A volte la memoria riemerge da un cassetto d’archivio, in silenzio, ma con una forza straordinaria. È accaduto a Maslianico, dove un gruppo di studiosi ha riportato alla luce manifesti originali della Repubblica Sociale Italiana e del comando germanico, testimonianze preziose di un periodo oscuro ma fondamentale per comprendere il nostro passato.
Il ritrovamento è al centro della mostra “Uomini liberi dell’Italia e del mondo. Per non dimenticare“, che aprirà il 31 ottobre alle 20.45 nella Sala Consiliare del Comune di Maslianico, e resterà aperta fino a domenica 9 novembre, dalle 9.30 alle 12.30, e del volume omonimo curato da Domenico Quartieri e Guido Castelli, con un contributo di Fabio Cani.
“È stato un colpo al cuore – racconta Quartieri, archivista e consigliere di Fondazione Avvenire – Lavoro negli archivi da quarant’anni e pensavo di conoscerli come le mie tasche. Sapevo che esisteva un fascicolo con dei manifesti, ma non ricordavo assolutamente che ci fosse dentro quel materiale. È riemerso per caso, mentre cercavamo documenti per un progetto più ampio sul periodo dal fascismo alla Repubblica. Quando abbiamo aperto quelle cartelline e visto i manifesti, ci siamo resi conto di avere davanti qualcosa di unico”.

Il terzo quaderno dell’Archivio Storico Maslianico
I manifesti, anche di grande formato (70×100 cm), sono firmati da due dei maggiori illustratori dell’epoca: Gino Boccasile e Giancarlo Michelini, noti per la loro produzione propagandistica al servizio del regime. “Alcuni sono della Repubblica Sociale Italiana – spiega Quartieri – e portano slogan e immagini forti, disegnate con una cura quasi artistica. Ci sono soldati sorridenti, armi, bandiere, simboli. È impressionante vedere come la propaganda sapesse parlare alle emozioni e piegare l’arte a fini politici”.
Dalla scoperta del materiale è nata l’idea di un volume e di una mostra, che insieme costituiscono il terzo dei “Quaderni dell’Archivio Storico Maslianico”, in collaborazione con il Comune di Maslianico, la Fondazione Avvenire di Como e con lo storico Fabio Cani, che nel libro approfondisce gli avvenimenti di quegli anni sul territorio.
“In realtà – continua Quartieri – l’idea iniziale era quella di un libro. Ma quando abbiamo mostrato i manifesti al sindaco, Giovanni Ugo Onofrio, ne è rimasto entusiasta e ha subito detto che dovevano essere condivisi con la cittadinanza. Così è nata la mostra. È un modo per far uscire la memoria dagli archivi e restituirla a chi vive qui oggi”.
“Raccontano la vita quotidiana, le pressioni, le paure e le speranze”
Tra i pezzi esposti, non solo la propaganda della Repubblica Sociale, ma anche documenti meno appariscenti, risalenti agli anni Venti e Trenta: manifesti che invitavano al recupero di ferro, rame o oro per la guerra, alla raccolta delle fedi nuziali, o all’arruolamento nelle forze armate. “Non tutti sono belli dal punto di vista grafico – ammette Quartieri – ma sono tutti significativi. Raccontano la vita quotidiana, le pressioni, le paure e le speranze di chi viveva in quei tempi difficili. Vederli oggi, dopo ottant’anni, è come entrare in contatto diretto con la storia”.
Il lavoro di ricerca è stato lungo e meticoloso. “Non è facile muoversi tra faldoni e documenti fragili – spiega Quartieri – Bisogna avere pazienza e rispetto. Ma per me l’archivio è come una miniera: più scavi, più scopri. È un mestiere che richiede tempo e passione, ma che regala emozioni immense”.
Il progetto è stato realizzato con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (Anai) e del Comitato per le celebrazioni dell’80° anniversario della Liberazione, con il sostegno della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia.
“Credo profondamente nel valore della memoria”
Per Quartieri, però, la spinta più profonda resta quella morale. “Credo profondamente nel valore della memoria. Se non ci credessi, mi godrei la pensione viaggiando per il mondo. Invece continuo a fare volontariato con la Fondazione Avvenire, perché penso che conservare e rendere accessibili queste fonti sia fondamentale. I miei genitori e i miei zii hanno vissuto quel periodo, e oggi tocca a me raccontarlo. Ma quando non ci sarò più io, chi lo farà? Ecco perché è importante che queste testimonianze siano disponibili per tutti, soprattutto per i giovani. Solo conoscendo la storia possiamo evitare di ripetere gli stessi errori”.
La mostra e il libro, diventano così un atto di memoria collettiva. “Volevamo raccontare non la grande Storia con la “S” maiuscola – conclude Quartieri – ma la storia quotidiana delle piccole comunità. Far vedere come il fascismo e la guerra abbiano toccato anche paesi come Maslianico, Capiago o Lipomo. Perché la Storia non accade solo nelle capitali: accade anche qui, tra le nostre vie, nei documenti conservati nei nostri archivi. E custodirla è il modo migliore per ricordare chi siamo”.