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Punti di vista

2019: la città (è) delle donne. Ecco i tredici nomi che stanno trasformando Como

Non è questione di genere, di una riserva indiana cui riconoscere meriti perché: “Aggià, carissime, ci siete anche voi. Voilà: il contentino”.

E’ tutto (ma proprio tutto e molto seriamente) il contrario. Semmai nel pallottoliere dei generi è l’uomo (il maschio?) a uscirne bello fratturato o quantomeno spesso monodimensionale e dimenticabile.

Quindi? Quindi, stando semplicemente a un’osservazione statistica e fattuale (anche solo sfogliando le pagine di ComoZero, sito e giornale) è davvero evidente come cronache, fatti, azioni, cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi 12mesi almeno, siano stati quasi esclusivamente a opera e per mano di donne.

Se con il Settimanale cartaceo abbiamo eletto personaggio dell’anno il giovane iniziatore dei Fridays For Future comaschi, Davide Faifer (nei prossimi giorni pubblicheremo l’articolo anche qui), sarebbe incompleto non raccontare come il coraggio delle prese di posizione, delle scelte e di azioni che hanno portato confronto su temi diversi (politici, sociali, culturali) sia da riconoscere nella classe dirigente donna di questa città.

Ora, in ordine sparso e senza classifiche, ecco le protagoniste di questo 2019.

Patrizia Maesani

Avvocato, ex assessore del sindaco Alberto Botta. E’ tornata alla politica nel 2017 con l’elezione di Mario Landriscina. Entrata con Fratelli d’Italia ne è stata nominata capogruppo. Un secondo dopo ha chiarito molto bene un paio di cose, parafrasiamo ma con precisione: “La politica è una cosa seria, non un baraccone di mal di pancia e isterismi da corridoio. Non sono disposta a barattare idee e pensieri per un posto al sole”.
Patrizia, la Pita, è decisamente sui generis ma è stata graniticamente coerente con sé stessa. La madre di tutte le sue battaglie? L’apertura di un dormitorio per senzatetto h24 7/7, in città. Su quest’altare ha dapprima (pur per ragioni più estese tra cui una certa, mai celata, tensione con il leader supremo Alessio Butti) sacrificato il ruolo di capogruppo, poi la permanenza nei Fratelli e, infine, il ruolo di consigliere comunale. Non prima però di aver fatto passare (assieme a Patrizia Lissi, Pd e Barbara Minghetti, Svolta Civica), con voto bipartisan, la mozione sul Dormitorio in Aula.
Visionaria

Elena Negretti

La Zarina dagli occhi dardeggianti ghiaccio, già. Il giorno della vittoria di Landriscina era un nome, tra i tanti. Eletta con la Civica Insieme, di lei si sapeva poco. Il ruolo di Assistente Tecnico nella sala operativa del 118 la descriveva subito, come diversi medici candidati, una fedelissima naturale del primo cittadino. Dapprima assessore al Personale, con il rimpasto ha preso deleghe pesanti come incudini: Polizia Locale e Sicurezza. Primi mesi silente (ha studiato, chiaramente) dopo qualche inciampo iniziale ha dapprima dimostrato una certa astuzia e poi una attitudine al comando e alla sofisticheria politica che nessuno avrebbe detto.
E’ potente, la Zarina, e per questo non piace a tutti. Ma è forte, la Zarina, fortissima e quindi fa paura a tanti. Prima della nomina a ministro dell’altra Zarina, Alessandra Locatelli (ne parliamo più avanti), con la collega ha costituito il duopolio più potente che la storia recente del Cernezzi possa ricordare. Risultati? Su tutti va ricordato un piccolo-grande capolavoro: l’accordo con Alessandro Rapinese per il voto sul Regolamento di Polizia Urbana. Per capirci in una mossa (e con accordi di ferro ambo le parti) ha stretto un’intesa con il più feroce avversario di Landriscina e messo all’angolo l’alleato recalcitrante: Forza Italia. Mica pizza e fichi. La danno per futuro sindaco ma questa è un’altra storia.
Il potere logora. Chi non ce l’ha

Patrizia Lissi

Toccatele tutto ma non il suo Mario (Lucini). In un momento di totale asfissia (locale e nazionale) del Partito Democratico la Patty non molla, anzi. Quando chi scrive è stanco e ha poca fantasia trova comodità in un sostantivo femminile-rifugio che però questa volta è semanticamente perfetto: la pasionaria. E’ così. L’infermiera Lissi è il consigliere-quartiere, voce e megafono delle istanze dei cittadini. Si infiamma e argomenta: scuole, bilancio, migranti, sociale, temi etici. Il caterpillar rosso non molla mai un colpo, anche quando la politica tutta pare sonnecchiare tra un subemendamento e una mozione-sbadiglio Lissi si alza rievoca ilMario (difficile che Lucini non compaia almeno una volta a intervento, come fasto nostalgico di un tempo perduto) e sveglia l’aula. Da ricordare il momento in cui intervenne, con il fazzoletto partigiano del padre al collo, in difesa del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, Erano i giorni del ‘no’ del Capo dello Stato alla nascita del governo Salvini-Di Maio con invito della Lega – rilanciato tramite Facebook, a Como, dall’allora vicesindaco, Alessandra Locatelli – a togliere le foto di Mattarella dagli uffici comunali. Poi sappiamo come è andata. Come dicevamo sopra, è stata tra le prime firmatarie, con Patrizia Maesani e Barbara Minghetti, della mozione Dormitorio.
Pasionaria (appunto)

Elena Canova

Non inganni la giovinezza. Elena sa quel che vuole, lo sa molto bene e rivendica con orgoglio piena autonomia di pensiero, la farmacista azzurra. Sì, certo, il debutto nel tritacarne (orrendo, talora e quasi sempre) del Consiglio le ha fatto dire: “Mi metto un istante in attesa”. Tanto che a un certo punto è parsa annoiata. Poi, però si è compreso: LaCanova non è ingenua ma molto astuta, paziente. E non abdica a un’idea in nome di uno schieramento o di un’alleanza. Vive in un partito che è ampiamente l’ombra di quanto fu in passato, un tempo dominante tra Como e Paese, ma lo sostiene con vigore e passione. Ha guidato, con il collega Luca Biondi, la mini-rivolta durante la Commissione Servizi Sociali denunciando, e facendo mettere nero su bianco, l’assenza dell’allora assessore e vicesindaco Alessandra Locatelli, assente poiché impegnata (era deputato, non ancora ministro) a Roma. Sempre con Biondi si è schierata contro la leader nazionale dell’alleato Fratelli d’Italia quando Meloni rivendicò di essere alla guida dell’unico partito che non ha mai fatto patti con la sinistra. I due ricordarono l’alleanza elettorale Pd-Fdi (pur civica) a Villa Saporiti per sostenere Fiorenzo Bongiasca. E’ scesa in piazza Grimoldi, tra i pochi del centrodestra e con una valanga di adesioni dal centrosinistra, per esprimere solidarietà al popolo curdo attaccato dalla Turchia, sul Dormitorio si è allineata con il movimento bipartisan e, infine, in una recente intervista a ComoZero (in uscita nei prossimi giorni) pur con approccio diverso, e qualche distinguo, ha riconosciuto la validità e i modi di un movimento come i Fridays For Future, dice: “Sì, sarei scesa in piazza a manifestare con loro. Sono d’accordo con le manifestazioni che risvegliano le coscienze, ma penso anche che pure nelle scuole sia necessario l’approfondimento scientifico con esperti”. Sul fronte interno fino a oggi ha seguito diligentemente il capogruppo, Enrico Cenetiempo, nella sfibrante faida intestina alla maggioranza. Ma se in futuro la penserà diversamente non mancherà di farlo sapere. Sicuro.
Le ali della libertà, astro nascente

Alessandra Locatelli

#tralagentecolcapitano. Ché a fare un lavoro di memoria occorre ricordare quanto scrivemmo il giorno in cui venne eletta in parlamento: “Un nuovo astro brilla nel firmamento padano. Un’elevazione fulminea quella di Alessandra Locatelli. La pasionaria della Lega comasca è passata dai volantini e l’attacchinaggio in periferia alle grazie dell’empireo di via Bellerio con la rapidità di un lumbard che sfugge a un piatto di cous-cous al curry”. Prima la segreteria cittadina del partito – in presidio permanente davanti all’uscio del fu centro migranti di via Regina nell’estate 2016 – poi le elezioni comunali 2017 dove ha ottenuto la carica di vicesindaco e assessore della giunta Landriscina. Quindi Roma, prima deputato e poi ministro. Guida-lampo del dicastero della Famiglia e della Disabilità (tema cui è legatissima), però. Dopo il pastrocchio Papeete dello scorso agosto e la fine del governo giallo-verde è tornata soldato semplice di Montecitorio. Ma la Zarina-bis è e resta potentissima. A Como, in primis, dove non si muove foglia che Ale non voglia, sia nel gruppo Lega a Palazzo (organizzato con disciplina militare), sia in maggioranza dove il peso dei salviniani è fortissimo. Sul fronte nazionale Alessandra Locatelli si divide tra Roma e le campagne elettorali. In queste settimane è attivissima in Emilia Romagna in vista del prossimo voto regionale. Che il partito da tempo punti su di lei lo si vede pure in tivvù, tra trasmissioni e Tg è ospite ben noto alle platee.
Nel cerchio Magico: cose che capitàno.

Ada Mantovani

Associarla all’apostasia è stato davvero strano. Tant’è. Qualche mese fa sarebbe apparso blasfemo al solo pensiero invece è accaduto: Ada Mantovani ha detto addio a Alessandro Rapinese, lo scorso maggio. Con un discorso frantumato da dolore immenso un lunedì sera ha lasciato il gruppo consiliare in cui ha militato per sette anni e ha traslocato nel misto. Centrale la frattura con Rapinese sulla mozione bipartisan (poi approvata) che chiedeva un dormitorio permanente in città per i senzatetto. Mantovani l’avrebbe voluta votare. Di tutt’altra veduta il capogruppo. Questione etica e insormontabile, evidentemente. “Mi allontano, con rispetto, conscia di non poter aderire ad un indirizzo politico intimamente distante, su certi temi, dal mio più profondo sentire”, aveva detto. In qualche modo è stato uno dei casi politici dell’anno. Ma non si può ridurre Ada Mantovani a una, pur clamorosa (e, onestamente, coraggiosa) separazione. Perché parliamo di una persona che dentro e fuori l’aula per intelligenza sofisticata, garbo, attenzione e dignità ha sempre raccolto consenso trasversale. Capace di interventi durissimi eppure sempre intrisi di rispetto per gli avversari. Orazioni intense, come in quel 12 marzo 2018 quando intervenne con il celebre “discorso della regina”. Un’analisi chirurgica e durissima (condivisibile o meno) circa i primi 8 mesi di amministrazione Landriscina che anticipò, di fatto, lo stesso scossone che mesi dopo dette pure l’alleato di governo, Forza Italia, abbandonando la giunta. Con la stessa grazia è capace di armarsi di smartphone e girare per la città, improvvisata cronista, per denunciare abbandono e degrado. E’ a suo agio sia nel loggione che in poltronissima, senza pose artificiose, anzi con il cuore vero del politico. Quello che, in definitiva, sa che occupare quella sedia cernezziana significa la forma del dovere più alta: occuparsi di una città.
Noblesse oblige

Barbara Minghetti

Vero, siede in consiglio comunale tra i banchi dell’opposizione. Ha sostenuto Maurizio Traglio candidato sindaco e, in caso di vittoria, sarebbe stata nominata assessore alla Cultura. Poi la sconfitta, solo politica però. Già perché Barbara, fuori del Cernezzi, è da considerarsi tout court una delle punte di diamante di questa città. Ha salvato dal declino, molti anni fa, il Teatro Sociale di Como. Il suo curriculum è un elenco di trionfi nazionali e internazionali tra incarichi e progetti. E’ una delle pochissime donne con un ruolo di primo piano nell’orizzonte teatrale e lirico italiano. Cavaliere della Repubblica, è rappresentante per l’Italia nel Cda di Opera Europa (struttura internazionale, sede a Bruxelles, che raduna 36 professionisti da altrettanti Paesi. consulente per i progetti speciali del Teatro Regio di Parma (per cui ha ideato e cura Verdi Off), e di Aslico. E’ Direttrice artistica del Macerata Opera Festival. Può bastare, no? Quando si parla di risorse per una rinascita culturale di Como forse si dovrebbe alzare il telefono e chiederle, almeno, qualche consiglio. Farà il ministro o il supertecnico al MiBACT?
Luci della ribalta

Fedora Sorrentino

Voleva fare il notaio. E’ il successore di Barbara Minghetti alla guida del Teatro Sociale di Como. Ha raccolto un testimone pesantissimo. Da piccola faceva danza, ha amato la musica e poi ha studiato Legge. “E oggi, inaspettatamente, quegli studi mi tornano utili nella parte più burocratica del mio lavoro”, raccontava qui qualche tempo fa. Prima di approdare a Como è stata al vertice del San Carlo di Napoli. Fedora ha interpretato perfettamente il cambiamento in corso in questa città e sa bene quanto il primo palco debba aprirsi a un pubblico diverso. Se Minghetti ha riportato il Sociale al vertice della credibilità artistica nazionale e internazionale, la nuova Presidente ora vuole allargarne – virtualmente e non solo – gli spazi. Punta ai turisti, supera la pura esperienza teatrale. Visite guidate, aperitivi, un racconto continuo dell’attività dietro le quinte. Ora le proposte del Teatro sono anche su Air BnB. Restano i cavalli di Battaglia come 200.com. Intanto promuove Opera Domani in tutto il mondo, come già fatto in Oman, tanto che ora è planata a Parigi. La Carmen 2017 è stata rappresentata al Bregenz Festival, così come lo sarà il Rigoletto nel 2020. E siamo solo all’inizio. Come sopra: in caso di dubbi chiederle consiglio non fa male.
L’eleganza del riccio

Roberta di Febo

Per qualche settimana, dopo l’addio alla carica di assessore alla Cultura di Simona Rossotti, il suo il nome stava in cima alla lista dei papabili sostituti. Fortuna sua, non è andata così (son tempi duri e magrissimi per chi fa Cultura nel privato, peggio ancora nel pubblico). Roberta Di Febo ha 47 anni, laureata in pianoforte è direttrice del Liceo Musicale e Coreutico Giuditta Pasta, dell’Accademia Palazzo Valli Bruni e dell’Accademia Universitaria di Musica e Danza Giuditta Pasta (la prima in Italia) per un totale di circa 300 studenti. E’ anche capo delegazione del Fai – Fondo Ambiente Italiano di Como. Donna Fidapa 2018, ha ricevuto l’AssoSinderesi Awards, premio nazionale dedicato a chi divulga cultura etica nel business e nelle arti. Insomma, un altro curriculum pesantissimo. Idee chiarissime sullo stato della Cultura a Como, tempo fa ci disse: “Non credo di dire niente di nuovo, i professionisti del settore conoscono bene la realtà. Como è determinata a livello culturale da una situazione che si compone di diverse piccole fazioni che in realtà non collaborano tra di loro. Manca una sinergia completa di tutte le Istituzioni che rappresentano la Cultura, manca una progettualità comune. Eppure sul territorio ci sono tante realtà che sarebbero perfettamente compatibili tr loro”. Intanto inanella successi, tanto per dire, sul fronte Fai le Serate d’Estate e le Giornate di Primavera sono sempre un trionfo. Ancora vien da dire: è qui, è tra noi, la si incrocia in centro, fa grandi cose. Magari, prima che se ne vada anche lei, conviene sentire un po’ che cosa suggerisce.
Lezioni di piano(forte)

Francesca Paini

La grazia silenziosa del coraggio. Francesca Paini, è presidente della Fondazione Scalabrini e, con due colleghi, porta avanti la Cooperativa sociale Tikvà. E’ forza pura, in movimento costante e in cerca solo della dignità e della giustizia per tutti. Mai della ribalta (se non quando costretta dall’intervistatore insistente). Dunque, per dire: ha fatto di tutto per trovare (tra donazioni e mutuo) i 218mila euro necessari per acquistare un appartamento nell’ex-Pastificio Castelli in cui accogliere famiglie in difficoltà quando sarebbe bastato affittarne uno, come già fa abitualmente la Fondazione. Si è mossaper ripagare i danni dell’appartamento di via per San Fermo, quello della tragedia in cui persero la vita, quattro bambini nel rogo appiccato dal padre. E’ sopravvissuta solo la mamma. E così la Fondazione si è fatta interamente carico dei danni all’appartamento pur rinunciando a prenderlo in affitto: “Ho accompagnato lì la mamma a cercare i vestitini dei piccoli. Lei quel giorno è morta ma sono morta anch’io e lì non ci voglio tornare mai più”. Sabato 14 dicembre 2019 è stata invitata al TedxTorino Woman per uno speech, un riconoscimento enorme. Spiegano dal Ted: “Francesca Paini ha una grandissima passione per la cooperazione e lo sviluppo locale: da sempre si occupa di welfare, e da alcuni anni anche di comunicazione in case editrici cooperative e periodici no-profit. Ha lasciato una posizione professionale solida per dedicarsi all’innovazione sociale. Francesca Paini ci parla della Costituzione del futuro in quanto bisogno del presente: perché certe volte per capire l’oggi bisogna immaginare il domani”.
Beati gli ultimi, saranno i primi

Giorgia Linardi

“Tutto è cominciato nella primavera del 2011. Ero in Sicilia. Da poco era arrivata l’autorizzazione delle Nazioni Unite ai bombardamenti in Libia. I primi rifugiati cominciavano ad arrivare con i visti umanitari temporanei”. Questo ci raccontava il 10 gennaio scorso, Giorgia Linardi, 28enne comasca e portavoce italiana dell’organizzazione non governativa Sea Watch, spiegando le radici della vocazione completa per il lavoro umanitario. E Sea Watch (come altre Ong) tra tragedie del mare e interventi (cui sono state opposte campagne politiche di rara violenza) ha segnato le cronache di questo 2019. Giorgia lavora da oltre quattro anni per l’Ong impegnata in operazioni di ricerca e soccorso delle imbarcazioni che, cariche di migranti, tentano una disperata traversata dalla Libia verso le coste della Sicilia. Una storia personale intensa, cominciata dal Liceo Classico Volta di Como, passata per una laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Milano e un master a Ginevra, dove ha potuto lavorare con le Nazioni Unite e l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. “Pochi giorni dopo la laurea mi sono imbattuta in una piccola organizzazione tedesca appena fondata, Sea Watch. appunto. Avevano bisogno di qualcuno che parlasse italiano e potesse offrire supporto legale. Così mi sono trasferita a Lampedusa, per quella che pensavo fosse l’impegno di un’estate. Oltre ad alcune esperienze con Medici Senza Frontiere sulla nave Aquarius, sono ormai anni che lavoro con Sea Watch”. Tutto il senso di una scelta assoluta, non negoziabile e piena sta in queste parole: “Crediamo sia un dovere salvare chi sta annegando è importante quando chi dovrebbe farlo non lo fa. Le nostre missioni non sono un atto di sfida ma di responsabilità. È importante continuare a perché il problema non venga dimenticato ma sia ben visibile agli occhi dell’Europa. Non possiamo fare finta che la questione non esista chiudendo gli occhi e chiudendo i porti”.
Coraggio e sacrificio

Marta Pezzati

Volto storico della sinistra comasca, presidente e cofondatrice di ComoAccoglie, associazione da sempre in prima linea per migranti e senzatetto. E’ il simbolo dell’attività di decine di volontari e attivisti (su tutti ricordiamo anche Rossana Vittani). ComoAccoglie è uno dei gruppi storicamente più attivi, fuori e dentro il centro Emergenza Freddo di via Sirtori gestito da Caritas. Grande amica, pur con radici politiche diametralmente opposte, di Patrizia Maesani qualche mese fa Marta finì al centro di un’uscita infelice del direttore di Confesercenti, Angelo Basilico. Si parlava, allora come oggi, dei senzatetto che hanno eletto i portici dell’ex Chiesa di San Francesco a dormitorio notturno. Basilico, rivolgendosi a Fratelli d’Italia e, in particolare, alle posizioni di Maesani parlò su Fb di ‘zecche nere’. L’Associazione si dissociò subito, Basilico cancellò il commento ma era troppo tardi. Intervistato su queste pagine minimizzò parlando di una ‘battuta’ e aggiunse: “Abbiamo letto le loro (quelle dei meloniani, Ndr) posizioni sull’ex chiesa di San Francesco e contro la chiusura del centro di via Regina. Ci sono zecche rosse e zecche nere. Non vedo molte differenze tra Fratelli d’Italia e Como Accoglie”. Perché ricordare l’episodio oggi? Perché anche in questo caso sono state le donne a fare la differenza, a scartare e segnare tempi e modi e qualità del confronto e dell’azione. Patrizia e Marta, amiche nel privato, distanti nel politico e solidamente unite in caso di urgenze sociali, segno che il superamento dello steccato ideologico è sempre possibile, quando necessario. “Mi fa piacere essere accomunata a Patrizia – ci disse Pezzati- abbiamo tanto in comune da una vita, c’è una somiglianza di fondo tra noi. Ci sono differenze? Certo ma non nell’avere a cuore le persone. ComoAccoglie distribuisce le coperte, Fratelli d’Italia su questo tema fa battaglie politiche”.
Il cuore in prima linea

Ester Negretti

Talora il gesto artistico supera il confine della materia. Cioè non c’è bisogno di pennello, scalpello o pentagramma per creare dal nulla qualcosa che non c’era. Ester Negretti è un’artista ben nota ma quest’anno va ricordata per l’immenso impegno messo per la rinascita di Borgo Vico Vecchia. Certo non da sola, con lei in prima fila c’è da sempre Tony De Falco del Birrivico e molti altri. Ma Ester è il volto e l’anima di un’idea diventata poi l’associazione Borgovico Street. Molti obiettivi intorno a un centro di gravità: la strada-gioiello cittadina deve diventare un luogo fatto di interazione, pensiero, vita, eventi, cultura, spettacolo e scambi. Serve una mutazione radicale, anche urbanistica per questo. Nonostante molte difficoltà il primo passo, non solo ma anche simbolico, è stato il ritorno alla festa di strada (come ai tempi di Manifest). Il 21 settembre strada chiusa e Borgo in Festa, un successo meraviglioso, tutti felici. Per prima Ester che quest’anno è anche diventata mamma. Poi, solo un mese dopo, lo schianto con la realtà. “Se entro novembre non riusciremo a ottenere un incontro con il Comune, l’anno prossimo non ci sarà più alcuna festa in via Borgovico vecchia”, disse la presidente dell’associazione. Un allarme che pare stia smuovendo la macchina comunale. La volontà di Ester però è d’acciaio e la piccola rinascita di quest’anno è sicuramente la premessa, non sarà la burocrazia a fermare la volontà di un’intero quartiere.
La fenice

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6 Commenti

  1. Ok il diritto di cronaca ma non inserire Anna Veronelli è un grande errore! Si inserisce la signorina Canova, per carità niente di personale e non si inserisce la presidente del consiglio comunale! Anna Veronelli ha sempre rappresentato la città con entusiasmo, capacità fuori dal comune e onestà, portandone lustro e prestigio… non dimentichiamoci quanto ha fatto anche da assessore per diversi anni. Sono basito. Vincenzo

    1. Grazie Vincenzo, l’osservazione è interessante e mi permette di spiegare una cosa che nell’articolo sarebbe parsa una stonatura.
      Mi sono chiesto se inserire Anna Veronelli. E’ persona che ho conosciuto “vent’anni fa o giù di lì”.
      C’è molta stima (quantomeno, mia), posizioni talora coincidenti, talaltra respingenti.
      C’è quel legame non definibile che si crea tra cronista e politico dopo due decadi di frequentazione. Diciamo, in qualche modo, una forma di amicizia sempre e giustamente sospettosa. Ma altrettanto gentile e onesta.
      Penso Anna sia stata e sia ancora, per quanto allora esponente di una giunta che ho criticato moltissimo e duramente, in assoluto uno dei migliori assessori che questa città abbia avuto (con Sergio Gaddi e, in un mandato successivo d’altro colore, Lorenzo Spallino e Daniela Gerosa), davvero.
      Ma ho fatto una scelta precisa per questo pezzo.
      Mi sono limitato al 2019 (circa) e ho raccontato personaggi che hanno fatto leva politica o sociale o civile o culturale su questa città, oggi.
      Da due anni e mezzo Anna è Presidente del Consiglio. Ruolo difficilissimo, fondamentale, pesante e di garanzia, diverso da tutti i colleghi consiglieri. Incarico incidente, certo, ma (per struttura, mandato, obiettivi) altro dal ragionamento che, sotto la categoria “punti di vista” (ergo parziale e giustamente discutibile), ho provato a proporre.
      Grazie ancora.

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