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Cultura e Spettacolo

Il segreto dell’anima? Una lista della spesa. La mostra che racconta i nostri Sogni&Bisogni

Inutile negarlo: spesso (banalmente) siamo quello che decidiamo di sembrare.

Diecimila selfie prima di scegliere quello in cui miracolosamente non si vede la pancetta, foto al piatto vegano macrobiotico (e poi, quando tutti dormono, ci facciamo pane e nutella), inquadratura stretta sullo sfondo del mare che sembriamo da soli su una spiaggia deserta e invece è Riccione, in quel mezzo secondo in cui non passava nessuno dietro.

Nulla è lasciato al caso: spontaneità questa sconosciuta. E, nei casi peggiori c’è sempre un filtro per nascondere le magagne.

E poi, quando meno te l’aspetti, ecco il passo falso. La dimenticanza fatale, la porta lasciata socchiusa mentre siamo in casa e crediamo che nessuno ci veda (e allora via i tacchi e il beverone energetico ai 7 frutti tropicali e vai di pigiama di pile e patatine). Ma qual è questo errore fatale (e alzi la mano chi non l’ha mai commesso)?

La lista della spesa. Proprio quel foglietto all’apparenza inoffensivo che spesso capita di dimenticare nel carrello dopo aver pagato. E lì rimane, una cartaccia tra le tante destinata a essere buttata a meno che, prima, non passi di lì lei: Francesca Paini.

Lei, Francesca, è un sacco di cose (non ultimo è Presidente della Fondazione Scalabrini) ma qui è soprattutto una cacciatrice di poesia che oggi pomeriggio inaugura, presso lo spazio La Cornice di Cantù, una mostra insolita e geniale dal titolo “Quello che non ho” (deandreiana memoria) dedicata al lato oscuro di tutti noi: la lista della spesa.
“Ne ho raccolte circa 300 in tre anni, quasi tutte nello stesso supermercato cittadino – racconta – finché Valentina Pellizzoni , responsabile del negozio di Cantù (“un ritrovo di persone appassionate della bellezza”, lo definisce Francesca, Ndr) ha insistito per farne una mostra”.

Ma cosa c’è di così strano in una lista della spesa? “Rilke diceva che la poesia nasce quando le persone incontrano le cose – racconta – e nelle liste della spesa trovi le persone esattamente come sono, nude, senza filtri. Perché non sono state scritte per essere fatte leggere ad altri (al massimo a un familiare) e sono fotografie piene di poesia, se le sai interpretare”.

E così ecco che nel “lattughino, latte di soia, cibo per il gatto” ti sembra di vedere chiaramente la tua vicina di casa di mezza età, ovviamente single.

Nella grafia tremolante che scrive “pastina e crescenza” c’è la nonna che vive sola, mentre quella con il “prosciutto cotto confezionato marca XXX” è destinata sicuramente a un marito che, senza un elenco dettagliato fin nei minimi particolari, chissà con cosa torna a casa. C’è quella precisissima con tutti i prezzi, che più che una lista della spesa sembra un business plan, c’è quella scritta al computer e quella scritta a mano e quella delle badanti straniere che scrivono “lolio e lacqua”, perché così gli sono stati dettati.

“Ma la cosa ancora più bella è andare oltre l’identità di chi ha scritto e capire qualcosa in più della sua vita – racconta ancora Francesca -: ci sono gli studenti che vivono insieme che ritrovi nella lista scritta da tre calligrafie diverse, c’è la lista infinita delle cose da comprare per aprire la casa delle vacanze in cui manca tutto, il menù di Natale di una grande famiglia o il foglio su cui campeggia solo l’enorme parola “camomilla” (e lì a immaginare crisi d’ansia prima di un esame o bambini insonni da calmare con ogni mezzo). E ci sono loro, le “patatine porcose”, Patrimonio dell’Umanità.

La più buffa? “La mia preferita – rivela – è quella di una mamma che stava organizzando la festa di compleanno della figlia. E nel classico elenco spunta una scritta fatta con una calligrafia da bambina di 6/7 anni che le ricorda di comprare “palloncini e il kit delle principesse”.

Parlano i supporti (“Ho trovato liste scritte sui fogli di un taccuino del Casinò di Mendrisio, sulla carta intestata della Regione, sul retro di un biglietto di una crociera e persino sulla matrice di un assegno”, racconta) e poi c’è quello che Francesca definisce “lessico familiare”, una sorta di codice linguistico privato che sarebbe bellissimo decifrare (o forse no).

E allora ecco “l’ammorbidente per i vetri” o “comprare unghie” e la mia preferita, quella che da oggi mi farà vedere con occhi diversi il tranquillo signore con i baffi dietro di me alla cassa, quella che Francesca ha chiamato “La lista della spesa di Hitler”, quella in cui qualcuno, dopo le solite cose che compriamo tutti, scrive “Norvegia”. Che non è proprio un acquisto di tutti i giorni, diciamo.

Ma la mostra, oltre che far sorridere e riflettere, ha anche un obiettivo più profondo: aiutare la Fondazione Scalabrini nella realizzazione della Casa dei Bambini, la nuova abitazione in fase di ultimazione nell’ex Pastificio Castelli dedicata al ricordo dei bambini morti nell’incendio di via Per San Fermo e destinata ad accogliere famiglie in difficoltà (l’impegno è quello di far entrare la prima famiglia al massimo entro una settimana dalla consegna dell’appartamento a gennaio).

“Abbiamo scelto tre liste della spesa di importi diversi e chi vorrà potrà acquistarne simbolicamente il contenuto donandone l’importo che verrà interamente devoluto a questo progetto – spiega Francesca – Finora abbiamo raccolto circa 80 mila euro ma dobbiamo arrivare a 200mila. A questi si aggiungono altri 100mila destinati a risarcire al proprietario dell’appartamento di via per San Fermo dei danni causati dall’incendio che, essendo doloso, sarebbero ricaduti sulla mamma dei quattro bambini e che ci siamo accollati noi”

Infine un ultimo appello a politici, giornalisti e nomi noti della città: “Mi piacerebbe inaugurare una sezione “vip” della raccolta e farne in futuro una mostra, sempre a scopo benefico. Vi invito a mettervi in gioco mandandomi una vostra lista della spesa, una qualsiasi, la più spontanea (serve la lista originale ma potete contattare Francesca per i dettagli all’indirizzo frapaini@email.it). Occhio però, vi leggerà nell’anima.

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