Ventidue euro per un piatto di spaghetti di mare, stessa cifra per una cotoletta di vitello orecchia d’elefante, mettici pure un antipasto tipico della casa con qualche fetta di buon prosciutto crudo e di salame locale (altri diciotto euro a porzione), un dessert dal carrello a non meno di sei, un bicchiere di vino a cinque di media, mezza di minerale tre, coperto altrettanti. Facciamo il totale ecco che dal nostro portafogli sono uscite banconote per ottanta euro a persona e non abbiamo nemmeno voluto esagerare con pietanze particolarmente gourmet o amari, caffè e bevande al di fuori dell’acqua. “Dai, è Un furto!”. Ecco il commento medio di uno qualunque di quei nuovi “umarell da ristorante comasco” che stanchi ed annoiati da ore passate davanti agli infiniti lavori sul lungolago, trovano ora miglior passatempo nel piazzarsi di fronte ai menù di locali e taverne del circondario e, telefonino alla mano, nel condividere foto e commenti sui social dopo aver fatto l’addizione.
E’ innegabile: la ristorazione e l’hotellerie cittadine sono molto cambiate negli ultimi anni e, come accaduto per la maggior parte delle città italiane, anche da noi sono pressoché sparite le vecchie trattorie in cui la lista delle pietanze te la enunciava direttamente il cameriere, per far posto ad hostarie dall’atmosfera ben più sofisticata e ricercata. E, purtroppo, questa cosa a molti dei nostri concittadini, resta indigesta anche dopo un amaro.
Bisogna comprendere come a fronte del computo presentato a fine pasto, i proprietari del ristorante, il conto l’abbiano già dovuto sostenere loro, tra esborsi di ogni genere, per poter restare aperti e garantire una certa qualità a chiunque acceda al locale. Si parte dalle sempre più esose richieste da parte dei proprietari degli immobili (peraltro loro concittadini, mica residenti su Marte), che galvanizzati e anche un po’ elettrizzati dalla visione delle code alle biglietterie dei battelli, avanzano pretese degne della Sunset Boulevard o degli Champs Elysée. E poi le utenze per gas e luce, praticamente triplicate negli ultimi tempi, le tasse e i balzelli statali e comunali che portano a pagare uno sproposito tributi come l’occupazione del suolo pubblico per i tavolini. I costi per il personale che (vecchia questione) al datore di lavoro pesano anche più del doppio di quanto percepito effettivamente dal dipendente, qualora lo si voglia retribuire regolarmente ovviamente (e purtroppo in questo caso si segnala più di un’irregolarità da parte di qualche gestore furbo o disonesto nei rapporti con i lavoratori).
Non ultimo un certo innalzamento di livello dell’intero settore, anche grazie a una certa sovraesposizione mediatica di chi da cuoco è diventato oggi una “chef-star”, di onnipresenti trasmissioni televisive legate alla cucina che hanno trasformato casalinghe di periferia in “food-influencer” e seguitissimi e presuntosi talent in grembiule, hanno fatto in modo che la cucina diventasse (forse giustamente) una delle eccellenze italiane, al pari della moda e del design nostrano. Oggi, dunque, se apre un’attività del settore è chiaro che debba attenersi a nuovi dettami e tendenze che sappiano magari alzare sempre più la cosiddetta asticella.
Duole dirlo, ma una città come la nostra, ormai punta di diamante del turismo nazionale, non può certo rimanere indietro e deve per forza di cose attenersi a tendenze ed esigenze che soddisfino la richiesta di chi, solcando il nostro territorio, si aspetta un rango superiore. E tutto questo è più che comprensibile. Ma, ahinoi, non è sempre così.
Innanzitutto va detto che la suddetta qualità non sempre è all’altezza della situazione e, allo stesso tempo, le carenze e le lacune sono evidenti e all’ordine del giorno. Per intenderci, spesso la suggestione che si respira nell’aria è quella del “vorrei ma non posso”, ovvero di normali e non proprio esemplari ristoranti che, ringalluzziti dalle alte presenze internazionali, ne approfittano e allegramente si dilettano ad aggiornare al rialzo ogni voce della propria offerta. Anche quando questa, magari, risulti molto distante dalle realtà milanesi che in qualche modo si vorrebbero emulare. Ed è ovvio che a farne le spese siano soprattutto i concittadini, che fanno sempre più fatica a potersi permettere il tradizionale pranzo domenicale con tutta la famiglia, visti i rincari. Il problema è che per le vie del centro ad essere additati sono gli ignari turisti e la loro nutrita presenza, a cui si vorrebbero imputare le cause della stangata. Come se fosse colpa loro che l’impudente oste comasco abbia voluto profittarne della situazione per servirgli il salasso.
Lo stesso discorso vale per l’aumento medio dei prezzi, riscontrato ultimamente nelle vetrine di molti negozi, per le cifre improponibili richieste per gli affitti anche di minuscoli appartamenti, per l’ormai insostenibile costo della vita generale in città: che il pubblico ludibrio lo subiscano gli stranieri avventori, piuttosto che il furbo commerciante o lo zelante proprietario del caso. Ed è tutto un lamentarsi e ancora una volta prendersela con il primo che passa, piuttosto che voler vedere le proprie miserie, la propria avidità e, a volte, la propria inconsistenza. Forse, come si legge da qualche parte, è proprio vero che “Como non sia in grado di sostenere un così folto turismo di massa”, ma innanzitutto lo si dovrebbe intendere dal punto di vista “culturale” e “sociologico”. Ma per questo chissà quanto bisognerà ancora lavorarci su.
9 Commenti
Io non capisco, 80 euro non nego che è un costo importante per una cena ma i prezzi dei piatti sono esposti in tutti i ristoranti. Se è troppo pagare un primo 20 euro non ci vai in quel ristorante, vai in pizzeria che sicuramente con la stessa cifra ci mangi in due o tre persone. Basta con queste polemiche, se non sono all’altezza con materie prime e servizio si faranno del male da soli, in quanto la gente ci va una volta e poi non ci torna più. Quattro Ristoranti facciamolo fare a Borghese!
i comaschi dovrebbero iniziare a recensire negativamente tutti i locali di Como, andando finalmente a colpire i ristoratori che si stanno arricchendo alle spalle di turisti e comaschi.
Riempiamoli di recensioni da 1 stella e vedrete come i turisti scapperanno!
Anche molto oltre Brunate, siamo in montagna, i prezzi non scherzano: se, almeno, ci fosse qualità lo accetterei. Si spende come a Cortina…
La ristorazione a Como è assolutamente da evitare, prezzi, servizio menù non sono assolutamente “compatibili” è vero ci sono stati degli aumenti di cui non possiamo tenerne conto ma, io credo, che la speculazione sia molto più incisiva. L’invasione di turisti ha indotto alcuni a “dare delle bastonate inappropriate” che a lungo termine pagheranno a caro prezzo, il turista lo freghi una sola volta poi il passaparola farà il resto. Oggi ristoranti e Bar fanno il pieno ma molti turisti già viaggiano autonimi con panini e bottiglie comprate al supermercato, qualcosa vorra pur dire.
Como ormai non offre nulla ai comaschi, è diventata una città “frega-turisti”, quest’ultimi vengono rapinati e poi cacciati a calcio, aspettando la nuova ondata.
I Ristoratori sono quelli che più di altri si stanno arricchendo, ma prima o poi arriverà la fine del turismo, anche grazie al nostro Sindaco, che finalmente farà tornare Como la città sonnacchiosa e pacifica degli anni 80 e 90.
Poveri proprietari dei ristoranti, dei benefattori incompresi e calunniati!
MA PER FAVORE………
Ma per favore…
Como, almeno in centro, non offre nulla di più che locali turistici, di qualità opinabile se non mediocre, e la città è turistica “nonostante i comaschi” che difettano sia in accoglienza sia nei servizi offerti.
I prezzi sono allucinanti non in sé ma perché non riferiti né a una proposta di qualità né à un servizio di livello e il problema è questo.
Altri posti, con un appeal turistico ben più elevato, offrono molto di più a prezzi decisamente inferiori e i costi degli esercenti sono più o meno gli stessi ovunque nelle località turistiche lombarde: è troppo ammettere di avere un problema di posizionamento e che, continuando così, il turismo sarà sempre più un “mordi e fuggi” senza avere un apporto strutturale nell’economia locale, sempre più in declino tra l’altro?
Intervento qualunquista, a COMO ci sono ristoranti mediocri, buoni ma anche ottimi, con conseguenti prezzi allineati a qualsivoglia città lombarda, basta considerare Como esclusivamente a misura di turista, felici che ci sia turismo ma Como vive soprattutto d’altro, e poi declino de che??
ma per favore, quanta saccenza da pseudo informati
Lei che è informato mi elenca qualche ottimo ristorante Comasco a prezzi “allineati” al resto della Lombardia?