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L’estate, il turismo, il Covid. Ricetta di monsieur Droulers: “Le crisi sono cicliche: ora basta 50mila persone dove ne stanno 20mila”

Jean-Marc Droulers non ha bisogno di presentazioni. Ex amministratore delegato di Villa d’Este ed ex presidente del consiglio di amministrazione di Villa Erba, monsieur Droulers può vantare un punto di vista privilegiato sugli effetti del lockdown sull’economia del nostro territorio.

Ph: Piero Vasconi

E su quello che si può fare per ripartire con un occhio attento a quanto è stato fatto fino a prima del Covid.

Nella crisi, che c’è, si trova anche l’occasione per non replicare alcuni errori.

Qual è il contraccolpo di questo stop forzato sulle attività turistiche del nostro territorio?
Usciamo da tre mesi di confinamento in cui c’è stato un bombardamento di cattive notizie che ha impaurito le persone e, ora che si può riaprire, occorre riprendere coraggio. Ho visto esempi virtuosi di operatori che si sono già rimboccati le maniche e le prime risposte cominciano ad arrivare. Abbiamo già affrontato crisi così e ne siamo venuti sempre fuori.

A cosa si riferisce?
L’industria alberghiera è un’industria ciclica: ogni tot anni c’è una crisi politica, petrolifera o monetaria che provoca un brutale rallentamento dell’attività. Ricordo la crisi energetica del 1973, la crisi economica del 1977, quella del 1992 e, non ultima, quella del 2008. Tutte hanno causato un ridimensionamento dei flussi turistici, soprattutto dall’estero, ma poi l’economia è ripartita. Andrà così anche oggi, serve solo coraggio.

E forse serviranno anche aiuti straordinari dallo Stato.
Gli operatori non devono fare affidamento sull’amministrazione pubblica. Basti pensare che nel nostro settore molti stipendi sono stati anticipati dai datori di lavoro perché lo Stato non ha ancora effettuato alcuna erogazione. Se avessimo dovuto contare sulle promesse del Governo, la
gente avrebbe avuto il tempo di morire di fame.

Quali potrebbero essere delle strategie utili per rilanciare il nostro settore turistico?
Non dobbiamo inventarci troppe cose. Il bello del lago sono i suoi paesaggi, bisogna sfruttare quello che ci è stato regalato evitando però di copiare il passato che ha portato molte località a un sovraffollamento che denaturava il loro spirito e la percezione che ne aveva chi le andava a visitare.

Dopo lo stop, possiamo davvero permetterci di rinunciare ai grandi numeri per puntare a un turismo più di qualità che di quantità?
Oggi siamo come uno che non mangia da 3 mesi e poi si abbuffa rischiando di stare male. Questa esperienza deve insegnarci che non possiamo tornare a quello che c’era prima, non dobbiamo replicare il passato, volendo a tutti i costi 50mila persone dove ce ne stanno 20mila. Abbiamo tutti i numeri per fare bene e sono sicuro che gli operatori sapranno rimboccarsi le maniche. Ci vuole solo un po’ di attenzione e ottimismo.

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L’articolo che hai appena letto è uscito sull’ultimo numero di ComoZero Settimanale: dove puoi trovarlo

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