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Denaro nascosto nei muri e fatture false: maxi frode da 34 milioni. 70 aziende indagate, perquisizioni anche a Como

I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, diretti dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, hanno eseguito 3 ordinanze di custodia cautelare in carcere e varie perquisizioni in comuni delle province di Varese, Milano, Brescia, Como, Monza, Lodi, Pavia, Novara, Treviso e Agrigento. Due anni di indagine per ricostruire una frode fiscale che, attraverso la costituzione di società “cartiere”, ha permesso agli indagati di emettere ingenti volumi di fatture per operazioni inesistenti. Gli stessi, ricevuto il pagamento, hanno successivamente provveduto a retrocedere il denaro in contanti ai propri “clienti” beneficiari delle fatture false, dietro la corresponsione di una provvigione compresa tra il 5 el’8% dell’imponibile indicato in fattura.

Sono 70 le aziende sotto indagine che, dal 2017 al 2021, hanno beneficiato complessivamente di 30 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti oltre all’Iva indebitamente detratta per 4 milioni di euro.

Nel corso dell’esecuzione del provvedimento, le Fiamme Gialle hanno perquisito abitazioni ed aziende con il supporto di 3 unità cinofile “antivaluta” (cash-dog) e con l’ausilio di scanner di ultima generazione al fine di rilevare la presenza di denaro occultato dai 3 arrestati. Infatti, proprio durante le operazioni di ricerca sono state trovate banconote oltre a 40 carte di credito usate per ritirare il contante. Inoltre, nascosti in un’intercapedine, 260 mila euro in contanti, insieme ad orologi di pregio quali rolex e cartier.

In particolare, lo sviluppo investigativo di alcune segnalazioni per operazioni sospette (in gergo denominate s.o.s., da parte dei finanzieri del Gruppo di Busto Arsizio) ha consentito agli investigatori di intercettare tempestivamente l’alert di inquinamento del particolare settore economico-finanziario caratterizzato da un’operatività anomala per alcune delle società missing traders che limitavano la propria esistenza “cartolare” a un periodo di tempo brevissimo e strettamente funzionale a creare l’evasione di cui beneficiavano “i clienti” della cartiera medesima, per poi sparire senza lasciare alcuna traccia.

Gli indagati hanno standardizzato una prassi contabile in cui le fatture fittizie erano giustificative di bonifici bancari ricevuti dai propri “clienti” cui veniva restituito il denaro contante (corrispondente all’importo indicato nella fattura emessa) al netto di una provvigione variabile costituente il compenso per il “servizio” reso. Il sodalizio, al fine di mascherare il proprio operato reclutava numerosi “prestanome” posti formalmente a capo delle società facenti parte dello schema fraudolento. Le indagini di polizia economico-finanziaria strutturate in analisi di tabulati telefonici, indagini bancarie, intercettazioni telefoniche e ambientali audio/video e con apparecchiature gps, pedinamenti eseguiti avvalendosi delle facoltà di polizia giudiziaria hanno portato i militari delle Fiamme Gialle a ricostruire il modus operandi del gruppo criminale.

La metodologia del sodalizio criminale consentiva a società, attive ed operanti in vari settori merceologici, di conseguire indebiti e ingenti risparmi di natura fiscale deducendo costi e (spesso) detraendo Iva a credito(non spettante) in quanto generati dall’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Tale sistema permetteva anche a personaggi possessori di ingenti quantità di denaro contante, di dubbia provenienza, di ripulire il denaro reinserendolo nel circuito legale.

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