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Punti di vista

Tre responsabili per questa Como al cloroformio tra corti scodinzolanti, mass media annientati e mutismo

Aveva ragione Giuseppe Cosenza, architetto e storico dirigente all’Urbanistica sia in amministrazione provinciale sia in comune a Como: “La città oggi sembra narcotizzata sui grandi temi che la riguardano, da Muggiò alla Ticosa passando per gli asili e anche per lo stadio. Su troppe situazioni avverto una sorta di apatia delle strutture politiche, sociali ed economiche di Como”, disse il 18 maggio scorso. Impossibile dargli torto se, soltanto pochi giorni fa, titoli a caratteri cubitali riportavano senza fare un plissé l’aggettivo “epocale” pronunciato dal primo cittadino sulla modifica di una linea del bus nel capoluogo. La-modifica-di-una-linea-del-bus.

Più complicato forse trovare i responsabili principali di questa situazione, anche se i maggiori indiziati di questa narcosi indotta sembrano tre:

– il sindaco Alessandro Rapinese con il suo mandato al cloroformio e scientificamente nemico di ogni forma di confronto aperto e soprattutto ad armi pari (missione perseguita magistralmente anche in quei pochi, rari, ormai quasi commuoventi consigli comunali che ogni due-tre mesi fanno capolino);

– poi vengono i media, mai così docili con il potere comunale o per convinzione sincera o per scelta o per convenienza, oppure ancora per costrizione (ed è più il caso nostro, cosa che ribadiamo spesso anche per una forma di onestà nei confronti dei lettori, segnalando peraltro una condizione che costringe talvolta a dare informazioni “amputate a monte”) visto che ci è stata resa la vita impossibile tra querele, messe al bando, bavagli agli assessori supinamente accettati per compiacere il capo anche da persone con cui si avevano rapporti extrapolitici e ventennali di amicizia – pur con le positive eccezioni di Michele Cappelletti e Alberto Fontana, le rare/rarissime volte in cui è capitato – cancellazione studiata di un vero ufficio stampa per tagliare ulteriormente ogni ponte con l’esterno, annichilimento delle assemblee cittadine (complice un’opposizione sfibrata e indebolita, soprattutto in un centrodestra totalmente incapace di imporsi e imporre temi e argomenti nel dibattito), telecomizi televisivi, sovrapposizione dei social politici e personali alla comunicazione istituzionale e così via;

– infine, terzi della lista, una quota di responsabilità per questo grande sonno ce l’hanno senza dubbio gli ordini e le categorie professionali di Como, ormai ridotti a scenografie silenziose sullo sfondo dei grandi temi e da cui non si sente una presa di posizione collegiale e formale di rilievo ormai da almeno due lustri (e pensare che su parcheggione in Ticosa, aspetto del lungolago, stadio, overtourism ce ne sarebbe da dire, intervenire, scrivere, aiutare).

Si dirà: vabbè, ma chissenefrega. Per carità, per molti aspetti è vero: chissenefrega. In fin dei conti – e se lo diciamo noi… – questa giunta così muta e fideisticamente ubbidiente agli ordini del signor sindaco (non parliamo poi dei consiglieri di maggioranza, entità sulla cui reale esistenza ormai siamo all’atto di fede) non sta nemmeno facendo male, molte cose anche importanti le ha avviate e potrebbe portarle a casa con buone probabilità laddove tanti avevano fallito. Ma infatti non è questo il tema. Se questa amministrazione realizzerà la maxi piscina e il palazzetto a Muggiò, condurrà in porto il milionario rifacimento dell’area sportiva del Belvedere, ricaverà 600 posti auto in Ticosa e avvierà con il Como l’iter per un nuovo stadio finalmente sicuro e moderno magari nel contesto di nuovi giardini a lago, non si potrà che rendere merito a un mandato tecnicamente ben condotto e destinato a sottoporsi al voto degli elettori nel 2027 con ottime carte da giocare, stante anche la straordinaria debolezza degli sfidanti (ancora una volta, centrodestra in primis). La tecnica, però, in una città, non può e non deve risolvere tutto.

Il mantra del “non si deve disturbare il manovratore”, che pure piace tanto a un’anima profonda di questa città (forse la stessa in solluchero per la privatizzazione di ogni anfratto comunale), è un male a prescindere dai risultati amministrativi sul campo. Alimentare comunque un dibattito pubblico, un confronto sul piano delle idee e certamente anche delle critiche, avere l’onestà e il coraggio di accettare il confronto anche con regole che non siano soltanto le proprie o quelle di comodi salotti televisivi dove propugnare notizie a senso unico, il non castigare giornalisti meno graditi a suon di querele e di “a te non parlo”, innanzitutto non toglie nulla agli eventuali successi di chi governa (anzi, semmai li nobilita). E poi fa bene in generale alla democrazia, alla vitalità di una comunità: rinfresca l’aria che altrimenti rischia di farsi stantìa, se non avvelenata dal circolo vizioso dello specchio riflesso, sia in città, sia nei corridoi dell’istituzione.

Istituzione, parola magica. Perché un Comune non è soltanto un ammasso di delibere, cantieri e dirette social dalle mura illuminate: è soprattutto una casa comune dentro cui diritti, trasparenza e principi non possono essere travolti, calpestati o negati per capricci e simpatie a chi non è ritenuto degno della corte scodinzolante. Nemmeno – anzi, soprattutto – se ti proclami il Superman dei sindaci, visto che la fascia tricolore non è una tutina per sfidare il Joker ma il simbolo della Repubblica democratica (cioè esattamente l’antitesi di una monarchia, con buona pace di chi si sente Re).

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23 Commenti

  1. Diciamo pure che il confronto con idee diverse dalle sue non è il suo forte , d’altronde credo le sue origini politiche siamo ben formate e precedute da un governo nazionale che le somiglia parecchio …

  2. È dalla giunta Bruni, quello delle paratie e finito anche in guai giudiziari che Como non ha un sindaco con la S maiuscola. Abbiamo provato la destra, abbiamo provato la sinistra, il risultato è sempre lo stesso, il nulla. A Como non ci sono politici di spessore, da una parte abbiamo personaggi che dipendono dal pirellone e fanno gli interessi di Varese invece che quelli di Como, dall’altra abbiamo piccole carature senza un’idea di città. Dopo aver votato l’invotabile ci si prova con il Rapi. Può non essere il massimo, ma almeno lui ci mette impegno, dedizione, magari sbagliando, però ci prova. I suoi predecessori che hanno fatto a parte lo scempio decennale delle paratie che ha consumato tante di quelle risorse con le quali avremmo potuto sistemare Como per decenni?

  3. Giustamente, come sostenne Albert Camus: “ogni degrado della cultura accorcia le distanze che portano alla servitù”.
    Intendendo per cultura il dialogo, il rispetto per gli altri, le competenze effettive e dimostrate, il talento, la correttezza, la coerenza, non stupisce che chi non disponga di queste virtù consideri “epocale” il nulla di cui dispone e confidi nel servilismo acritico di chi lo circonda.
    Avere il coraggio di dichiararlo pubblicamente esime, almeno temporaneamente, dal degrado in cui versa la Città di Rapinese.

  4. Uno dei motivi per cui tanta gente ha votato Superman è un dubbio che da anni attanaglia l’elettorato: fino a che punto non si riescono a sistemare le cose per colpa della burocrazia e della mancanza di soldini e da che punto dipende invece dall’inedia dei politici di turno, buoni solo a scaldare la sedia e a tirare sera?

    Ecco quindi che dopo un quinquennio imbevuto di Tavor esplode la voglia di verifica. Di provarci. Sta a vedere che l’uomo-forte, che ci mette la faccia e promette la resurrezione delle piscine in tre mesi, abbia ragione, che sia solo una questione di buona volontà. Perché non tentare? Giardini puliti, Via Anzani ricondotta ad uno splendore, taxi raddoppiati con uno schiocco di dita (perché lui SA come fare, lui ha frequentato il palazzo, ha capito, e il sindaco può tutto).

    Io non l’ho certo votato, mi era bastato qualche consiglio comunale del passato e qualche sua esternazione per ritenerlo assolutamente inadatto al ruolo. Però confesso che il giorno dopo le elezioni un pensiero mi ha comunque sfiorato: e se ci riuscisse? Ora vediamo, magari per tante cose è veramente questione di buona volontà. Chissà. Diamogli tempo.

    Eh, buonanotte.

    Qui, da soli, non si governa. Ci vogliono le idee, il confronto. Le deleghe alle persone giuste, altro che addossarsi assessorati come il Re Sole.

    Bisogna coltivare le
    relazioni con gli altri comuni, con gli altri attori istituzionali, costruire sinergie.
    Macché, litigate e insulti.

    Bisogna allacciare un dialogo proficuo e rispettoso con l’opposizione, perché solo Dio può pensare di avere sempre le idee perfette. E invece irrisioni e macchiette su youtube.

    Bisogna avere una visione lunga sull’indirizzo della città: aprire un confronto sul Politeama a più voci, avere il coraggio di proporre un destino dello stadio consono allo sviluppo della città, aprire un concorso di idee sulla Ticosa.

    E invece si prende un bus di qui e lo si mette di là, si chiude un parcheggio qui e si cambia una tariffa là. Tutto così, un gioco corto. Un respiro affannoso nell’inseguimento delle ottimistiche promesse e promessine elettorali.

    Nel frattempo le erbacce crescono, gli spacciatori aumentano, i turisti fanno quello che cavolo vogliono impuniti, le piscine languono, la Ticosa se va bene diventerà un parcheggio a pagamento (ma deve andare bene), sullo stadio la politica non poteva essere più attendista, il progetto dei giardini (non concepito da lui) presenta buchi pazzeschi a cui si poteva rimediare, i cessi ce li sogniamo di notte, Il nodo Piazza Matteotti – Via Torno è saldo come una piramide egizia, abbiamo avuto dei natali da leggenda, due estati ancora di più, eccetera.

    Certo, qualcosa di buono ha fatto, e ancora farà: e ci mancherebbe anche.

    Ma nessuno può permettersi oggi di dire: “Como c’est moi”.
    Non ce la farebbe un sindaco illuminato, figuriamoci un consigliere da sempre calato nell’opposizione, che si trova sullo scranno non perché abbia vinto le elezioni ma perché le hanno perse gli altri, e che fa il vuoto attorno a sé.

    Rapinese, so che leggi tutto sui social.
    Ti dico: cambia. Hai davanti tre anni.
    Unisci la tua indiscussa buona volontà e determinazione ad un nuovo patto di relazione con i media, con la città, con i professionisti e con l’opposizione.
    Fai un passo ufficiale. Sarebbe distensivo e apprezzatissimo, a cominciare dai tuoi.
    Che questa città ricominci a parlarsi e a rispettarsi, a mettere in comune esperienze ed idee.
    Tanto la maggioranza è sempre tua, chi la tocca.

    Perché se vai avanti così ti ritroverai sempre più solo e con un pugno di mosche in mano.

    1. Povera Città di Como, prima il totale immobilismo di Landriscina che aveva paura della sua ombra , ora un Sindaco capace di litigare con tutti (forse anche con se’ stesso) , l’analisi del giornalista di un centrodestra inattivo in parte e’ vero, ma in democrazia contano i numeri dei consiglieri e con questa situazione si fa ben poco , aldilà della qualità degli eletti a partire dal campione sindaco emerito medico, ma insignificante consigliere. Non parliamo poi del centrosinistra dove la Minghetti e’ totalmente soporifera, Nessi pensa a scrivere le sue memorie e tradisce la fiducia dei suoi elettori. Rapinese ha in sostanza gioco facile e con la sua proverbiale abilità di gestire i social , cammina indisturbato in un percorso totalmente solitario

  5. Tanta stima e molto rispetto per questa difesa praticamente solitaria della democrazia contro l’uomo fortismo del Trump nostrano. Immagino che si sente un po’ solo in questa battaglia di dire la verità al potere. Comunque, non è solo nel non accettare la riduzione di democrazia. Non tutti sono supini o silenziosi. E non tutti si sono invaghiti del messaggio “La città è mia, la gestisco io’.

  6. In realtà viviamo due forme di apatia. La prima, che causa la seconda, è l’apatia nella partecipazione che è alla base dell’apatia democratica. Ci si lamenta, a volte ci si arrabbia e a volte perfino ci si mobilita ma solo sui temi vicini a ognuno di noi: i genitori che si arrabbiano per la chiusura degli asili ma non si esprimono sul traffico, gli ambientalisti che si arrabbiano sui danni causati dall’overtourism ma non si esprimono sugli asili, i negozianti che si arrabbiano per la mancanza di parcheggi ma non si esprimono sulla scarsa attenzione alla mobilità pubblica, i residenti di via Anzani sulla sicurezza ma non gli frega molto dell’eliminazione delle strutture e degli impianti di chi è in difficoltà (via del Doss, il day-hospital a San Martino). Ognuno si intestardisce sul proprio particolare senza avere un’idea generale di città e senza essere consapevole che senza un’idea di come dovrà essere la città nei prossimi trent’anni non si risolveranno strutturalmente i problemi.
    La seconda, causata dalla prima, è l’apatia politica. È iniziata da tempo. E non certo si ha l’impressione che si risolverà a breve. Non abbiamo politici di livello da diversi anni. Gli ultimi Sindaci di spessore sono stati Spallino e forse Simone che non erano eletti direttamente dalla cittadinanza. Erano stati eletti dal Consiglio Comunale per accordi tra i partiti politici che erano mediatori delle esigenze delle persone e ne facevano sintesi. Proprio quello che manca adesso. Quelli che sono venuti dopo di loro, si sono dedicati essenzialmente a una campagna elettorale noiosa e continua e all’ordinaria amministrazione. I pochi progetti lanciati sono stati inutili, alcuni di una pochezza imbarazzante, altri dannosi perché hanno portato solo grossi problemi: le paratie, il viadotto dei lavatoi, lo spazio grossisti al mercato ecc.ecc. Adesso con Rapinese Sindaco, alla mediocrità politica si aggiunge l’arroganza politica. L’idea di essere portatore di un nuovo modo di amministrare la città ma che nella pratica è il solito modo: grandi slogan per una campagna elettorale continua e piccole idee per gongolarsi sull’ordinario e far vedere che si fa qualcosa. Ma cosa?? Atteggiamento che non gli consente di porsi le domande di fondo. Qual è la vocazione della città? Come dovrà essere la città tra trent’anni? Di che strutture avrà bisogno?
    In tutto questo i giornali non hanno colpa. I giornalisti scrivono quello che i loro lettori vogliono leggere. Lo disse Montanelli e aveva ragione. Non hanno colpa neppure le Associazioni: quella degli industriali indebolita dalla progressiva deindustrializzazione del territorio, quella dei commercianti indebolita dalla standardizzazione delle reti commerciale e della grande distribuzione, quelle sindacali sempre più ai margini. Insomma, una cittadinanza disillusa che non partecipa alla vita pubblica, è una cittadinanza apatica e si può far rappresentare solo da una politica apatica. Tutto il resto è conseguenza.

    1. Condivido appieno il commento, aggiungendo che il disincanto democratico, politico, partecipativo non solo viene da lontano, ne appartiene soltanto a Como, ma e’ il risultato da uno scollamento sempre piu’ grande tra i cittadini ed i propri rappresentanti, tra gli interessi dei pochi (che contano) e dei molti (che non contano piu’…).
      Rapinese e’ solo l’ultimo mediocre che si incensa di una lunga lista di personaggetti italioti…
      I comaschi, come gli italiani, hanno gettato la spugna da tanto… e guardano solo il proprio.
      A parte rare ed encomiabili eccezioni….
      Questa a mio avviso e’ la vera morte della democrazia partecipativa e dell’infatuazione all’uomo solo l comando.

    2. Ottima descrizione dell’esistente con una piccola chiosa… Comunque, in città c’è chi affronta queste questioni da anni con competenza e conoscenza, nonostante la scarsa visibilità, salvo rare eccezioni.
      Ci sono menti pensanti che chiedono coordinazione e partecipazione, ponendosi come intermediari non accentratori, per la rinascita del pensiero critico e dell’attivismo sociale.
      Credo che, a causa della miopia politica e dei fastidiosi personalismi, questa piccola ma tenace forza continui a lavorare per riportare a una gestione normale e argomentata la visione, la politica e l’azione in questa splendida città.
      Una maggiore informazione, un po’ di volontà di conoscere ed informarsi meno partigianeria , forse riusciremo a migliorare e non a continuare a scegliere a caso.
      Forse ci riusciremo chissà

  7. Superman/Sceriffo dei “poveri” che regna incontrastato la SUA ricca cittadina imponendo ai suoi sudditi qualunque tipo di sofferenza, perchè LVI ha la missione divina…sconfiggere i poteri forti!!
    E pur di riuscirci, è disposto a farsi crocifiggere.

    Come può esistere la Democrazia se ci troviamo nel Regime di Superman lo Sceriffo di Como?

    W la libertà…finchè dura!!

    1. @la noia: con questa continua ironia dello sceriffo e le iperboli sulla “democrazia” , si trasmette l’idea che Rapinese stia sicuramente antipatico , ma non che sia incompetente. ! e Como lo rivoterà , perchè il SINGOLO al COMANDO piace da sempre .( non credo serva elenco di esempi )

  8. Se il sindaco portasse a termine tutto ciò che è scritto nell’articolo sarebbe un successo veramente epocale! Sulla mancanza di comunicazione ne facciamo anche a meno, tanto i confronti pubblici non faranno mai cambiare idea a chi ci governa. Noi cittadini elettori accettiamo una piccola riduzione delle democrazia a favore della speditezza del carrozzone comunale. Personalmente non condivido ogni scelta del sindaco che ho votato e sono a favore del pubblico e non del privato, però spero che continui rapidamente nel suo progetto per recuperare i decenni persi. Tanto alle prossime elezioni i “poteri forti” torneranno a primeggiare e lo status quo, ovvero l’immobilismo, pure!

      1. Mi pare che Rapinese sia stato eletto democraticamente , dopo aver perso per anni ed essendo quindi personaggio noto in città ( e da sempre poco simpatico a chiunque). Ritengo che il perseguire obiettivi entro la legge sia compito del Sindaco . Non scomoderei la democrazia , perchè un astioso sindaco fa il bambino caprioccioso con chi non la pensa come lui .

      2. Siamo una minoranza che lo abbiamo votato e conoscevano i suoi modi invisi ai benpensanti. Per una volta una minoranza è al potere e lo esercita nel modo che ritiene opportuno, sempre entro i confini della legalità. Cordialmente

      3. @Marco e @Maxx, l’idea che la democrazia sia tutta compresa (e compressa) nel giorno delle elezioni è un po’ naïve (o forse “da benpensanti”, tanto per citare). Non lo dico tanto e solo a proposito del ns sindaco pro-tempore, penso soprattutto al potere enorme nelle mani dei segretari di partito che impongono listini bloccati e forti del loro nome sulle schede elettorali, fanno il bello (raramente) e il brutto (assai più spesso) tempo. Se il solo requisito richiesto è la cieca obbedienza a colui che tutto può e da cui il proprio destino politico dipende, non stupisce la qualità delle figure di contorno. Tre decenni fa, una Roperto vicesindaco, o un Borghi consigliere economico, non erano ipotizzabili nemmeno in una distopia; oggi neppure ci facciamo più caso. Il risultato, però, è necessariamente desolante.

  9. Quando l’unico quotidiano locale e l’unica emittente televisiva locale rinunciano al loro ruolo di “cane da guardia del potere” c’è poco da fare.
    Cosenza pronunciò quella frase nel corso di un dibattito sul nuovo stadio. Era presente il presidente degli Architetti comaschi che lamentò il fatto che il Calcio Como, o il Comune (proprietario dell’immobile) non avessero indetto un concorso per la progettazione del nuovo Sinigaglia. Poi, parlando della Ticosa, la stessa disse che il suo Ordine non era entrato nel merito della scelta del sindaco perché gli architetti valutano soltanto l’urbanistica generale di una città, non i singoli progetti. Come se il recupero dei 14mila metri quadrati della Ticosa fosse un progettino da nulla. Insomma, di gente che non vuole disturbare il manovratore ce n’è, purtroppo, molta.

  10. Tante belle parole, poi una mattina il sindaco si sveglia e decide che chiude via Borgovico. Per quanto? Non si sa. Quando partono i lavori? Boh, luglio? Indicazioni per la cittadinanza? Arrangiatevi (come non si sa) e vedete di non rompere che tanto non mi frega nulla.
    Un cantiere che bloccherà la città annunciato in televisione da un giorno all’altro senza una cicca di informazioni.
    Ma io mi chiedo quanto siete disposti ad accettare, o meglio a subire, prima di svegliarvi.

      1. Ma io non contesto i lavori, che vanno fatti, ho da dire sui modi! Se blocchi una strada così importante non puoi uscirtene un mese prima e non sai quando parte il cantiere, quanto dura, cosa pensi di fare per ridurre i disagi.
        Ma stiamo scherzando?
        E lui se ne esce bello rilassato che sarà un macello e di non lamentarci.

    1. Non per difendere l’indifendibile, ma in questo caso è diverso. In via Borgovico è noto da anni che ci sono problemi strutturali importanti e che non li si possono affrontare se non con un intervento drastico. Rapinese su questo pare metterci il coraggio. Manca almeno un mese, sono certo che si lavorerà alla grande per organizzare al meglio quanto possibile, ma l’impossibile è ovvio che non possa essere promesso. E’ un macello annunciato, irrimediabile, non evitabile. L’unica importante scelta da prendere è: spendersi per far lavorare anche la notte in modo da chiudere più in fretta il cantiere a discapito del sonno dei redidenti che verosimilmente dovrebbero essere indennizzati in qualche modo? Questa è l’unica scelta di campo da prendere. Il resto sono ormai solo tecnicismi e dettagli organizzativi. E sinceramente, sentirmi dire di “iniziare a pensare a come muovermi” mi sembra una dichiarazione semplicemente Onesta e disillusa, perchè ognuno dovrà fare la sua parte; i droni-taxi sfortunatamente non sono ancora in servizio. Su tutte le altre questioni invece sarebbe giusto e dovuto il normale confronto…

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