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Elizabeth da Turate e quella lettera a Salvini: “Non sono italiana per colpa del tuo Decreto” (e il ministro risponde)

Avessi saputo del Decreto Sicurezza, avrei evitato ogni cosa”, racconta Elizabeth, con la voce vibrante di quella rabbia incredula tipica di chi si è visto sottrarre qualcosa che sente suo di diritto. “Nell’agosto del 2017 ho fatto la richiesta per diventare cittadina Italiana. Ma nell’ottobre 2018, il Decreto Sicurezza ha cambiato tutto – spiega – così ho scritto una lettera a Salvini”.

Elizabeth Arquinigo Pardo, 28 anni, è peruviana, nata a Lima, ma è nel nostro Paese da quando di anni ne aveva 10. Ha studiato in Italia, dove lavora nel settore dell’accoglienza e dell’asilo politico. Vive a Turate, provincia di Como.

La storia di Elizabeth è simile alle vicende che abbiamo raccontato su queste pagine nei giorni scorsi: storie di Italiani, Comaschi che non si vedono riconosciuto il diritto a diventare cittadini (qui), nonostante ampi percorsi di studio o anni di lavoro, e che con l’approvazione del Decreto Sicurezza impiegheranno fino a quattro anni per sapere se potranno finalmente stringere un passaporto Italiano.

La storia di Elizabeth però ha qualcosa di particolare. Oltre alla rabbia c’è molto orgoglio:“Ho aspettato perché volevo avere un reddito mio, non quello dei miei genitori, su cui basare la mia richiesta. Volevo avere la cittadinanza anche per fare un master all’estero, in Olanda. fare un percorso accademico specifico che con le nuove leggi rischio di non poter cominciare come intendevo”, racconta la giovane donna.

In questa vicenda c’è anche la bellezza di chi prova a cambiare le cose attraverso la parola. Si tratta della parola di una lettera aperta, in questo caso, diretta al responsabile del Decreto Sicurezza, il Ministro dell’Interno Matteo Salvini.

“Mi sono laureata – spiegava la ragazza nella lettera, prima pubblicata sul sito del partito politico Possibile e poi ripresa da Repubblica – parlo italiano e sono un’onesta contribuente. Ho iniziato a lavorare stabilmente, con contratti regolari sia da dipendente che da partita Iva, subito dopo l’università. La cittadinanza non solo me la sono conquistata, come coronamento di un percorso di integrazione. Me la sono anche sudata e guadagnata. Ho presentato domanda con i miei redditi, infatti. Ecco signor ministro, io, una cittadina perfettamente regolare, rischio ora di non averla mai questa cittadinanza”.

Nel momento in cui la lettera è diventata virale su internet, Salvini ha risposto dalla sua pagina Facebook:

Cara Elizabeth, ho letto con attenzione la tua lettera dell’altro giorno a Repubblica. Confermo: chi arriva in Italia per lavorare, rispetta le leggi e si comporta bene è il benvenuto ed è un amico. I tempi per la concessione della cittadinanza si sono dilatati per l’alto numero di domande (circa 300mila), che fatichiamo a smaltire anche per i numerosi casi di documenti contraffatti. […] I quattro anni di tempo sono il limite massimo che ci siamo dati, con l’auspicio di essere più rapidi. Prima, col limite dei 24 mesi, troppi uffici finivano per collassare. […] Di certo serve più efficienza da parte dello Stato, cara Elizabeth, ma anche meno furbetti da parte degli stranieri, aspiranti cittadini italiani, che penalizzano gli amici come te. Tienimi aggiornato. Buona vita”.


Elizabeth non è rimasta soddisfatta dalla risposta del Ministro e ha spiegato a ComoZero: “So benissimo come funziona. Lavoro con la Questura da tanto tempo e so che ci sono dei problemi con casi di documenti contraffatti e, in generale, la mole di lavoro. Ma so anche che l’ufficio che ha in carico le richieste di cittadinanza ha solo otto dipendenti.“Se è qualcosa che va risolto con urgenza perché non indire dei concorsi e aumentare l’’organico?”

Ho scritto a Salvini perché volevo smontare la retorica per cui la Lega è contro gli irregolari, mentre è amica degli stranieri che lavorano e pagano le tasse. Il Decreto Sicurezza lo dimostra chiaramente il contrario. Con il fatto di essere retroattivo sconvolge tutte le richieste di concessione della cittadinanza attualmente prese in esame dal Ministero dell’Interno. Si tratta di una forma di discriminazione,” spiega la ragazza. “Il punto è che se non ho la cittadinanza, non ti posso votare. Ma in realtà pago il tuo stipendio perché pago le tasse. Quindi usi una forma di discriminazione burocratica per esercitare il tuo razzismo”.

È difficile immaginare cosa succederà alle 300mila richieste di cittadinanza al momento in esame al Ministero. Come abbiamo sentito dire da alcuni ragazzi comaschi che non hanno ancora ottenuto il proprio passaporto Italiano, la situazione impone di stare sempre in guardia, oltre che continuare con il rinnovo del permesso di soggiorno. Soggiorno in un paese che, ricordiamo, è spesso l’unico da chiamare casa per oltre 800mila “Italiani senza cittadinanza”.
Nel frattempo, la lettera aperta di Elizabeth è diventata un libro (Lettera a tutti gli italiani come me, in corso di presentazione in questi giorni), non più rivolto solo al Viminale ma che presta una voce alle migliaia di persone intrappolate nella gabbia burocratica dell’ottenimento della cittadinanza.

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