Prendete un corso che non ha bisogno di presentazioni (il XXIV CSAV – Artists’ Research Laboratory, meglio noto come Corso Superiore di Arti Visive, organizzato dalla Fondazione Ratti) e prendete un luogo che non ha bisogno di presentazioni (l’Asilo Sant’Elia) e mescolateli per circa tre settimane sotto la supervisione di un’artista di fama internazionale (Christina Mackie).
Poi versate il tutto su una città che in questo momento si sente, a torto o a ragione, cosmopolita (a volte, diciamolo, solo perché ospitiamo una qualche star americana o perché ci possiamo sedere sui prati dei parchi come fanno a Londra) e che spesso ragiona “a orticelli”, ben attenti a non condividere le proprie iniziative con gli altri che magari, non sia mai, potrebbero fare addirittura bella figura a nostre spese
ANTONIO SANT’ELIA, GIUSEPPE TERRAGNI
TUTTI I RACCONTI
Cosa otterrete? Il piccolo capolavoro di dialogo, collaborazione, idee, internazionalità e cultura che sta facendo vivere in questi giorni proprio l’Asilo Sant’Elia invece di lasciarlo “riposare”, come tutti gli altri asili, durante le vacanze estive. “Si, ma ne avete già parlato!”, dirà qualcuno. Vero. In questo periodo si è molto parlato dell’Asilo e delle iniziative che lo vedono protagonista, a cominciare dalla mostra in Pinacoteca per finire con il Corso della Fondazione Ratti, ma non avevamo ancora chiesto ad Annie Ratti, Presidente della Fondazione e Direttrice del Corso, di raccontarci i dettagli di questa “ricetta” così insolita per la nostra città.
“L’idea di utilizzare l’Asilo Sant’Elia come sede per il workshop del nostro Corso è stata di Maddalena Terragni e dell’Archivio Terragni, che hanno fatto da anello di congiunzione tra noi e l’Amministrazione comunale – spiega Annie Ratti,– e noi ne siamo entusiasti. E’ uno spazio che sta insegnando molto ai giovani artisti e rappresenta una crescita notevole per il livello del Corso stesso”.
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Ma cosa sta succedendo esattamente dietro quei muri e quelle vetrate tirate improvvisamente a lucido?
“Prima di iniziare a lavorare, i ragazzi si sono occupati in prima persona della pulizia di locali e delle vetrate per riportare il più possibile l’edificio al suo aspetto originale, che speriamo possa essere mantenuto anche quando l’asilo riaprirà a settembre. Poi a gruppi hanno avuto la possibilità di fare ricerche presso l’Archivio Terragni per conoscere in maniera diretta lo spazio che li ospita ma anche il pensiero da cui è nato, la sua storia e la sua fruizione. Il loro lavoro si concretizzerà in opere, performance e installazioni che verranno presentate al pubblico il 19 luglio. Non è una vera e propria mostra, non è questo il nostro obiettivo. E’ un’occasione per discutere di quello che si sta facendo e per aprire le porte al pubblico e al territorio”.
Quindi l’Asilo Sant’Elia è molto più di un bel posto in cui lavorare e di una bella vetrina in cui esporre
“Esattamente. L’Asilo si presta a tanti livelli di lettura ma è più di un semplice contenitore. Tutti i lavori dei giovani artisti impegnati nel Corso, infatti, sono site-specific, creati appositamente per l’ambiente che li ospita, ispirati da lui e in dialogo con lui e con il contesto che lo circonda. Basti pensare che uno dei ragazzi, un artista argentino, ha coinvolto i bambini del quartiere in una performance di danza che verrà presentata giovedì sera. Un concetto di apertura alla città per certi versi simile a quanto fatto qui da Yona Friedman (l’architetto ungherese, visiting professor del Corso nel 2008, aveva realizzato proprio qui una delle installazioni che componevano il suo Musée dans la Rue mettendola a disposizione di bambini ndr)”.
Un’occasione non solo per visitare l’Asilo ma anche per vederlo “vivere” in una veste insolita, quindi. Ma soprattutto un’occasione per cercare di svegliare una città come Como, che si culla da troppo tempo in quello che le ha lasciato il passato e in cui non sembra esserci un interesse concreto per le potenzialità dell’arte contemporanea
“L’arte è un nutrimento meraviglioso. Non è un “di più” come molti credono: è parte della nostra vita. E il nostro Corso offre ai giovani artisti un’occasione importantissima di confronto e crescita. Ovviamente come Fondazione si è pensato a come riuscire a coinvolgere anche il pubblico e, ormai da più di vent’anni, offriamo alla città mostre di artisti conosciuti in tutto il mondo, Ma, mi dispiace dirlo, la gente non sembra rendersene conto. Como è una città poco ricettiva in questo senso. Ed è un vero peccato che non sappia cogliere questa occasione perché ai giovani artisti, italiani ma anche stranieri, servirebbero opportunità di incontro, scambio, laboratori. Si parla da tempo di spazi in città per l’arte contemporanea e abbiamo molti collezionisti appassionati ma non si è fatto molto, in realtà. Di certo la possibilità di utilizzare uno spazio come quello dell’Asilo Sant’Elia è un ottimo inizio e speriamo ci siano altre occasioni simili in futuro per noi, ma soprattutto per Como”.
Cosa aggiungere? Non sono molte in città le “ricette” così ben riuscite quindi approfittatene! O non consideratevi più autorizzati a dire che qui non succede mai niente di nuovo, siete avvisati.
Un commento
invito a leggere https://www.lacittafutura.it/cultura/un-asilo-nelle-periferie-la-lezione-di-giuseppe-terragni sul settimanale comunista edito a Roma (il primo numero fu fondato da Antonio Gramsci, da 187 settimane una cooperativa editrice lo pubblica) in cultura si scrive anche del razionalismo e del suo maestro Giuseppe Terragni, patrimonio di una città che non lo sa valorizzare e dell’intera umanità