Un commento su Facebook, acre, centrato, breve e intensissimo. Segno di una frattura antica nelle stanze Dem lariane (certamente non solo locali: la stessa sciagura, plausibilmente si consuma in decine di regioni e città).
Una ferita politica precedente il crollo elettorale, una denuncia generata nel momento meno sospetto, cioè quando il fasto sbrilluccicante renziano era allo zenit.
Nonostante il tracollo nazionale a Como non si sia rappresentato in tutta la portata catastrofica (in città al 24.1% contro il 19.2 lombardo e il 18.7 nazionale) le autodenunce di oggi non parrebbero sufficienti per l’espiazione. Per esempio quella recente, di Stefano Fanetti – ex segretario cittadino Piddì, oggi capogruppo del partito in Comune – che solo poche ore fa si è mezzo, se non tutto, cosparso il capo di cenere:
Fanetti storico: “Renzi? Un’ubriacatura, eravamo in cielo. Un mondo di emozioni snob”
Se nel partito, e pure d’intorno, l’intervista (doveroso riconoscerlo: encomiabile per onestà) ha causato dolori ben più forti di una semplice colichetta passeggera, lo sappiamo, c’è pure chi, sfidando il segreto dibattito interno (fatto di telefonate, Whatsapp e mail), ha preso carta e penna (digitali) e ha voluto rispondere pubblicamente all’ex segretario comasco, in forma di missiva.
E’ stata Andrée Cesareo, ex consigliere comunale Dem, anima forte del partito negli anni della maggioranza luciniana. Altro personaggio cui il tempo ha riconosciuto la stessa coerenza e la stessa linearità mostrate oggi, sia pure su un versante opposto, da Fanetti. Ecco il commento integrale all’intervista:
Caro Stefano, finalmente.
Ci hai impiegato solo 4 anni a vedere ciò che altri, considerati da sempre critici ed elementi di disturbo, hanno cercato di farti vedere per tanto tempo.
Fare una critica di questo tipo, ahimè, non vuol dire fare autocritica costruttiva. È un po’ come perdere il referendum, ammettere la sconfitta, andarsene, poi tornare sotto altra veste perpetuando esattamente gli stessi identici comportamenti oppure perdere le elezioni, dimettersi da segretario ammettendo la sconfitta, per poi tornare sotto altra veste perpetuando e incoraggiando scelte contrarie al cambiamento e al rinnovamento del partito.
Tante persone se ne sono andate dal Partito ma di queste poco ci si è curati, o meglio, poco si è curato chi avrebbe dovuto farlo ossia la dirigenza.
Per tanto tempo hai considerato il partito comasco come tessere, voti, pesi e contrappesi. Identico errore che ha fatto il sen. Renzi che ora ha in ostaggio un intero partito ed anche le sorti del Paese.
Affibbiare colpe, a chiunque sia, è molto diverso da correggere errori.