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Dormitorio, “bivacchi di giorno”, Broletto: 5 domande ai politici in un dibattito tossico

Abbiamo visto, nei giorni scorsi, come funziona uno dei più attivi, radicati e noti dormitori della città di Como, la Casa Ozanam di via Napoleona: orari dalle 20 alle 8, tetto massimo di permanenza per gli ospiti, costi a carico del Comune (circa un milione) per un periodo di quattro anni e via dicendo.

Una qualsiasi nuova struttura di questo tipo in città potrebbe senza dubbio aiutare a risolvere (almeno in parte, perché alle bacchette magiche oggettivamente è impossibile credere) la questione di zone come l’ex chiesa di San Francesco o i portici del Crocifisso ridotti nel cuore della notte a maxi-giacigli per senzatetto.

Questo, a rigor di logica, potrebbe – anzi, dovrebbe – essere il beneficio maggiormente tangibile dell’apertura di un ulteriore dormitorio a Como (sia esso pubblico, semipubblico o privato). Non poco in assoluto, ma siccome da più parti la campagna è “contro i bivacchi in pieno giorno”, cioè tutt’altra cosa rispetto all’estrema situazione notturna in alcune zone della città, questo nodo centrale del dibattito pubblico appare tuttora irrisolto. E forse è venuto il momento di risposte chiare, soprattutto dagli attori della politica locale.

Non è un dibattuto sull’utilità o meno di un dormitorio attivo dal tramonto all’alba, ciò che si dovrebbe sentire chiaramente in consiglio comunale nei prossimi giorni, quando presumibilmente sarà votata la mozione trasversale che a oggi vede contrari soltanto la Lega, parte della civica “Insieme per Landriscina” e il gruppo di opposizione “Rapinese Sindaco”.

D’altronde bisogna praticamente dare per scontato che chi impegnerà sindaco e giunta – per quanto non in maniera vincolante, la mozione è documento puramente politico e non tecnico – lo farà con certezza quasi totale sulla capacità di un nuovo dormitorio di “assorbire” la disperazione che oggi passa le notti tra cartoni e coperte. In caso contrario, saremmo di fronte a un fallimento colossale e inaccettabile. O a mera propaganda sulla pelle degli ultimi.

Ciò che si dovrebbe poter annotare nelle sedute dedicate al tema, riguarda altre cinque domande almeno:

1) quali garanzie reali potrebbe dare l’approvazione della mozione sulla sparizione, o almeno sulla sostanziale riduzione, dei cosiddetti “bivacchi” sotto il sole, diurni, come ad esempio quell sotto gli occhi di tutti in questi giorni a San Francesco, esattamente davanti all’ingresso di una mostra aperta al pubblico?

2) come e in che modo, questa mozione – seguendo sempre il filo di chi urla contro “i bivacchi di giorno” – garantirebbe un miglioramento di altre situazioni oggettivamente border-line, come gli “accampamenti” al Broletto dall’alba al tramonto?

3) quali certezze si possono dare sul fatto che gli ospiti notturni dell’eventuale nuovo dormitorio, una volta lasciata la struttura al mattino, non tornino a trascorrere le giornate negli stessi luoghi di oggi per occupare le 12 ore tra uscita dalla struttura e ritorno, di fatto non modificando di una virgola la situazione attuale durante il giorno?

4) Esiste un nesso tra i potenziali benefici di un nuovo dormitorio e quell’abominio di parola chiamato “decoro”, considerando per esempio anche gli altri fenomeni buttati in questi giorni nel calderone dei “bivacchi”, a partire dalla questua o dalla banale permanenza su una gradinata di cinque ragazzi di colore? O sono cose diverse che, ragionevolamente, non hanno nulla a che spartire e restano indipendenti l’una dall’altra?

5) In estrema sintesi: qualcuno può dire con chiarezza se la costante associazione tra i “bivacchi di giorno” e la lodevole intenzione di aprire un dormitorio notturno abbia davvero un senso e una prospettiva di chiara efficacia (che qui si fa fatica a trovare) o se invece le due cose assieme diventino poco più che una forzatura strumentale, inconsistente, per larghi aspetti demagogica e potenzialmente ingannatoria in primo luogo dei cittadini e dell’opinione pubblica?

Ph: Pozzoni

Rispondere a queste domande sarebbe un grande passo avanti nella chiarezza di un dibattito che, nato da un’intenzione ammirevole (dare un tetto a chi non ce l’ha), tende a diventare ogni giorno che passa una fumisteria tossica, dove tutto è uguale, esiste un solo bene chiamato “decoro” a dispetto delle mille sfumature sociali delle diverse questioni, tutto è grigio e indistinguibile come le famose vacche di notte. Tutto sembra pericolosamente frutto della pancia o del mero calcolo politico.

Cari consiglieri, in aula non basterà dire che un nuovo dormitorio servirà o non servirà: bisognerà spiegare a chi servirà o non servirà, chi ci andrà o non ci andrà, a quali questioni sociali darà risposta oppure no. Altrimenti, come ama dire qualcuno, sarà solo fuffa. Pelosa.

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Un commento

  1. Scusate, uno spunto: ma qualcuno della Redazione può fare un confronto con città omologhe a Como (benché non di frontiera)? Cosa accade a Varese, Lecco, Monza, Pavia di questi tempi? Anche in quelle realtà la situazione è incancrenita a un punto simile? Chiedo, perché purtroppo non ho i mezzi per scoprirlo da solo. Grazie.

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