Como com’è la situazione? L’abbiamo chiesto a Stefano Ramaroli, presidente della società comasca “Asd Cittadella 1945” che, qualche giorno fa, ha rilanciato via social l’allerta della sezione monzese invitando a una riflessione: “Ogni settimana leggo di botte, insulti, squalifiche di giocatori e dirigenti e mi domando cosa stia diventando il calcio – spiega – non voglio mettermi a fare la morale: una parola di troppo in campo scappa a tutti ma qui siamo ben oltre la semplice protesta o la sana rivalità”.
E se la zona di Como sembra, per ora, almeno apparentemente, immune da questo fenomeno, l’invito è quello di non abbassare la guardia: “Dalle nostre parti non si registrano episodi violenti di questa portata ma sicuramente, dopo tanti anni sul campo a contatto con i ragazzini, posso dire che sono aumentati notevolmente gli atteggiamenti da bulletto e una certa aggressività anche tra giovanissimi – dice – ricordiamoci, però, che i ragazzi in campo rispecchiano l’atteggiamento degli adulti, allenatore e genitori, quindi è da lì che bisogna partire ad educare perché se queste figure per prime non hanno rispetto dell’arbitro o degli avversari, è ovvio che anche i giocatori si sentano autorizzati a non averlo.”
E così facendo lo sport, che dovrebbe essere non solo prestazione agonistica ma soprattutto educazione al rispetto degli avversari e delle regole, rischia di perdere il suo valore formativo tanto importante per i più giovani: “Il rischio concreto è che questi ragazzini ripropongano gli stessi atteggiamenti violenti e la stessa mancanza di rispetto delle regole anche fuori dal campo, a scuola, in discoteca o per le strade. Ed è per questo che, quando leggo di allenatori o dirigenti squalificati per un paio di giornate, non posso non arrabbiarmi perché, secondo me, dovrebbero essere squalificati per anni o per sempre essendo venuti meno al loro ruolo di educatori – è il pensiero di Ramaroli – e prima che il livello generale di tensione aumenti anche sui nostri campi, credo che sarebbe utile incontrarci tra dirigenti non solo per decidere gli aspetti tecnici del campionato, ma anche per trovare insieme soluzioni per evitare episodi come quelli che avvengono altrove ogni domenica”.
2 Commenti
E io che pensavo che gli ultras violenti fossero di casa solo negli stadi, quelli veri… Ah che ingenuo che sono…
Complimenti ai genitori…