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Attualità, Economia

“L’economia comasca tra l’erosione dei margini per i dazi di Trump e il cambiamento epocale della Cina. Cosa sta succedendo”

E’ stato diffuso in queste ore l’osservatorio congiunturale di Confindustria Como sul primo semestre 2025. Sotto trovate tutti i dati nel dettagli e qui l’analisi del presidente, Gianluca Brenna:

I dati del primo semestre 2025 restituiscono un quadro articolato dell’economia comasca, che alterna segnali di tenuta e capacità di adattamento a elementi di criticità strutturali. Se da un lato registriamo una crescita congiunturale di produzione, domanda e fatturato rispetto alla seconda metà del 2024, dall’altro rimane evidente un rallentamento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, a conferma di un contesto ancora instabile.

Le tensioni geopolitiche, i costi energetici e delle materie prime, le difficoltà logistiche, l’erosione dei margini e le criticità legate ai dazi recentemente aumentati dal Governo Trump restano nodi aperti per molte imprese. Ma tra i fenomeni più significativi vi è un cambiamento profondo nei modelli di consumo a livello globale.

In particolare, stiamo assistendo a una trasformazione epocale del mercato cinese, che per oltre due decenni ha rappresentato una piazza strategica per i marchi europei del lusso. Oggi, però, in ossequio anche a una scelta di politica industriale interna, i cinesi stanno riscoprendo il valore del prodotto nazionale, facendo venir meno quel meccanismo di riconoscimento sociale che identificava lo status con brand europei. Questo mutamento, già evidente nei bilanci dei grandi marchi internazionali, produce un effetto a catena sulle filiere produttive, e colpisce in modo diretto anche il nostro territorio, in particolare la filiera tessile comasca e le aziende impegnate nell’automotive.

Non si tratta solo di un calo della domanda: è un cambiamento di paradigma, che richiede al nostro sistema produttivo capacità di riposizionamento, diversificazione e rinnovata attrattività dei nostri saper fare. Nonostante questo scenario, le imprese del nostro territorio continuano a investire: una quota significativa di esse punta su sostenibilità ambientale e sociale, efficienza energetica, digitalizzazione, ricerca e sviluppo, con un’attenzione crescente anche verso l’intelligenza artificiale. Sono segnali di reazione e di visione, che testimoniano la volontà di non subire passivamente le trasformazioni in atto.

Tuttavia, il nodo delle competenze rimane centrale. Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro è ormai cronico e incide pesantemente sulla capacità delle imprese di innovare e crescere. Per questo riteniamo strategico il rafforzamento della formazione tecnica e degli ITS, strumenti fondamentali per formare figure professionali coerenti con le reali esigenze produttive.

Su questo specifico aspetto, come Confindustria Como, insieme alle altre associazioni datoriali e all’Amministrazione Provinciale, sosteniamo l’importanza della creazione di un Campus ITS nel nostro territorio senza mai dimenticare che la competitività si gioca sulla capacità di leggere i cambiamenti e trasformarli in opportunità.

I DATI DELLE AZIENDE DELLA PROVINCIA DI COMO

Le imprese di Como rivelano nel corso della prima metà del 2025 indicatori in crescita sul fronte congiunturale e in decelerazione a livello tendenziale, in sostanziale coerenza con quanto esaminato per il campione delle realtà dei tre territori globalmente considerate.
La domanda, l’attività produttiva e il fatturato sono comunicati aumentare mediamente del +3,3% rispetto ai livelli del semestre luglio-dicembre 2024, dato al di sopra delle previsioni formulate in occasione della precedente edizione dell’Osservatorio (in media +1,3%) mentre calano di circa un punto percentuale (-1,1%) nel confronto con la prima metà del 2024.
Come per il campione generale, tra le aziende comasche si riscontra un quadro eterogeneo nel quale sono identificabili sia casi di indicatori in espansione, sia casi in rallentamento.

Il tasso di utilizzo medio degli impianti produttivi tra gennaio e giugno 2025 si attesta al 60,1%, dato di un punto percentuale inferiore rispetto a quanto indicato per la seconda metà 2024 (61,1%). Tra le aziende comasche sono identificabili differenze nell’impiego della capacità produttiva: le variazioni risultano più ampie suddividendo le imprese in base alla dimensione, con un tasso del 68,4% nel caso delle realtà con oltre 50 occupati mentre del 55,8% per le aziende con organici inferiori. Classificando invece il campione sulla base dell’attività svolta si registra una capacità del 67,2% per le aziende tessili, del 58,3% per le metalmeccaniche e del 61,6% per quelle afferenti agli altri settori.
L’attività che le realtà comasche non gestiscono al proprio interno ma realizzano attraverso collaborazioni con subfornitori determina un contributo alla produzione di sei punti percentuali e mezzo (6,6%), quota che si aggiunge a quanto creato internamente.
L’outsourcing coinvolge prevalentemente soggetti attivi sul territorio nazionale (5,1%) e in misura più limitata partner esteri (1,5%).

Sul fronte previsionale per la seconda metà del 2025 le aziende comasche rivelano cautela a causa della tensione geopolitiche in atto e indicano un lieve incremento (in media +0,2%) per ordini e produzione a fronte di una leggera riduzione delle vendite (-0,7%).

Oltre un terzo del fatturato realizzato dalle imprese di Como nei primi sei mesi dell’anno, una quota pari al 34,7% del totale, è stato generato all’estero, a conferma della marcata propensione all’internazionalizzazione che rappresenta una delle leve strategiche del sistema manifatturiero locale. Le produzioni comasche risultano principalmente dirette verso l’Europa Occidentale, area che continua a rappresentare la principale meta di destinazione dell’export e che assorbe il 17,3% delle vendite complessive. A seguire, nella classifica dei mercati di sbocco si trovano l’Est Europa (4,5%), gli Stati Uniti (4,4%), l’Asia Occidentale (3,6%) e i BRICS (3,1%).
Analizzando i giudizi formulati dalle realtà del campione riguardo l’andamento del fatturato nella seconda parte del semestre, in particolare tra aprile e giugno 2025, è rilevabile un quadro variegato nel quale gli scambi a livello domestico risultano più attivi rispetto a quelli sul fronte estero. Le vendite in Italia sono indicate come stabili sui livelli del primo trimestre dell’anno dal 25,8% del campione, in rallentamento dal 34,7% mentre in espansione dal 39,5%.
Le esportazioni sono considerate invece come in mantenimento dal 32,8%, in aumento dal 28,1% ma in diminuzione dal 39,1%.

Nei primi sei mesi dell’anno le realtà aderenti all’Osservatorio hanno confermato il permanere di alcune criticità legate alle materie prime e alle forniture energetiche.
Per quanto riguarda i listini di acquisto dei materiali e dei componenti richiesti per l’attività produttiva, tra gennaio e marzo il 15,0% del campione ha registrato un peggioramento, a fronte del 6,8% che ha visto una riduzione, e dunque un miglioramento, e del 78,2% che non ha riscontrato variazioni. Nei successivi tre mesi, tra aprile e giugno, la quota del campione che ha dovuto far fronte ad amenti del costo delle commodities è salito al 21,9% a fronte del 58,6% che ha comunicato un quadro stabile e del 19,5% che ha indicato una diminuzione.
L’andamento dei costi delle forniture energetiche, in combinazione con l’evoluzione dei costi delle materie prime, ha generato effetti distorsivi sulle imprese, in continuità con quanto analizzato per gli anni precedenti attraverso gli Osservatori semestrali.
Oltre un’azienda su dieci (12,8%) è stata costretta ad apportare riorganizzazioni del lavoro e dell’attività produttiva, in modo particolare per evitare di produrre nelle ore del giorno a più elevato costo energetico, circa una realtà su tre (32,4%) ha registrato marcati aumenti dei costi di produzione e un’impresa su due (49,5%) ha riscontrato un’erosione dei propri margini di profitto a causa dei maggiori costi sostenuti.

Le imprese comasche del campione hanno proseguito, nella prima metà dell’anno, le attività progettuali e di investimento su diversi fronti di sviluppo, in continuità con quanto analizzato per lo scorso anno. In oltre due casi su cinque le iniziative hanno riguardato la sostenibilità ambientale (48,2%) e il risparmio energetico (47,1%), percorsi di ricerca e sviluppo (44,1%) a beneficio dei prodotti e dei processi interni nonché investimenti di innovazione attraverso l’introduzione di tecnologie digitali (41,3%). Oltre un’azienda su due (53,8%) ha inoltre sostenuto investimenti per il potenziamento del proprio capitale fisico, il 28,0% ha realizzato azioni per promuovere la propria presenza sui mercati internazionali e il 15,7% ha sperimentato soluzioni di intelligenza artificiale applicate ai propri processi.

L’aumento dell’instabilità geopolitica internazionale che da mesi è presente sui principali media ha causato impatti negativi su oltre quattro realtà su dieci (42,2%) tra quelle aderenti all’Osservatorio.
Le tensioni geopolitiche hanno determinato criticità in diversi ambiti, tra cui una maggior incertezza si mercati di sbocco nel 67,8% dei casi, effetti distorsivi sulla domanda per il 59,7%, l’inasprimento dei costi energetici e di alcune materie prime nel 41,1%, difficoltà nei trasporti internazionali e nelle operazioni logistiche nel 22,8% e una riduzione degli investimenti già programmati nel 20,1%. A questi si è aggiunta inoltre l’interruzione di alcune catene di fornitura nel 7,8%.

Secondo i pareri formulati dalle aziende di Como del campione riguardo il loro rapporto con gli Istituti di credito si registra uno scenario principalmente caratterizzato da un mantenimento delle condizioni nei primi sei mesi dell’anno, così come rilevato per il campione generale delle imprese dei tre territori.
Per oltre otto realtà comasche su dieci si riscontra infatti stabilità sia sul versante dei costi di accesso al credito, in termini di spese, richiesta di commissioni, garanzie e tassi (89,2%), sia per quanto concerne la disponibilità degli Istituti a concedere risorse finanziarie attraverso l’espansione delle linee esistenti o l’attivazione di nuove (84,5%).
In caso di variazione, è da segnalare comunque che i giudizi di miglioramento (6,5% nel caso delle spese e 9,4% per quanto riguarda l’apertura degli Istituti bancari a concedere credito) risultano più estesi rispetto a quelli di peggioramento (4,3% per i costi di accesso al credito e 6,1% con riferimento alla propensione delle banche a concederlo).
Per quanto attiene infine alla valutazione della liquidità aziendale, circa tre realtà su quattro (74,8%) comunicano un quadro nella norma, l’11,6% del campione esprime soddisfazione mentre il rimanente 13,6% ritiene la situazione come migliorabile.

Tra gennaio e giugno le imprese del territorio comasco aderenti all’Osservatorio hanno vissuto un prevalente mantenimento dell’occupazione, segnalato direttamente dal 75,6% del campione, a cui si è accompagnata però un’espansione dei livelli che ha interessato una realtà su cinque (20,1%), a fronte di una diminuzione che ha riguardato il rimanente 4,3%.
Quasi un’azienda su due (47,2%) ha indicato in generale di affrontare difficoltà nell’individuare sul mercato profili con competenze necessarie ai fabbisogni di sviluppo aziendali, una condizione con da diversi semestri le aziende si trovano costrette a fare i conti (tra luglio e dicembre 2024 la quota era pari al 41,2%).
Le aspettative occupazionali per la seconda metà del 2025 si mantengono orientate ad un prevalente stabilità dei livelli (71,3%) ma è altresì riscontrabile, in caso di variazione, una più marcata diffusione delle ipotesi di crescita (23,2%) rispetto a quella relativa alla diminuzione (5,5%).

I DATI CONGIUNTI DELLE PROVINCE DI COMO, LECCO E SONDRIO

L’Osservatorio Congiunturale dei Centro Studi di Confindustria Lecco e Sondrio e Confindustria Como delinea per il campione di imprese delle tre province, in riferimento al primo semestre 2025, un quadro caratterizzato da indicatori congiunturali in crescita, a fronte di una lieve decelerazione delle performance a livello tendenziale.
Gli indicatori associati a ordini, produzione e fatturato crescono in media del +4,3% rispetto ai livelli del semestre luglio-dicembre 2024; la variazione mediamente rilevata rispetto al periodo gennaio-giugno 2024 risulta invece pari al -1,1% per domanda e vendite, mentre indica un sostanziale consolidamento (+0,1%) per l’attività produttiva.

Le aspettative riguardo all’evoluzione del business nella seconda metà del 2025 non indicano la prosecuzione della fase positiva registrata nel primo semestre. È infatti indicata stabilità (+0,2%) per gli ordini a fronte di una diminuzione, seppur contenuta (-1% in media) per produzione e fatturato.

La capacità produttiva mediamente utilizzata tra gennaio e giugno 2025 si attesta a circa due terzi del totale (65,6%), in diminuzione di circa un punto percentuale rispetto a quanto esaminato per il secondo semestre 2024 (66,5%). All’interno del campione vi sono differenze nel tasso di utilizzo degli impianti, sia per quanto riguarda la dimensione aziendale, sia suddividendo le imprese in base all’attività merceologica. Le realtà con oltre 50 occupati (73,6%) rivelano un impiego medio superiore a quanto indicato dalle imprese più piccole (60%).
Per quanto riguarda invece il comparto di attività, si registra un tasso di utilizzo del 70,3% per le aziende tessili, del 65,3% per quelle metalmeccaniche e del 67,5% per quelle afferenti agli altri settori.
Risulta in crescita, dal 3,7% del precedente Osservatorio al 6%, la quota di produzione non realizzata internamente dalle imprese ma gestita ricorrendo a pratiche di subfornitura: l’outsourcing produttivo coinvolge prevalentemente partner nazionali (5%) rispetto a quelli esteri (1%).

Oltre un terzo (35,3%) del fatturato realizzato nei primi sei mesi dell’anno è generato con clienti esteri, a conferma della marcata propensione all’internazionalizzazione che da sempre contraddistingue il tessuto produttivo dei territori. Le aziende di medie dimensioni risultano più attive sui mercati oltre confine, con una quota media di oltre la metà (51,8%) del fatturato realizzato all’estero; le realtà fino a 50 occupati sono comunque presenti a livello internazionale, generando quasi un quarto (23,8%) delle proprie vendite al di fuori dell’Italia.
Fra i mercati serviti, l’Europa Occidentale è l’area dove viene realizzata la metà dell’export, pari ad uno quota del 18% del fatturato complessivo. Ulteriori aree di interesse sono rappresentate dall’Est Europa (4,1%), dagli Stati Uniti (4,1%), dai BRICS (2,3%) e dall’Asia Occidentale (2%).

I giudizi sull’evoluzione del fatturato nei mesi finali del semestre, nello specifico tra aprile e giugno 2025, indicano una situazione eterogenea ma dove gli scambi sul mercato domestico sono maggiormente dinamici rispetto a quelli esteri. Le vendite in Italia sono stabili sui livelli dei primi tre mesi dell’anno per il 37,1% del campione, in rallentamento per il 25,4% e in espansione per il 37,5%. Le esportazioni sono in mantenimento per circa due realtà su cinque (38,6%) e in aumento e in riduzione per il 30,7%.

Per quanto attiene all’approvvigionamento delle materie prime, anche nel primo semestre 2025 restano criticità e influenze sulle dinamiche aziendali.
Per quanto riguarda l’andamento dei listini praticati dai fornitori, tra gennaio e marzo, a fianco del 71,6% di aziende che indica costi invariati, il 17,9% segnala un peggioramento e il 10,5% condizioni maggiormente favorevoli. Tra aprile e giugno, tre realtà su cinque (60,4%) evidenziano costi stabili, il 14,8% una diminuzione e il 24,8% un inasprimento.
L’evoluzione dei costi associati alle materie prime e alle forniture energetiche (elettricità e gas) ha continuato a determinare impatti sulla gestione dell’operatività delle imprese: per circa una realtà su dieci (9,3%) è stato necessario riorganizzare parte del lavoro e dell’attività produttiva; per circa un’azienda su cinque (23,1%) sono stati riscontrati significativi impatti sui costi di produzione; per il 47,8% è stata segnalata una contrazione dei margini di profitto.

Diffusamente stabile il giudizio espresso riguardo il rapporto con gli Istituti di credito nella prima metà del 2025: per circa quattro realtà su cinque le condizioni sono invariate rispetto al semestre precedente.
I costi di accesso al credito, le spese e le commissioni bancarie e la richiesta di garanzie e tassi sono stabili per otto realtà su dieci (79,7%), in peggioramento per l’8,5% e in miglioramento per l’11,8%.
Con riferimento alla disponibilità degli Istituti ad espandere le linee esistenti o ad attivarne di nuove, l’87,5% del campione non ha comunicato variazioni, il 4,2% ha indicato una minor propensione ad esaudire le richieste e il rimanente 8,3% ha segnalato una maggior apertura.
Sul tema della valutazione sulla liquidità, tre realtà su cinque (61%) ritengono il quadro nella norma, il 21,8% indica soddisfazione e il rimanente 17,2% considera la propria situazione finanziaria come migliorabile.

In riferimento all’andamento occupazionale, il quadro risulta caratterizzato da un prevalente mantenimento dei livelli nei primi sei mesi dell’anno, così come indicato da oltre tre realtà su quattro (76,1%). In caso di variazione, le indicazioni di aumento degli organici (17,4%) sono maggiormente diffuse rispetto a quelle di diminuzione (6,5%).
Nonostante le segnalazioni di crescita, oltre un’azienda su due (54,3%) segnala difficoltà nel reperire le competenze necessarie all’impresa.
Le previsioni per l’evoluzione dello scenario tra luglio e dicembre 2025 restano orientate ad un diffuso mantenimento (71,3%), affiancato da una maggior incidenza delle ipotesi di espansione (22,5%) rispetto alle aspettative di diminuzione dei livelli (6,2%).

EFFETTI DELLO SCENARIO GEO-POLITICO
L’aumento dell’instabilità geopolitica internazionale fa sentire i suoi effetti anche sui territori, sebbene per il 56,9% del campione non si registrino particolari conseguenze, mentre il 43,1% del campione segnala un peggioramento.
Nel dettaglio, le tensioni geopolitiche hanno generato un aumento dei costi energetici e delle materie prime per il 44,9% del campione, un aumento dell’incertezza sui mercati di sbocco per il 50,9%, un rallentamento dei livelli di domanda per il 54,1% e l’insorgere di difficoltà nei trasporti internazionali e nelle operazioni logistiche per il 22,8%. Si aggiungono un ridimensionamento degli investimenti programmati per il 13,8% delle aziende e interruzioni di alcune catene di fornitura in casi limitati (3,9%).

TRANSIZIONE GREEN, SOSTENIBILITA’ D’IMPRESA E INVESTIMENTI
In linea con le precedenti edizioni dell’Osservatorio, le imprese hanno proseguito nell’attività progettuale e di investimento lungo molteplici direttrici.
In oltre un caso su due, le iniziative riguardano gli ambiti della sostenibilità ambientale (51,9%) e del risparmio energetico (50,6%); sul fronte dell’innovazione si registrano progetti di ricerca e sviluppo (45%), l’introduzione di tecnologie di digitalizzazione (55,7%) e di soluzioni di intelligenza artificiale applicate ai processi interni (18,8%). Oltre la metà delle aziende ha in generale affrontato interventi per il potenziamento del proprio capitale fisico (52,8%), a cui si sono aggiunte azioni mirate per lo sviluppo e la promozione del grado di internazionalizzazione (26,1%).

DOMANDA
Nei primi sei mesi del 2025 la domanda registra una crescita congiunturale, a fronte di una diminuzione tendenziale.
Il confronto con il corrispondente periodo del 2024 evidenzia un calo di circa un punto percentuale (-1,2%).
La variazione registrata rispetto ai livelli del semestre luglio-dicembre 2024, quando gli ordini erano diminuiti di quasi quattro punti percentuali (-3,8%) sui sei mesi precedenti, risulta invece pari al +3,1%, con un dato che conferma al rialzo le previsioni positive formulate nel precedente Osservatorio (+1,3%).
Nel secondo semestre 2025 la domanda non è attesa variare rispetto a quanto registrato nei primi sei mesi dell’anno, ma dovrebbe stabilizzarsi (+0,2%).

PRODUZIONE
L’attività produttiva registra dinamiche di crescita coerenti con quanto rilevato per gli ordini nel raffronto congiunturale e una stabilizzazione dei livelli nell’analisi tendenziale.
Il dato misurato rispetto ai semestre gennaio-giugno 2024 risulta pari al +0,1%.
Il confronto con la seconda metà del 2024 evidenzia invece un aumento del 4,7.
Le previsioni per la seconda metà del 2025 indicano una decelerazione dei ritmi produttivi di entità contenuta, pari al -1,4%.

Il tasso medio di utilizzo degli impianti di produzione tra gennaio e giugno 2025 risulta pari a 65,6%, con il calo di un punto percentuale circa rispetto al secondo semestre 2024 (66,5%).
La situazione riguardante l’impiego della capacità produttiva risulta variegata, sia in base alla dimensione, sia in base alla categoria merceologica.
Si registra un utilizzo del 73,6% nel caso delle aziende con oltre 50 addetti e del 60% per le realtà di dimensioni minori.
Per le aziende metalmeccaniche il ricorso agli impianti è del 65,3%, del 70,3% per le tessili e del 67,5% per quelle afferenti agli altri settori.
Risulta in aumento, rispetto al luglio-dicembre 2024 (3,7%), il contributo alla produzione legato all’utilizzo di pratiche di outsourcing: nei primi sei mesi del 2025 l’attività affidata a subfornitori è stata pari al 6%; nel dettaglio a partner italiani per il 5% e in misura limitata a realtà estere (1%).

FATTURATO
Le vendite hanno dinamiche sovrapponibili a quelle della domanda, con un incremento congiunturale a fronte di un rallentamento tendenziale.
Il raffronto con i livelli del corrispondente semestre 2024 indica una decelerazione di un punto percentuale (-1%).
La variazione misurata rispetto alla seconda metà del 2024 si attesta invece al +5.
Le aspettative riguardo all’andamento del fatturato nel secondo semestre 2025 non indicano fiducia sul permanere della fase di espansione che ha interessato la prima metà dell’anno (-0,6%).

Le aziende dei tre territori competono a livello internazionale e sono presenti in molteplici mercati al di fuori dell’Italia, realizzando in particolare oltre un terzo (35,3%) del fatturato attraverso l’export.
La principale area di destinazione si conferma essere l’Europa Occidentale, mercato dove è generato il 18% delle vendite complessive. Seguono l’Europa dell’Est e gli Stati Uniti (entrambi con una quota del 4,1% del fatturato), i BRICS (2,3%), l’Asia Occidentale (2%) e l’America Centro-Meridionale (1,2%).

MATERIE PRIME
Anche per la prima metà del 2025, le imprese indicano il permanere di alcune criticità riguardanti le materie prime e le fonti energetiche.
Tra gennaio e marzo, i costi di approvvigionamento sono cresciuti per il 17,9% del campione, a fronte di una riduzione segnalata dal 10,5% e di un quadro invariato per il 71,6%.
Tra aprile e giugno, la quota di aziende che indica un apprezzamento dei listini praticati dai fornitori sale a quasi un quarto del campione (24,8%) mentre la diminuzione, e dunque costi più favorevoli, interessa il 14,8% delle imprese, a fronte della stabilità comunicata dal rimanente 60,4%.
Le dinamiche relative ai costi delle materie prime e delle forniture energetiche hanno determinato effetti distorsivi sull’attività delle imprese: la necessità di riorganizzare parte dell’attività o del lavoro, specie per evitare consumi nelle fasce orarie a maggior costo, per circa un’azienda su dieci (9,3%); una crescita dei costi di produzione per circa una realtà su quattro (23,1%); l’erosione della marginalità a causa dei maggiori costi per quasi un’impresa su due (47,8%).

OCCUPAZIONE
Nella prima metà del 2025 lo scenario occupazionale resta orientato alla conservazione dei livelli, così come comunicato da oltre tre realtà su quattro (76,1%) e in coerenza con le variazioni congiunturali assunte dagli indicatori associati a domanda, produzione e fatturato. Nei casi di giudizi di modifica degli organici, le indicazioni di espansione (17,4%) sono superiori rispetto a quelle di diminuzione (6,5%).
Più della metà (54,3%) del campione continua ad evidenziare difficoltà nel reperire sul mercato nuovi profili professionali con competenze adeguate rispetto alle esigenze di sviluppo aziendali.
Le previsioni per l’andamento dell’occupazione nel secondo semestre dell’anno si confermano diffusamente stabili (71,3%), con una maggior diffusione delle attese di aumento (22,5%) rispetto a quelle di riduzione (6,2%).

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