Rischia di avere molto più un effetto distruttivo su quel che resta di Forza Italia a Como, che non tanto il potenziamento della Lega in città, il trasloco salviniano Alessandro Fermi.
Per carità, le 8.200 preferenze e rotti che l’attuale presidente del consiglio regionale porta in dote al partito di Salvini sono certamente un bottino non trascurabile e probabilmente un qualche effetto trascinamento lo avranno anche sul capoluogo. Ma il “focus” dell’attività politica di Fermi non è mai stato su Como città e anche alle prossime elezioni comunali o si candiderà direttamente lui a sindaco – e allora forse il peso del passaggio di etichetta potrebbe sentirsi sul “marchio Lega” – oppure i voti personali dovranno pur sempre cercarseli i singol candidati leghisti.
Inoltre, in tutta franchezza, tra corridoi, aule e segreterie politiche del capoluogo non si è propriamente sentito un florilegio di tappi di champagne alla notiza del nuovo acquisto importato da Casa Berlusconi.
Fermi: “Lascio le ambiguità di Forza Italia, entro con convinzione nella Lega. Grazie Salvini”
Come si diceva, invece, l’effetto veramente percepibile dell’addio di Fermi al suo precedente lido è l’ulteriore, drammatico indebolimento dell’unica area moderata e liberale del centrodestra cittadino. Innanzitutto perché ancora non è chiaro se Forza Italia, sulla scia di quanto appena accaduto, dovrà subire qualche altra fuga singola o di massa in direzione Lega (o chissà mai, magari pure verso Fratelli d’Italia).
E poi perché i forzisti superstiti sembrano ormai rivestire due soli ruoli a Como e a Palazzo Cernezzi più nello specifico: il mutismo amministrativo (il tandem giovane Biondi-Canova è evaporato, la presidente del consiglio comunale Anna Veronelli è imprigionata nel ruolo istituzionale ed è dunque completamente assente dal dibattito politico, il pur bravo consigliere Davide Gervasoni fa i conti con i limiti che impone avere il padre assessore) oppure una sostanziale inerzia politica (il capogruppo Enrico Cenetiempo si limita ormai a qualche occasionale zampata, il coordinatore provinciale Mauro Caprani potrebbe persino cedere il passo dopo il caso Fermi).
Nel mezzo, i due assessori: Livia Cioffi, tutto sommato, resiste e combatte (anche se forse più con il carattere che con risultati evidenti a Palazzo Cernezzi); Pierangelo Gervasoni sembra essere stato scelto come punching-ball da Lega (vedi palazzetto di Muggiò) e Fratelli d’Italia (su tutto).
I parlamentari forzisti, come noto, meglio nemmeno citarli: semplicemente, dal 2018 a oggi, non sono mai esistiti.
Si sta dunque sfaldando l’area moderata del centrodestra vittorioso nel 2017, lasciando il campo alle due destre cittadine. Una trasformazione che segue quella già andata in scena a livello nazionale, dove pure i problemi non mancano, e dove la vigilia dell’imminente tornata elettorale (a partire dalla vicina Milano) non fa presagire passeggiate di salute per il tandem Salvini-Meloni.
A Como, dunque, potrebbe presentarsi un’occasione d’oro per il centrosinistra (ali radicali escluse) e in fin dei conti anche per Alessandro Rapinese, se volessero davvero tentare il tutto per tutto per vincere al voto 2022: provare a ridare una nuova forma, nuovi volti e magari anche un nuovo nome a un contenitore liberale e moderato che si stacchi nettamente dal campo destro (da quello sinistro-sinistro la lontananza è nelle cose). Sarebbe un’operazione del tutto logica e peraltro figlia degli eventi, oltre che attenta ai vagiti che pure a livello nazionale si sono uditi (Calenda e il tentativo romano, per esempio).
Naturalmente, anche il centrodestra potrebbe (o forse dovrebbe) avere tutto l’interesse a non perdere la sua componente più centrista, limitadosi a godere dell’agonia forzista; anzi, forse questa potrebbe persino essere l’opzione più naturale, magari cementata da un candidato sindaco condiviso. A oggi, però, ciò che si nota è l’incrudelimento degli alleati sulla crisi di Forza Italia e poco altro. E si sa, in una città – soprattutto se medio/piccola – alla fine la differenza possono farla i rapporti personali più ancora che le logiche di schieramento.
Per ironia della sorte: se l’ex potentissimo forzista Gianluca Rinaldin non avesse ammiccato per lungo tempo a Fratelli d’Italia dopo la sanguinosa rottura con Fermi, oggi avrebbe un campo aperto davanti a sé nella sua casa storica, Forza Italia. E chissà che…
Un “parricidio” politico in Forza Italia: ira e divorzio Fermi-Rinaldin (causa Giola)
In ultimo, un dato: i trend romani sono sicuramente evidenti e diffusi ben oltre il Cupolone, ma credere che oggi Como sia diventata tout court una città sovranista di destra-destra, del tutto prona a “Bestie”, meme incendiari e foto di colazioni, sarebbe come minimo un errore storico. Piuttosto evidente, anche.
4 Commenti
A Como l’area moderata, sia connotata a destra sia a sinistra, ha sempre vinto. Il più grande Sindaco rivoluzionario è stato il partigiano Pigni, persona mite e squisita, gli altri, ad eccezione del socialista ma comunque moderato Simone, erano pre-democristiani, democristiani e post-democristiani.
Tuttavia, a Como non ci vorrebbe un moderato ma un rivoluzionario. Non uno che mette le bombe sotto la parrocchia, per intendersi, ma uno che rompa il paradigma che ha condizionato la città negli ultimi 30anni: far contente le lobbies cittadine. Una volta gli imprenditori tessili, poi ancora gli edili, poi i bottegai, poi i ristoratori, poi le associazioni umanitarie; non c’è stata Giunta o politico locale che non abbia parlato più con i segretari o i presidenti di qualche Associazione, Confederazione o Unione che con i vicini di casa, con quelli che prendono gli autobus e con quelli che mandano i figli agli asili nido. A Como serve qualcuno che rompa i soliti paradigmi: caos e traffico sulle strade è il male minore rispetto agli affari dei bottegai; l’assenza di cultura non incide sul turismo del cono gelato ed è un noioso lusso; senza parcheggi le bellezze naturali e architettoniche non hanno senso di esistere. A Como serve qualcuno che cominci a rendere il centro città senza auto un salotto a cielo aperto e le frazioni periferiche illuminate di luce propria e non più periferie dormitorio. Per uscire dal pantano di idee che caratterizza la città, bisogna essere rivoluzionari, bisogna aver voglia di rimettere tutto in discussione, bisogna azzerare la classe dirigente attuale, le opposizioni senza idee e gli ormai invecchiati ragazzini ribelli. Serve un rivoluzionario o, perché no, una rivoluzionaria.
Auguri
“area moderata e liberale del centrodestra cittadino”
Ma basta con questa storia tanto vecchia quanto falsa: cosa avrebbe di liberale un partito come Forza Italia? Niente!
Tutto tranne Rapinulla