Si è presentata con il fazzoletto tricolore dell’Associazione Partigiani del padre. Poi ha riservato bordate a Lega e Cinque Stelle. Patrizia Lissi, consigliera Pd, nipote del partigiano Alfonso Lissi, è stata la protagonista (anche se non in solitaria) delle dichiarazioni preliminari in consiglio comunale, a Como.
Tema centrale, il no di ieri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla nascita del governo Salvini-Di Maio e poi l’invito della Lega – rilanciato tramite Facebook, a Como, dal vicesindaco e deputato, Alessandra Locatelli – a togliere le foto di Mattarella dagli uffici comunali.
“Il Capo della Stato ha fatto la cosa giusta – ha detto Lissi in aula, con il fazzoletto partigiano al collo – Ha fatto l’unica cosa che andava fatta davanti all’arroganza di due leader di partito che da 84 giorni tengono bloccato il Paese tra veti incrociati, personalismi, prove di forza su possibili ministri e su provvedimenti talmente fantasiosi, costosi e irrealizzabili che neanche l’autore delle mirabolanti avventure del barone di Munchausen avrebbe mai immaginato”.
PER APPROFONDIRE:
Locatelli e Mattarella. L’imbarazzo di Landriscina. Intanto la foto resta dov’è
“Sono allibita davanti alle sconsiderate urla degli attivisti leghisti e pentastellati contro il presidente Mattarella – ha aggiunto la consigliera comunale PD – il quale non ha fatto altro che seguire in maniera assolutamente corretto la Costituzione mentre Salvini e Di Maio hanno cercato di violentarla”.
Durissimo anche il consigliere di Svolta Civica, Vittorio Nessi, sempre sulla questione della rimozione della foto del presidente della Repubblica dagli uffici invocata dalla Lega.
“Un gesto di ignoranza grave, voce del verbo ignorare, perché la legge dice che i ministri li nomina il presidente della Repubblica, non gli elettori. Un gesto grave e divisivo, irresponsabile al pari di quello della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, con la sua sgangherata richiesta di impeachment. Inoltre, un gesto prestestuoso e per soli motivi elettorali”.
Una sostanziale richiesta di dimissioni il passaggio finale di Nessi: “Se qualcosa deve essere rimosso, questo è l’assessore Locatelli”.
Diverso il taglio di Alessandro Rapinese sul tema, che ha sottolineato con sarcasmo come molti problemi irrisolti dalla giunta Landriscina (dalle paratie, all’illuminazione dei quartieri passando per il Lido di Villa Olmo chiuso) non c’entrino nulla con Angela Merkel o Sergio Mattarella, i bersagli delle ultime ore della Lega.
A tono, dai banchi del partito di Salvini, le repliche. Primo in ordine di tempo, il consigliere e deputato Claudio Borghi.
“Non sono un costituzionalista – ha esordito – ma posso dire che esiste una maggioranza parlamentare che ha proposto la possibilità di un governo, eppure questo governo non è partito per un veto su un nome (Paolo Savona, ndr) e non per le sue caratteristiche ma per le sue idee. Io penso che senza star lì a vedere se devo togliere una foto o no, perché stiamo parlando del nulla, oggi ho scoperto di non avere diritti civili perché ho scritto contro l’Euro. Mi pare chiaro che abbiamo un problema più grande della foto, abbiamo un problema di democrazia”.
Netto anche il capogruppo della Lega, Giampiero Ajani: “In questo Paese abbiamo riesumato la persecuzione del reato di opinione che mi risultava finita il 25 Aprile 1945”.
E’ intervenuto anche il vicesindaco e deputato della Lega, Alessandra Locatelli. La quale innanzitutto ha precisato che “l’esposizione della foto del presidente della Repubblica non è obbligatoria per legge” e poi ha aggiunto: “Ieri siamo stati privati di un diritto fondamentale, siamo andati a votare il 4 marzo e siamo stati traditi e delusi. Invito tutti a riflettere, ci è stato tolto un voto popolare ed è stato buttato via”.
Per i Cinque Stelle ha parlato il capogruppo, Fabio Aleotti: “Dopo quello che è accaduto ieri, mi chiedo se undici milioni di italiani che si sono epressi scegliendo il Movimento Cinque Stelle contano o no. Chi ha votato la Lega e con il Movimento ora aveva oltre il 50% del Parlamento, conta o no? Io dico di sì, perché gli elettori hanno scelto democraticamente il loro governo. E invece no: avremo il primo governo che non avrà il sostegno né del popolo che non l’ha mai votato, né del Parlamento che lo sfiducerà. E’ un record”.