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Epifania, strepitoso (e rock) vescovo Oscar: “I Magi d’Oriente, accogliere, accettare la differenza”. E svela il mistero della mirra

NB: tutte le foto dell’articolo sono state scattate in epoca pre-Covid

I Magi arrivati da Oriente, i sapienti stranieri. Gli altri, cioè i diversi che sono davanti al bambino, cioè Gesù, e lo adorano. Poiché ne comprendono la rivoluzione.

 

Già, Cristo è stato un rivoluzionario. Mica no. Ma pure i Magi lo sono stati. Due identità che si incontrano e si capiscono. O ci provano, ma già provarci è un atto di coraggio. Ieri come oggi.

E ci sono i doni come annuncio del futuro, quasi in una chiave cassandriana (alla Christa Wolf, però).

E poi il ritorno dei tre ai propri Paesi per un’altra strada dopo aver accolto la nascita del figlio di Maria e Giuseppe.

Per un’altra strada è totale, segna il cambio di segnavia e di passo. Di mente, postura sulla vita, non solo di credo. La conversione è un atto più profondo dell’adesione a un gesto sacrale. E’ qualcosa, anche, di civile, di sociale, umano e, sì, politico. Quantomeno etimologicamente.

E quella frase, strepitosa e potentissima, piena d’amore, parlando ancora di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre: “Sono ritornati ai loro Paesi “per un’altra strada” convinti che solo in Gesù è la sola risposta soddisfacente per una vita bella, intensa e felice. Quella che il Signore desidera per noi, cercatori di senso, se saremo capaci di “reinventare” una nuova fraternità, fondata sulla accoglienza reciproca, nella accettazione della nostra differenza, se sapremo suscitare la compassione verso ogni uomo e donna attraverso atteggiamenti e gesti di vicinanza, di cura e di solidarietà, cui c’è tanto bisogno oggi nel nostro mondo“.

Ph: Pozzoni

Comunque la si veda, la si senta, la si creda (va bene, benissimo, pure per gli atei, chi scrive è in prima fila tra questi, per dire) nel giorno dell’Epifania il vescovo di Como, Oscar Cantoni, celebrando il pontificale nell’omelia è stato molto rock.

Ha saputo dire dell’incontro tra gli altri e il bambino di Nazareth con visione densa, profonda se non inedita (ma forse sì), certo capace di colpire cuore e testa nel racconto di una solidissima rivoluzione culturale e umana dove l’ultimo diventa il primo (no, non è intuitivo, è tanto).

Quando vuole, don Oscar, sa essere monumentale e pure lui rivoluzionario. Ché la rivoluzione non è necessariamente e solo il nuovo, l’inedito.

E poi ha svelato anche il mistero della mirra nella sua funzione divinatrice (qui cos’è materialmente).

Ecco il discorso integrale:

Oggi la Chiesa annuncia con gioia questa certezza: la luce di Cristo illumina ogni uomo, la sua verità trasforma la vita di ogni persona, qualunque sia la sua provenienza, a qualunque cultura appartenga, il suo amore conquista e affascina chiunque cerca la pace e la giustizia.

L’amore del Signore non è riservato a un gruppo di privilegiati, ma si estende a tutti i popoli della terra, riscalda il cuore di chi riconosce con stupore di essere amato personalmente da Dio, instaurando così rapporti di vita nuova con i fratelli.

Cristo, il Verbo fatto carne, non è stato inviato dal Padre esclusivamente per il suo popolo, ma a partire da lui, vuole raggiungere ogni nazione e civiltà. “Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo a ogni creatura“: è il compito missionario che Gesù ha consegnato ai suoi apostoli.

Il desiderio di Dio Padre è quindi quello di coinvolgere tutti gli uomini nel suo piano di salvezza, come eredi delle promesse fatte a Israele.

I Magi che dall’Oriente giungono a Betlemme, assetati di verità e di amore, sono la prova che ogni uomo è attratto irresistibilmente dalla verità che è Cristo, quindi da ciò che il vangelo ancora oggi realizza, come ci ricorda papa Francesco nella EG: “il Vangelo risponde alle necessità più profonde delle persone, perché tutti siamo stati creati per quello che il Vangelo ci propone”(265).

Il vangelo non è una filosofia di vita, una verità astratta, non insegna innanzitutto dei valori da incarnare, ma è il racconto di uomini e donne che avendo incontrato la persona viva di Cristo, luce e salvezza del mondo, si sono lasciate trasformare da lui, sono state salvate dalla potenza del suo Spirito, che è come dire dalla forza creativa e innovatrice dell’amore.

Chi incontra Cristo aderisce innanzitutto alla sua persona, a lui si conforma e quindi lo segue quale suo testimone. L’acqua battesimale sarà il segno di questa vita nuova.

Ai Magi, uomini sapienti, provenienti dalle regioni dell’Oriente, giunti a Betlemme dopo un lungo cammino, non è stata raccontata una verità, una tra le tante vie di vita che gli uomini hanno proposto lungo la storia, ma è stato presentato loro un semplice bambino, davanti al quale “si prostrarono e lo adorarono“, come ci ricorda il Vangelo.

Con i doni che gli hanno offerto hanno preannunciato inconsapevolmente la sua persona e la sua futura missione.
L’oro, dono prezioso che illustra la regalità di Cristo, l’incenso, che rivela la sua divinità, la mirra, che in qualche modo annuncia la sua passione e morte. I Magi non hanno più avuto bisogno di ulteriori conferme. Sono ritornati ai loro Paesi “
per un’altra strada” convinti che solo in Gesù è la sola risposta soddisfacente per una vita bella, intensa e felice.

Quella che il Signore desidera per noi, cercatori di senso, se saremo capaci di “reinventare” una nuova fraternità, fondata sulla accoglienza reciproca, nella accettazione della nostra differenza, se sapremo suscitare la compassione verso ogni uomo e donna attraverso atteggiamenti e gesti di vicinanza, di cura e di solidarietà, cui c’è tanto bisogno oggi nel nostro mondo.

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