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Economia

Chiude il supermercato comasco, la lettera di 50 dipendenti. Altri 100 a rischio nel centro commerciale

L’insegna del supermercato nato a Como, catena che proprio nella provincia lariana ha ancora il suo territorio forte, il Bennet, sta per spegnersi definitivamente al centro commerciale Porte di Milano a Cesano Boscone. Il 31 maggio prossimo, infatti, il brand della grande distribuzione – come già comunicato settimane fa – abbasserà definitivamente le serrande. E per conseguenza diretta, 50 dipendenti temono per il loro futuro.

Proprio per segnalare la loro difficile situazione, i lavoratori hanno diffuso una lettera aperta dove sottolineano che “a distanza di dieci anni dallo sciopero che scongiurò la chiusura dell’allora Auchan di Cesano Boscone, oggi ci ritroviamo a vivere un nuovo, drammatico capitolo”. In totale, però, ci sono altre 100 persone che vedono l’orizzonte nero, poiché, con la chiusura del supermercato, è l’intero centro commerciale Porte di Milano rischia di andare in una profonda crisi. Le difficoltà, d’altronde, sono iniziate da tempo, basti pensare che dei 65 negozi presenti all’inizio, ora ne sono rimasti attivi e aperti solamente 46. E altre chiusure sono annunciate per la fine del mese di luglio.

“Molti di noi, lavoratrici e lavoratori, con contratti part time orizzontali e turni spezzati, hanno ricevuto lettere di trasferimento verso sedi lontane come San Martino Siccomario e Pieve Fissiraga – si legge nella lettera dei dipendenti del Bennet – Spostamenti che, per chi ha già difficoltà a conciliare lavoro e vita privata, rappresentano un costo economico e umano insostenibile. Il supermercato Bennet di Cesano Boscone non è stato solo un luogo di lavoro: è stato un presidio sociale, un punto di riferimento per la comunità, un luogo di incontro. La sua chiusura non è solo una perdita occupazionale, ma un colpo al tessuto sociale del territorio”.

I lavoratori, a fronte di questa situazione, si appellano all’apertura di un tavolo di confronto tra azienda, proprietà, istituzioni locali, regionali, nazionali e rappresentanze sindacali. La speranza è poter così individuare soluzioni di ricollocamento sostenibili che tengano conto delle condizioni di vita di tutti “perché dietro ogni divisa ci sono persone, famiglie, storie”.

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