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Asilo Sant’Elia, Gaddi-Molteni dicono addio a lezioni e maestre: “Diventi spazio espositivo, anche per bambini”

Alzi la mano chi, leggendo il titolo, ma soprattutto il sottotitolo, dell’incontro organizzato ieri sera da Forza Italia presso l’Hotel Metropole, non ha sentito un leggero brivido freddo lungo la schiena.

“Como città del Razionalismo. Recupero Edificio Uli”: questo il nome dell’evento a cui hanno partecipato, oltre al candidato sindaco Giordano Molteni, anche il neo potenziale assessore alla Cultura Sergio Gaddi insieme a un parterre di tutto rispetto (dal consigliere comunale, e candidato, Mario Gorla al presidente di Fondazione Volta Luca Levrini, l’architetto Paolo Brambilla, il fotografo Enzo Pifferi, Pino Zecchillo e Ilvo Tolu, rispettivamente rappresentanti di COstruiAMO e del Centro Einaudi).

Ovvero, il progetto di convincere la Regione a concedere l’adiacente edificio ex Uli per farne uno spazio espositivo e dedicato anche alla conservazione del patrimonio archivistico della Pinacoteca mentre, parallelamente, grazie al fondo da un milione di euro già stanziato in legge di Bilancio si potrà dare il benservito alla Guardia di Finanza trasformando la Casa del Fascio in un museo di sé stessa. A Como. Città in cui da quasi quattro anni un’amministrazione guidata proprio dal centrodestra non è stata in grado di risolvere il pasticcio dell’Asilo Sant’Elia, capolavoro razionalista dello stesso Terragni abbandonato al degrado in uno stallo inspiegabile e vergognoso. Un po’ di paura non può non venire, diciamo la verità.

E, nell’idea di “Como città del Razionalismo, che fine farà il povero asilo? “Non è possibile immaginare che torni alla sua funzione originaria di asilo, come era fino alla sua chiusura, perché le necessità di adeguamento dell’edificio alle normative in materia di sicurezza ne stravolgerebbero completamente l’identità e questa non è una strada percorribile – è la risposta, che non lascia spazio a interpretazioni, di entrambi – meglio quindi ipotizzare di trasformarlo uno spazio espositivo in cui anche i bambini possano tornare sì, ma per visitare eventi”.

Una piccola bomba che non potrà che sollevare qualche polemica in chi aspetta da anni di rivedere i bambini tra nelle aule di via Alciato, ma non è l’unica.

“La Casa del Fascio può solo diventare un museo di se stessa perché qualsiasi aggiunta, anche solo di opere esposte, ne altererebbe l’equilibrio – ha anche detto Gaddi nel corso dell’incontro raddrizzando il tiro rispetto all’annunciato Museo nazionale del Razionalismo per il quale è stato previsto un fondo da un milione di euro nell’ultima legge di Bilancio, come riportato a gennaio in Consiglio dal deputato e consigliere comunale Claudio Borghi (Lega) – l’Uli, invece, può essere ripensato per quanto riguarda l’interno preservandone l’aspetto esteriore e si presta perfettamente a raccogliere archivi e opere del Razionalismo ampliandosi però anche a periodi più recenti”. Come dire, o si fanno entrambi o non se ne fa niente di buono.

A raccontare nel dettaglio il progetto, l’architetto Paolo Brambilla che ha illustrato l’idea di Isola del Razionalismo, sviluppata nel 2008 per l’associazione Ripamonti con i colleghi Renato Conti e Corrado Tagliabue, e Roberta Lietti, studiosa e critica d’arte nonché curatrice dell’allestimento delle nuove sale della Pinacoteca dedicate proprio al Razionalismo.

A lei, infatti, è spettao il compito di illustrare il progetto, ideato per la Regione, di trasformare l’Uli in sede dei diversi archivi conservati in Pinacoteca, ma anche spazio espositivo aperto a tutte le forme di creatività del territorio, dalla seta al legno, “un polmone che inspira ed espira, in grado di preservare ciò che appartiene alla città ma dare, con proposte di mostre per far vedere a un pubblico giovane cosa è stata Como nel Novecento”.

“La creatività è la sintesi in grado di unire tutte le identità di Como, da Plinio a Volta, dalla seta al Razionalismo – è stato anche il pensiero di Luca Levrini – il rischio altrimenti è di diventare autoreferenziale, di riconoscersi in qualcosa che però gli altri non vedono diventando vittima della propria bellezza”.

“Sempre più spesso identifichiamo la bellezza come qualcosa di effimero, da fruire immediatamente mentre invece è diversità e unicità, caratteristiche che Como ha e su cui deve puntare – gli ha fatto eco Amelia Locatelli, capolista di Forza Italia – per questo la cultura è un tema di grande importanza per noi e che deve diventare un vero motore dell’economia”.

E mentre a fare da sfondo scorrevano le immagini storiche dell’archivio del fotografo Enzo Pifferi, Mario Gorla ha ribadito l’importanza per Como di “alzare l’asticella affrontando sfide degne di una città che è capoluogo” e ipotizzando, per la gestione dell’Uli, una Fondazione che potrebbe occuparsi della gestione di questo nuovo polo ma anche di Villa Olmo e, un giorno, del Politeama.

“Si tratta di portare a una sintesi un lavoro che è già iniziato senza lasciar passare altro tempo”, è stato il commento di Ilvo Tolu (Centro Einaudi), mentre Pino Zecchillo (COstruiAMO ma anche Partito Liberale, che appoggia Giordano Molteni) ha concluso invitando alla creazione di gruppi di lavoro in grado di riunirele forze delle diverse identità culturali della città.

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3 Commenti

  1. A parte il fatto che ho l’impressione che si faccia sempre un po’ di confusione tra Razionalismo architettonico e architettura degli Anni Trenta, che notoriamente non sono la stessa cosa (ma non sono architetto, mi astengo dall’approfondire), mi fa quasi ridere leggere di questi grandi progetti (addirittura si tira in ballo il Politeama…) elaborati dai sostenitori di una parte politica che in cinque anni non solo non ha fatto nulla, ma ha lasciato andare in malora l’esistente.
    Anzi no: mi fa piangere.

  2. Buongiorno,
    “..le necessità di adeguamento dell’edificio alle normative in materia di sicurezza ne stravolgerebbero completamente l’identità e questa non è una strada percorribile” , chi l’ha detto? dove sta scritto?
    La città diventerà tutta un museo e i bambini resteranno a fare scuola nello scantinato delle elementari di Via Viganò?

    Un programma che guarda al passato e non ha il coraggio di pensare al futuro! Complimenti!

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