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Vivevano in Italia e prendevano il reddito di cittadinanza: dal cantiere di Beregazzo emerge la maxi frode dei rumeni

Nei giorni scorsi, i Finanzieri della Compagnia della Guardia di Finanza di Olgiate Comasco, dopo una lunga indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza, hanno eseguito un Decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip nei confronti di una società e del proprio amministratore per un valore complessivo di oltre 2 milioni e 700 mila euro.

Le indagini sono iniziate dopo un ordinario controllo in materia di lavoro sommerso nei confronti di un cantiere edile a Beregazzo con Figliaro, a seguito del quale sono stati avviati approfondimenti investigativi per verificare la regolarità dei rapporti di lavoro. In particolare, sin dai primi accertamenti, è emerso come la società sottoposta a controllo, con sede legale a Sesto San Giovanni (Mi), avesse avuto alle dipendenze, dal 2015 al 2021, circa 75 operai, inquadrati quali lavoratori subordinati, temporaneamente distaccati da una azienda di diritto rumeno. La normativa consente alle imprese stabilite nel territorio europeo di distaccare temporaneamente i propri lavoratori dipendenti a favore di altre imprese in altro Stato membro, mantenendo tuttavia il profilo fiscale e contributivo (quindi tasse e previdenza sociale) nel paese d’origine.

I primi sospetti sono sorti quando, analizzando le banche dati delle Fiamme Gialle, i nominativi dei lavoratori, dichiaratisi come distaccati di una azienda rumena, sono risultati in realtà stabiliti in Italia assieme ai rispettivi nuclei familiari già da moltissimi anni. Addirittura. alcuni di questi, pur percependo regolarmente il proprio stipendio, erano riusciti a richiedere ed ottenere il beneficio del reddito di cittadinanza, in quanto, dichiarando il rapporto di lavoro esclusivamente alle autorità rumene, in Italia risultavano del tutto disoccupati.

Insomma, l’imprenditore aveva scelto il personale rumeno, solo formalmente inquadrato da una azienda di diritto estero, esclusivamente per l’evasione contributiva e previdenziale, in quanto così sottoposto ad aliquote fiscali e contributive di molto inferiori a quelle italiane.

L’indagine ha dunque permesso di dimostrare l’artificiosa costruzione giuridica dei rapporti intercorsi tra l’azienda italiana e quella rumena, risultata essere del tutto inesistente e gestita dal medesimo indagato da un ufficio stabilito in casa.

Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Monza, su proposta della Procura della Repubblica ha emesso un Decreto di sequestro preventivo, nei confronti della società italiana e del proprio rappresentante legale, fino a concorrenza della somma di 2 milioni e 748mila euro, pari al danno causato alle casse dello Stato. Al momento, sono stati sottoposti a sequestro denaro contante per circa 830 mila euro e un’abitazione di pregio
sita a Sesto San Giovanni, del valore di oltre 600 mila euro.

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2 Commenti

  1. Andrà tutto in prescrizione visto che prenderà un bravo avvocato che con garbugli vari, notifiche sbagliate, certificati per legittimo impedimento faranno il miracolo. Nulla di cui stupirsi purtroppo.

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