Ieri era il giorno delle comunicazioni alla Camera del ministro alle Infrastrutture, il pentastellato Danilo Toninelli, sul crollo del Ponte di Genova.
Ma in uno dei suoi riverberi politici sul Lario, ieri è stato anche il giorno in cui è emersa forse in maniera definitiva, incontestabile, radicale la differenza persino antropologica tra il mondo a Cinque Stelle e quello (saldamente ancorato alla destra storica dell’Italia repubblicana) di uno dei più noti e longevi politici comaschi: il parlamentare di Fratelli d’Italia, Alessio Butti.
Il ministro, nei 20 minuti circa di discorso, è stato un esempio perfetto di grillitudine assoluta: ha ribadito la linea dura e popolarissima contro Autostrade (“Non sarà Autostrade per l’italia a ricostruire il ponte, sarebbe folle e irrispettoso per i familiari delle vittime; la ricostruzione sarà affidata a un soggetto pubblico, ma a pagare i costi sarà la società concessionaria Aspi”).
Ha dato la tipica coloritura popolare e anti-sistema alla posizione del governo (“D’ora in avanti – ha detto Toninelli – tutti i concessionari, pubblici o privati che siano, saranno vincolati a reinvestire gran parte degli utili nell’ammodernamento delle infrastrutture che hanno ricevuto in concessione e dovranno comprendere che l’infrastruttura non è una rendita finanziaria ma un bene pubblico del Paese”).
Il ministro ha poi divaricato ulteriormente e ripetutamente il solco tra il mondo pentastellato e la Casta precedente (“Saranno cancellate le convenzioni nelle quali i costi sono pubblici e i profitti privati come quelle stipulate sotto di Governi di Prodi e Berlusconi”).
Infine si è schierato ancora una volta come un cittadino tra i cittadini (“Nonostante le pressioni, interne ed esterne, che abbiamo subito, abbiamo messo a disposizione della collettività atti che tanti cittadini nel corso degli anni hanno richiesto all’Amministrazione, vedendosi sempre sbattere portoni in faccia”).
Insomma, un distillato del laico vangelo grillino che, però, in Aula è finito per cozzare contro un Alessio Butti tra i più feroci che la storia parlamentare ricordi. Una spietatezza che è parsa andare molto al di là dei contenuti tecnico-politici contestati: ha segnato, piuttosto, un confine anche umano invalicabile tra due galassie distanti anni luce.
“Questa sua comunicazione è stata addirittura più inutile di quella del 27 agosto – ha sbottato subito Butti a inizio intervento – Una stanca liturgia priva di notizie, peraltro in assenza dei suoi ministri della Lega, e questo è un fatto politico per noi rilevante. Una ripetizione di dati che ormai anche la signora Maria e il signor Mario hanno imparato a memoria da giornali e tv”.
Subito dopo, Butti è parso voler soprattutto negare i titoli di ministro a Toninelli, “non soltanto per superficialità e inconsapevolezza del ruolo, noi riteniamo anche per incompetenza politica. Anche il peggiore dei suoi predecessori evitò di improvvisare a tal punto da ignorare le infrastrutture autostradali…”.
E qui l’intervento del deputato lariano ha suscitato le proteste dei parlamentari grillini, tanto da costringere il presidente della Camera Fico a intervenire (“Che c’è? Che succede?”, ha chiesto, con Butti che ha replicato “Io sto parlando col ministro, se non è al telefono io gradirei di essere ascoltato; presidente mi darà qualche secondo in più”; Fico: “Le darò qualche secondo in più, non è questo il problema, continui da dove ha interrotto”).
E poi ancora, Butti ha imbracciato l’alabarda meloniana e ha sferrato altri fendenti al ministro: “Noi abbiamo la sensazione che lei sia, come si dice per gli emendamenti, estraneo per materia e l’ha dimostrato da subito. L’abbiamo capito da subito quando con l’onnisciente ministro Di Maio ha rilasciato dichiarazioni più attente alla pancia dei genovesi e degli italiani, alla propaganda, alla competizione con i vostri colleghi di governo in uno slancio mediatico più attento rispetto alle reali conseguenze di quel disastro, alle imprese in ginocchio, agli sfollati. Una bulimia mediatica fatta di tweet, post e di parole al vento”.
Un irrefrenabile fiume di parole e scomuniche, tra accuse di “errori pacchiani”, “di responsabilità politica che ha anche lei, che sconta la sua impreparazione”, fino all’attacco al cuore del grillismo.
“Lei è stato calato su quella poltrona, che probabilmente è la più complicata e complessa, alla faccia della competenza e del merito che sono requisiti che il suo Movimento chiede per gli altri ma non per i propri esponenti quando devono sedere sui banchi del governo. E lei ha accettato pur consapevole della inadeguatezza del vostro contratto di governo in tema di infrastrutture”. Coltellate verbali al totem dei totem, insomma.
“Nel Contratto di governo discettate di piste ciclabili, di bike sharing ma poi vi siete dimenticati di autostrade e concessioni – ha concluso Butti – Vi siete accorti dell’esistenza delle autostrade e delle concessioni a ferragosto e questo è vergognoso perché avete avuto la possibilità di fare propaganda sulle disgrazie”.
Infine, le domande cruciali: “Le concessioni le revocate o no? Chi ricostruirà il ponte? In quanto tempo e con quali soldi? Avete il coraggio di andare in deroga al codice degli appalti avendo il coraggio di nominare un commissario straordinario? Perché altrimenti stiamo parlando del nulla”.
E in ultimo, l’uragano Alessio, si chetò.