Arriviamo all’appuntamento telefonico per intercessione del marito, un marito importante, l’onorevole Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno, uomo forte della Lega a Cantù e non solo a Cantù. Aurora Lussana, bergamasca trapiantata in Brianza, giornalista e conduttrice televisiva, laurea in Scienze Politiche alla Statale di Milano, già direttrice di TelePadania e del quotidiano La Padania è stata anche la giovanissima segretaria di Umberto Bossi.
Sposata con Nicola Molteni, mamma di Benedetta, che ha quasi 8 anni, Aurora dal 2018 si occupa di comunicazione eventi e promozione per Regione Lombardia, prima per l’Assessorato all’Agricoltura e da un anno per quello alla Famiglia.
Motivo dell’intervista, che viene concessa rapidissimamente e volentieri, è che da una decina di giorni Aurora Lussana è in libreria con “L’Umberto. L’uomo che ha inventato il Nord” edizione Piemme Mondadori. Ovvero l’omaggio a Umberto Bossi, il fondatore della Lega di una giornalista che lo ha seguito fin dagli inizi, da giovane militante, per raccontare di un movimento nel quale forse non resta più nulla delle origini. O forse nel quale tutto è rimasto immutato nel sigillo del leghismo eterno. “Vuole sapere se c’è anche Nicola nel libro? No, dai non mi sembrava corretto”.
Però c’è tanto Lago di Como, un capitolo intero.
“Vero, il settimo di otto capitoli. Il libro è scritto come fosse un romanzo, un racconto che si apre con una storia e percorre un’epoca, travalicando lo spazio e il tempo, il cronotopo, dal 1984 a Varese, con la nascita del movimento, fino all’ultimo capitolo su Milano e il leghismo eterno, dopo 40 anni”. E’ un fiume in piena, Aurora Lussana, la comunicazione del resto è il suo mondo da tanti anni, alterna con la stessa padronanza citazioni del filosofo francese Marc Augé sul luogo-non luogo, a simpatici aneddoti sul Lario, con tanto di termini pronunciati – pur da bergamasca – in un ottimo dialetto laghée.
Bossi e il Lago di Como, tanto amato che il primo simbolo della Lega Lombarda immaginato dal senatur era stato proprio una Lucia. Nel libro vengono citati gli amici storici di Bossi, chi non c’è più, come Enrico Rivolta, editore del Vento del Nord padre della senatrice Erica, Elvio Conti, Armando Valli, mitico leghista di Lezzeno il “Mandell”, che sarà pure lui senatore, il vescovo Alessandro Maggiolini e ovviamente il professore Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega.
“Con Miglio in realtà fu sempre un rapporto di amore e odio e chi conosce bene la storia della Lega e di Bossi, sa che il vero ideologo che diede la spinta per il movimento fu in realtà Bruno Salvadore”.
Lei, Aurora, c’è nel libro?
Decisamente sì, in ogni capitolo, di gran parte dei racconti sono stata anche testimone oculare. Sono io la bergamasca 14enne che chiede l’autografo a Bossi, la segretaria di Bossi nella Batelada, la direttrice della Padania…
Torniamo al capitolo sul Lago di Como, si parte da Bossi in auto, che prova ad evitare il traffico della Napoleona, e arriva sul lungolago, in che anno siamo?
Anno 2002 è il 1° maggio. Era un altro Lago di Como però, lontano dal fenomeno Como Lake e dell’over tourism, dal turismo glamour e del selfie, anche perché lo spiritus loci, il genius loci del Lario, nessuno riesce a trovarlo in una foto su Instagram. Bossi arriva sul lungolago, reduce da tensioni politiche, ascolta all’autoradio Van De Sfroos, Pulènta e galèna frègia, e quando passeggia per piazza Cavour. in attesa di salire sulla motonave Orione per la battellata del sindacato padano il Sinpa, lui si trasforma. Discorre con due umarell sull’euro, che è entrato in circolazione da qualche mese, si prende qualche applauso poi salpa.
Quella batelada sul Lago di Como c’è stata davvero, alla guida del sindacato padano c’era Rosi Mauro a quel tempo.
Certo che c’è stata. Passato Blevio, Bossi si avvicina al microfono e tutti temono che inizierà subito il suo lungo comizio. Invece, con la sua inconfondibile voce, inizia a raccontare il Lario, come un Cicerone, un’esperta guida turistica, conosce le ville, i borghi, l’alito del drago, quella nebbiolina che si alza dalla Villa Pliniana, cita i Plinii, ma pure Leonardo. Si dispera un po’ perché tanti lombardi non conoscano le vere bellezze del Lago di Como e scelgono invece i tropici per le vacanze. Bossi teneva tantissimo alla storia dei luoghi. Conosceva miti e leggende dall’Isola Comacina al campanile di Ossuccio.
Quindi anche Bossi aveva intuito il potenziale turistico del Lario?
Era difficile non apprezzarne la bellezza. George Clooney avrebbe comprato la sua villa da lì a poco, ma il Lago di Como che amava Bossi era quello dell’aperitivo con il toc, e non con lo spritz, quello del Cimino e dell’Alain Delon del Lenn, delle barche dei pescatori e delle inglesine dei maestri d’ascia e non dei taxi boat dei Vip. Del Carnevale di Schignano. Il Lario nella sua dimensione autentica, una civiltà dell’acqua, con l’Adda che scende dalla Valtellina, esce a Lecco e si getta nel Po, che Bossi avrebbe voluto rendere completamente navigabili.
Ricordati sempre che io mi fido di più della gente con la canottiera che di quella con un bel vestito” diceva Umberto Bossi, che è stato più di un politico, un sognatore, un abile stratega che ha segnato la fine della Prima Repubblica e l’inizio della Seconda.
Il racconto nel libro ripercorre cadute e risalite, rituali collettivi e celebri battute, via Bellerio, le feste e i raduni di Pontida. Un ritratto autentico e ricco di aneddoti nel quale si ricostruisce tutto il mondo bossiano e il rumore di fondo prepolitico della Lega che oggi si ritrova, a quarant’anni dalla sua fondazione avvenuta il 12 aprile del 1984, a detenere il simbolo più antico presente in Parlamento.