Tra set fotografici in bikini sullo sfondo del portale del Duomo, tavolini da picnic e ombrelloni sulle aiuole davanti a Villa Olmo, camping fronte lago sulla passeggiata Lino Gelpi e pennichelle sull’amaca appesa agli alberi accanto al Broletto (foto pubblicata dal quotidiano La Provincia), questo assaggio di primavera 2024 sembra dare l’impressione di una città sempre più vittima del turismo e poco in grado di governare l’enorme flusso di persone che arrivano a visitarla. Ne abbiamo parlato con Marco Cassina, presidente Federmoda di Confcommercio Como e membro del Consiglio Nazionale di Federazione Moda Italia, oltre che titolare dello storico negozio di abbigliamento Peter Ci in piazza Duomo.
Il suo è uno sguardo privilegiato per leggere le trasformazioni della città negli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda i cambiamenti di un centro storico sempre più “a misura di turista” che di comasco. Come è cambiata Como?
È radicalmente cambiata, soprattutto dopo il Covid quando si è vista una vera e propria esplosione del turismo che è coinciso con l’arrivo di grandi catene internazionali di alberghi sul lago che ne hanno accresciuto la popolarità in tutto il mondo. E l’effetto è a tutti i livelli, basti guardare i flussi di persone che arrivano in treno anche solo per una gita di un giorno.
E il risultato qual è?
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, a partire dai radicali cambiamenti che ci sono stati nell’utilizzo degli spazi pubblici che, volenti o nolenti, sono occupati da tavolini tanto che, ad esempio, è ormai impossibile sedersi sulle panchine a godersi un luogo come Piazza Volta. E poi ci sono problemi nella raccolta dei rifiuti ed enormi problemi di trasporto pubblico che si ripercuotono su chi, banalmente, in alcuni periodi dell’anno rischia di non riuscire più a salire su un autobus o un battello per andare a scuola o al lavoro.
Il quadro è quello di una città, ma anche di un intero territorio, vittima della sua stessa popolarità con il rischio che questo diventi un boomerang per chi ci vive. Esatto?
Sì, il risultato è già quello di una città che si sta spopolando perché non si trovano più case in affitto ma, soprattutto, perché, bisogna essere onesti, con problemi di questo tipo non è più bello vivere qui.
Quali potrebbero essere, secondo lei, le possibili soluzioni?
Per cominciare, servirebbe che chi è preposto a prendere le decisioni provi davvero a mettersi nei panni di un cittadino. Già questo, secondo me, aiuterebbe a capire che oggi il focus deve essere tutelare i residenti, più che i turisti. Anche perché questo, di riflesso, avrebbe benefici anche sul turismo.
E come?
Il turista cerca un’esperienza “local”, vuole visitare posti in cui incontrare chi ci vive, vuole negozi che non trova in altre città del mondo. Se in una città trova solo altri turisti come lui e negozi uguali a quelli visti altrove, questa a lungo andare perde attrattiva. E questo è lo stesso principio che dovrebbe ispirare un dibattito sull’opportunità di far sorgere sul lago nuove mega strutture ricettive come quella ipotizzata per Torno. Perché un conto è trasformare antiche dimore in hotel, un altro è una trasformazione del territorio di questo tipo. Ne abbiamo davvero bisogno?
Proprio la chiusura di attività di storiche o di quartiere (ultima in ordine di tempo il negozio di seta e tessuti Trombetta di piazza San Fedele, Ndr), è un tema molto attuale ma, almeno apparentemente, senza soluzione.Cosa ne pensa?
È un tema molto delicato perché non esiste uno strumento legislativo che tuteli realmente le attività storiche quindi è sempre più frequente che, una volta scaduto l’affitto, il proprietario dell’immobile decida legittimamente di chiedere un aumento che una piccola attività non può sostenere. Questa purtroppo è la legge del mercato, ma sicuramente chi rimane ha, secondo me, il dovere di fare qualcosa per evitare di respingere sempre di più i comaschi puntando solo sui turisti. Il rischio, altrimenti, è quello di aumentare sempre di più il divario tra estate e inverno ritrovandoci con una città deserta in bassa stagione.
Si spieghi meglio.
Se da un lato è normale che nelle città turistiche ci siano un aumento generale dei prezzi, più o meno giustificato, dall’altro bisognerebbe cominciare a pensare che la parola sconto non è un peccato mortale. Nel campo dell’abbigliamento, ad esempio, è prassi pressoché comune che un cliente abituale sia trattato diversamente da un turista occasionale. Perché questo non può valere anche in altri ambiti come bar o ristoranti? E poi c’è l’aspetto che riguarda la cortesia e l’accoglienza, probabilmente più facili da trovare in negozi a conduzione familiare, ma che fanno sentire il cliente a suo agio e non snobbato in favore di turisti altospendenti. Ma da parte sua il cliente deve capire che il prezzo è anche sinonimo di qualità, senza snobbare il centro storico a prescindere, così come i residenti dovrebbero avere più pazienza in certe giornate particolarmente caotiche.
E per quanto riguarda un certo tipo di turismo sempre più “maleducato” e poco consapevole del luogo che è andato a visitare?
Purtroppo l’aumento dei flussi di persone porta inevitabilmente con sé anche problemi di questo tipo, ma non credo che la soluzione sia ragionare con un metro di giudizio economico. Sicuramente sono auspicabili controlli più rigorosi, ma non credo ci sia luogo turistico immune da questo tipo di cose [Per repliche, opinioni, segnalazioni, foto e video scrivere a redazionecomozero@gmail.com].
8 Commenti
Servizi fotografici in bikini davanti alle moschee ne risultano agli atti?
ma perchè questa passione del fare subito un confronto con altre culture?
Se ti ritieni superiore, lascia stare confronti, no?
Turisti, mandate i soldi e state a casa.
Bisogna proprio essere naive per pensare che i prezzi siano aumentati solo su iniziativa dei commercianti e parlare di “sconto per i local”. Il signo Cassina ha presente le pretese economiche di chi affitta uno spazio commerciale a Como? Siamo arrivati al limite dell’avidità. Ma poichè i proprietari di molti di questi spazi sono “persone da non disturbare” facciamo passare per cattivoni i commercianti. Stesso discorso per gli affitti residenziali, mica è colpa della speculazione senza precedenti sugli affitti in città se la gente si sposta a vivere altrove, nono è colpa dei turisti che hanno reso la città invivibile. Facciamo un’inchiesta seria? io vedo camere singole con bagno in comune in contesti del tutto simili a seminterrati affitate a 400 euro al mese?! un terzo dello stipendio medio per una camera da letto.
Scusami, però “non è colpa dei turisti che hanno reso la città invivibile” non si può proprio leggere.
Magari sul resto c’hai ragione, eh..
che poi sarebbe interessante vedere a chi vende maggiormente il Cassina? ai comaschi o ai turisti? Mmm…
Turismo becero da 4 soldi. Ne possiamo fare a meno molto volentieri.
Non so Bebo, io preferisco quattro giovani che si fanno foto al Duomo piuttosto che quattro ricconi che vengono a ostentare barca e macchinona facendo impennare i prezzi di qualsiasi cosa