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Economia

Miliardi persi, fatturati crollati, imprese in ginocchio: i numeri dello tsunami Covid sulla moda. Pisani: “Travolti i negozi tradizionali”

Tra i settori più colpiti dalle ricadute economiche dell’emergenza Covid c’è sicuramente quello della moda. A dirlo sono le ultime stime elaborate dal Centro Studi della CNA Nazionale che prospettano, in Italia, una riduzione per l’anno appena concluso di oltre il 30% del fatturato complessivo del settore tessile, abbigliamento, pelle, cuoio, calzature e accessori. Il che significa, dunque, almeno 30 miliardi persi, con picchi aziendali che arrivano anche a superare il 50%.

“Più che di annus horribilis – si legge in una nota di Cna – possiamo parlare di anno cancellato considerando che per la stagione autunno/inverno 2020/2021 la campagna vendite sì è conclusa a fine febbraio quando solitamente va da gennaio a metà aprile”.

“Al contempo – prosegue la nota – i negozi erano chiusi con la merce della primavera/estate da vendere, condizione poi che si è riproposta con l’autunno e inverno cancellando di fatto la gran parte delle vendite al dettaglio stagionali. Le imprese produttrici hanno avviato poi la campagna commerciale per la P/E 2021 verso operatori della distribuzione in grande difficoltà economica a causa delle mancate vendite durante il 2020 e spesso non in condizione di pagare la merce consegnata dalla produzione, una campagna vendite conclusasi con cali che sono andati dal 30% al 50%”.

E il 2021 come si annuncia? Poco incoraggiante tra scarsi ordini da portare in produzione e con una campagna vendite Autunno-Inverno 2021/2022 a oggi posticipata di un mese e mezzo con le produzioni 2021 già in parte compromesse.

“I continui cambiamenti che stanno interessando il settore negli ultimi tempi, avevano già portato ad un aumento incontrollato della concorrenza, come accaduto anni fa con le aperture dei centri commerciali e degli outlet – commenta il Presidente Cna Federmoda Lario Brianza e Lombardia, Beppe Pisani (foto sotto) – Chi ne ha pagato le maggiori conseguenze sono stati proprio i negozi tradizionali, travolti oggi anche da una vera e propria rivoluzione in atto: quella dei consumi online e della loro modalità di acquisto in grado di assecondare le necessità sempre più esigenti dei consumatori del fashion, che durante il Covid hanno sperimentato o aumentato la realizzazione dei loro desiderata attraverso i siti di e-commerce”.

Come non bastasse, lo spostamento o la cancellazione degli eventi fieristici in Italia ed all’estero e delle manifestazioni in generale dedicate alla presentazione delle collezioni, così come in sostanza una mobilità internazionale ancora sospesa, fanno prevedere una forte ripercussione sulle produzioni che dovrebbero essere realizzate tra giugno e ottobre 2021 facendo stimare una ulteriore perdita dal 30% al 50%.

CNA Federmoda dunque chiede che le prossime misure del governo prevedano per tutta la filiera moda (tessile, abbigliamento, pelle, cuoio, calzature e accessori):

  • – risorse a fondo perduto pari al 20% della perdita registrata dalle imprese sul fatturato 2020 rispetto al 2019;
  • – estensione al 31.12.2021 della CIG straordinaria Covid-19 e FSBA, senza oneri a carico delle imprese e prolungamento contratti a termine senza causale.
  • – allungamento termini dei mutui da finanziamenti Covid-19 da 6 anni a 10 anni;
  • – abbassamento aliquota IVA sui prodotti made in Italy al 10%.

In ottica poi di rilancio e a sostegno delle nostre imprese sui mercati internazionali viene ritenuto necessario che lo strumento “Finanziamenti per l’internazionalizzazione” gestito da SIMEST, sia dotato di nuove ed adeguate risorse sostenendo in particolare la possibilità di ottenere un contributo a fondo perduto del 50% sulle iniziative commerciali all’estero o comunque internazionali; che arrivino strumenti agevolativi a fondo perduto/crediti d’imposta per il supporto alla digitalizzazione di prodotti e collezioni, archivi aziendali e processi produttivi/organizzativi, unitamente alla virtualizzazione di fiere, di eventi promozionali e di workshops sui principali mercati internazionali da raggiungersi anche attraverso un rilancio strutturale del “Piano straordinario per la promozione del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti”; contributi a fondo perduto, crediti d’imposta o voucher agevolati tesi a introdurre in azienda nuove competenze professionali relative a digital marketing o social communication e advertising, e a temporary export manager; di innalzare l’aliquota di agevolazione prevista dal credito d’imposta per gli investimenti in innovazione tecnologica, design e ideazione estetica, incrementando contestualmente i massimali. di innalzare il massimale de miminis per l’anno 2021.

Il 2021 da quanto emerge dalla situazione sanitaria in atto e vaccinazioni in progress dovrebbe “aprirsi” alla fine della primavera inizio estate. Per un settore che vive “in anticipo”, considerando che la presentazione delle collezioni per l’A/I successivo avviene di solito nel periodo gennaio/aprile, questo significa che la ripartenza produttiva nei fatti è da prevedere per la stagione P/E 2022 e non per l’A/I 2021. Le dinamiche del settore quindi fanno quindi prevedere una concreta reale ripartenza produttiva per il periodo novembre 2021 – febbraio 2022. Il settore ha di fonte a sé ulteriori 10 mesi di dolori, le filiere produttive e distributive del settore non possono resistere senza una politica di sostegno per l’anno in corso.

Il Centro Studi CNA mette in evidenza come tra le imprese del settore partecipanti alla recente indagine sulle aspettative per il 2021 oltre il 35% dichiara di essere a rischio di chiusura nell’anno in corso mentre un altro 42% che ha subito ridimensionamento nella propria attività non prevede di tornare ai livelli pre-crisi nel corso del 2021. L’85% delle imprese del settore chiede al Governo aiuti economici e il 31% investimenti in Scuola, Università, ricerca e sviluppo così come altre misure necessarie vengono viste nel sostegno al reddito dei lavoratori e nell’investimento in politiche sociali.

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2 Commenti

  1. Mi sembra evidente che se per mesi hanno chiuso i negozi tradizionali e impedito alla gente di uscire di casa non resta che comprare dal computer a casa. Ma come sono i numeri delle vendite on line di beni importanti, tipo auto, case, etc ?

  2. Il commercio on line non è di certo nato da un anno ma come tutti sappiamo da anni.
    Perché le varie associazioni di categoria non hanno in precedenza creato piattaforme on line??
    Perché non si sono create e non si creano imposte adeguate alle piattaforme on line che attualmente possono praticare prezzi moooolto più bassi proprio grazie agli indegni vantaggi fiscali che hanno??
    Perché nessuno, anziché lamentarsi a parole, non denuncia penalmente queste piattaforme che pagano pochissime imposte???
    A chi fa comodo questa STRAGE di piccolo commercio???

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