Un affresco del piccolo mondo che vive lungo la costa occidentale del Lago di Como, all’inizio degli anni Cinquanta.
In questo scenario si svolge la vicenda narrata dallo scrittore e giornalista Giuseppe Guin nel suo nuovo romanzo, “Le luci della filanda. L’enigma della settima riga e il ritorno della contessa” (400 pagine, TBM Service & C. – Edizioni Tecnografica) immerso tra storia e fantasia.
Il libro numero 13 del maestro, che uscirà a fine maggio, è infatti ambientato in una filanda di Brienno dove vive una famiglia di conti che, a causa di un evento tragico, decide di cambiare la propria vita ma anche le sorti dell’intero paese, una realtà da poco uscita dalla guerra dove la popolazione vive per lo più nella povertà. E proprio mentre la famiglia nobile cerca di cambiare il futuro di Brienno, nella filanda avviene un misterioso delitto all’interno della stanza segreta della contessa Beatrice. Così i conti decidono di fuggire, in quanto ricercati. La filanda viene dunque abbandonata ma le sue luci rimangono accese, segno di una vita che riprende nel piccolo borgo nonostante le difficoltà.
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Tutti elementi legati, in qualche modo, al periodo che stiamo vivendo? “Questo libro comunica una grande speranza verso il futuro – ci spiega Guin – non è volutamente legato alla pandemia, ma sicuramente in questo momento abbiamo tanta voglia di futuro e altrettanto bisogno di speranza. Concetti che, appunto, vengono trasmessi in questo romanzo”.
Protagonisti delle vicende tragiche narrate ma anche portatori della forza per rinascere e ripartire, sono tutti i personaggi tipici di quell’epoca che vivono nei paesi del lago: maggiordomi, governanti, droghieri, maniscalchi, bracconieri, materassaie, filandai, tritamurùn. Insieme creano quell’atmosfera affascinante che rispecchia il clima dell’epoca.
Ma, al di là della trama e delle vicende narrate, della descrizione del borgo e delle sue atmosfere, in questo libro c’è anche una sorta di analisi e di insegnamento. “Le due tragedie che avvengono nel romanzo sono figlie di due grandi mali di questa epoca – così Guin – come ricordato dallo stesso Luca Gregorio, il conte protagonista del racconto. Si tratta dell’invidia e dell’indifferenza: la prima verso i ricchi, la seconda verso i poveri. Entrambe provocano tragedie e, nel romanzo, rovinano il paese. Solo combattendole si riuscirà a far rinascere Brienno”.
L’ultima fatica di Guin è figlia dei vari lockdown che hanno costellato il 2020: “Questo lavoro mi ha impegnato nei diversi periodi di isolamento – osserva il maestro – mi sono ritirato nel mio rudere e ho dato vita al romanzo così velocemente proprio a causa della pandemia. Questo libro, inoltre, nasce da un grande lavoro di squadra: da chi ha contribuito a realizzare la copertina a chi ha letto le bozze, 20 persone diverse”.
“Le luci della filanda” è il romanzo più voluminoso realizzato da Guin, ma anche il meno costoso (15 euro). “Abbiamo pensato di andare incontro ai lettori – conclude – e, a differenza dei precedenti, questo libro verrà distribuito nelle edicole: siccome stiamo vivendo una pandemia dove i movimenti sono complessi e ostacolati, e dato che le librerie sopravvissute sono poche, abbiamo deciso di distribuirlo in tutte le edicole per raggiungere tutti i lettori anche nei piccoli paesi più sperduti”.