Il mio passatempo preferito in queste notti estive ad aspettare figli che rientrano a casa sempre più tardi, è scorrere gruppi Facebook di turisti stranieri che si scambiano dritte sul lago di Como. Lo so, sono strana, e sicuramente in psicologia questo tipo di comportamento ha un nome clinico, ma io lo considero una sorta di studio antropologico decisamente interessante, oltre che uno sguardo molto utile su come ci vede chi si fa nove ore di volo per trascorrere qualche giorno sul Lake Como. Ebbene, l’altro giorno sotto un post in cui una turista lamentava di aver preso un’infezione a un orecchio dopo un tuffo nelle acque antistanti un notissimo hotel, sono incappata nel commento di un americano che – ma va?- suggeriva di NON fare il bagno nei canali di Venezia. “Egrazieal”- verrebbe da dire a chiunque sia dotato di un minimo di buonsenso – vorrei ben vedere!
Eppure, fresco come una rosa, quando gli ho fatto notare che, al di là di eventuali motivi sanitari, si tratta pur sempre di una città Patrimonio Mondiale Unesco, un monumento unico al mondo, e non di un lido, senza dimenticare che i canali per Venezia sono strade a tutti gli effetti, con tutti i rischi che ne conseguono, questo sprovveduto turista (medico, laureato alla New York University. Il che rende tutto ancor più surreale) ha risposto ringraziandomi e confessando di non aver mai visto la questione sotto questa prospettiva.
No, ma benissimo. Lieta di avergli rivelato un tale segreto noto solo a pochi adepti anche se resta oggettivamente incredibile che qualcuno venga dall’altra parte del mondo a visitare certi luoghi con lo stesso spirito e la stessa consapevolezza con cui andrebbe a Disneyland, anche senza voler scomodare il rispetto per i luoghi, il decoro e altre parole che oggi sembrano bannate dal vocabolario di una società sempre più prona a non scontentare chi paga (e quindi ha diritto di fare ciò che vuole in una pericolosa deriva del concetto de “il cliente ha sempre ragione”)
Ma, d’altra parte, per rimanere sul nostro lago giusto pochi giorni prima un’altra turista americana pubblicava felice alcune foto di tuffi dal ponte della Civera di Nesso e, al mio invito a non farlo dal momento che si tratta di un ponte medievale (con tanto di divieti) e non di un trampolino, rispondeva lieta che i bambini crescono così in fretta ed è così bello vederli giocare all’aria aperta.
E certo, usando un ponte medievale come fosse un parco giochi. In barba ai cartelli di divieto, senza farsi troppe domande. E che palle questi che te lo fanno notare e ti rovinano il divertimento.
Perché alla fine l’importante è solo divertirsi, no?
Benvenuti al parco acquatico di Comoland!
PER APPROFONDIRE:
Nesso, stop a ‘motoscafo selvaggio’ al Ponte della Civera. Gambotti: “Posizionate le boe”
10 Commenti
Conoscendo molto bene quel ponte invito il Sindaco a far fare una perizia statica.
Il piano pedonabile é di spessore esiguo, in secondo luogo ma non per importanza, pure usurato. Andate pure a controllare, magari con un ingegnere strutturale.
Il pericolo c’é.
Gli stessi locali si tuffano dal ponte, si è sempre fatto da decenni e probabilmente da quando il ponte esiste, è una tradizione del nostro territorio. Oltretutto nel medioevo non è che bruciavano solo streghe e si spaccavano pietre per divertimento anzi… vorrei vedere un minatore medioevale finito il turno se non si buttava nel lago per rinfrescarsi dal quel ponte…
Poi che ai nostri tempi sia preso d’assalto dai turisti è un problema, il traghetto che ci infila la prua è un problema, ma è una delle pochissime attrazioni del lago fruibile senza pagare di una città che ha voluto trasformarsi in meta turistica senza una minima preparazione…
Finché non arriva Red Bull e sponsorizza una gara di tuffi e allora evviva i tuffi acrobatici e per la plebe biglietto d’ingresso oppure divieto e multa.
Sinceramente i tuffi dal ponte li ho sempre trovati pittoreschi, “parte” del paesaggio, dello spirito del lago e del ponte stesso. Prima di diventare monumento quel ponte è stato un semplice -bellissimo- ponticello sul lago, fatto di pietre, non di cartapesta. I tuffatori lo rovinano strutturalmente? Non ne sono al corrente. Mi sembra strano possa essere così ma se così fosse allora certamente stop. In caso contrario invece ci vedrei solo paraculaggine di chi vieta per non avere responsabilità (e lo capisco) senza tuttavia poi controllare, lasciando ad ognuno la propria responsabilità e un pizzico di perbenismo nel voler vietare una cosa normale sullo perché fatta da foresti che pensiamo lo facciano per moda (sarà anche vero, ma un tuffo da lì lo fa chi si sente di farlo, non è proprio banale…). In ogni caso l’ignoranza è spaventosa, ma sono due aspetti diversi del turismo, dal mio punto di vista…
Cara Chiara il suo “studio antropologico”, come lo chiama lei, è decisamente interessante e dimostra ancora una volta che è fondamentale una cultura del turista. L’esempio del turista americano (medico, laureato alla New York University) rende davvero tutto ancor più surreale ma purtroppo fotografa una triste realtà. Il viaggio che assume il valore di un scatto fotografico, di un apparire per essere. Un poeta Persiano amava affermare che viaggiare significava vivere più vite, proprio perché il viaggio partiva ancora prima nel conoscere per poi rispettare gli usi e costumi locali. Il viaggio come metafora della vita, il viaggio fatto spesso di brevi incontri che rimarranno sempre impressi nella nostra mente. Ma forse è pretendere troppo…insomma mi verrebbe da dire il viaggio è di tutti ma che “il viaggiare” …non è per tutti!
Quando si trasforma, e si riduce, un luogo in un “brand”: una cosa da vendere a prezzi crescenti a quanti più persuasi possibile, giusto per soddisfare l’indomabile ed esponenziale chimica dell”avidità, non ci si stupisca quando poi i fruitori appunto del “brand” pretendono di usare fino in fondo l’oggetto venduto e comprato.
Il turismo dal volto umano, sostenibile ed interessato anche alle dimensioni naturalistiche e storico-culturali, si deve anzitutto volere, e poi costruire.
Ma l’Italia è un parco giochi per turisti, metterei un addetto a far pagare una tassa di 2 euro per il solo passaggio su quel ponticello, vedrai che il Comune poi non avrà problemi a sovvenzionare le scuole e la cultura.
Del tutto d’accordo con Lei, Signora Taiana. Quanta amarezza nel constatare il poco senso civico e l’assenza di buon senso.
Belle riflessioni a suffragare la deficienza umana e la pronazione al soldo. Un disastro planetario.
Oggigiorno ai ragazzi è concesso di tutto ed il rispetto non sanno manco dove sta di casa. Alcuni poi sono ignoranti, basta pensare a chi ha inciso la torre di Pisa o il Colosseo, cosa li portano a fare in giro, che se ne stiano a casa oppure vadano a Disneyland, tanto della cultura non gliene frega una beata mazza.