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LE COMICHE PARTE 2 – La farsa sui numeri umilia (ancora) il consiglio comunale

Alle 22.30 circa di lunedì 10 dicembre 2018 – due ore esatte dopo l’inizio della seduta – si è compiuto l’ennesimo scempio del consiglio comunale di Como. Uno sfregio che, al di là di come la si pensi politicamente e di quali siano l’amministratore o la lista preferita, l’assemblea che rappresenta l’intera città non merita.

E’ persino difficile spiegare in un articolo il senso profondo, e persino lo svolgimento stesso, di quanto accaduto (per l’ennesima volta) ieri sera.

Provandoci, e tentando di contenere il senso di sgomento che pure può assalire anche un consunto cronista di provincia, basti sapere che la seduta è stata sciolta con un’ora e mezza di anticipo sull’orario standard perché – di nuovo! – a Palazzo Cernezzi non è ancora stato stabilito quanti voti servano per definire la maggioranza assoluta. Cioè non si sa ancora in via definitiva quale sia la soglia di pallini verdi sul tabellone necessaria ad approvare l’istituzione di una Commissione speciale sulla sicurezza.

E’ un qualcosa che va al di là del bene e del male, siamo probabilmente nel diabolico.

Da un lato c’è una singola dirigente dell’amministrazione – Marina Ceresa, segretario generale facente funzione dopo l’addio di Andrea Fiorella – che, con proprio parere scritto (QUI LO POTETE LEGGERE INTEGRALE), inchioda l’aula a una presunta nuova quota 18, con il silenzioso ma compiaciuto assenso della Lega e della lista civica Insieme che vedono in quel numero la possibilità di stroncare il “golpe” Forza Italia-minoranza (asse favorevole alla nascita dell’organismo speciale ma che, almeno sulla carta, si ferma a 17 voti).

Sull’altro lato della barricata c’è fondamentalmente il resto del mondo (appunto, Forza Italia+minoranze) che invece continua a sostenere che la maggioranza assoluta sia e sia sempre coincisa con 17 su 33. E attenzione: ieri per questa seconda tesi si sono espressi avvocati di lunga esperienza e di schieramenti opposti (Fulvio Anzaldo e Patrizia Maesani), un ex magistrato del calibro di Vittorio Nessi, voci politiche indignate (il dem Stefano Fanetti su tutti) ed espressioni della “nuova politica”come Fabio Aleotti dei Cinque Stelle.

Eppure niente, Ceresa non soltanto non si è smossa di un millimetro da quota 18, ma anzi ha rimbrottato i consiglieri che si sono permessi di muovere obiezioni (“Non c’è alcuna incertezza, il mio parere ce l’avete, non si dovrebbe nemmeno iniziare una discussione ma prenderne atto”) e poi, sulle critiche per la diffusione soltanto alle 16.30 del giorno stesso del proprio parere, pur avendo avuto una settimana di tempo, la dirigente ha invitato i diffidenti a “tenere conto della mole complessiva di lavoro che ho, se volete ci sono anche le timbrature per vedere quanto lavoro”.

Alla fine, dopo questa baruffa e dopo una sospensione dei lavori lunghissima, la parola finale è stata lasciata alla presidente del consiglio Anna Veronelli. La quale, però, a sua volta, prima di esprimersi dovrà confrontarsi con le due vicepresidenti delle quali una era assente (Elena Maspero). Indi per cui il consiglio ha comunque discusso una manciata di emendamenti e subemendamenti e infine, per la manifesta incapacità di votare la delibera integrale, è andato a casa anzitempo. Non prima, peraltro, che sempre Ceresa ammettesse l’errore compiuto la scorsa settimana nell’indicare l’inedita quota 18 anche per l’approvazione degli emendamenti alla delibera sulla Commissione speciale, cosa poi rivelatasi del tutto infondata.

Probabilmente molti si saranno giustamente già persi per strada a questo punto. Ma così è andata lunedì sera: esattamente come la settimana prima, un consiglio paralizzato e incapace di determinare quante persone servano per approvare o no un documento.

Una vergogna assoluta, una telenovela triste e indecorosa che getta per l’ennesima volta un’ombra cupa e opprimente sulla massima assemblea cittadina. L’ennesimo allargamento del fossato tra elettori – i pochi rimasti – e i loro rappresentanti a palazzo, senza che peraltro tutti possano essere messi sullo stesso piano.

Ora, davvero, basta. Si ponga fine a questa agonia impietosa, in un modo o nell’altro. La politica torni in se stessa ed esca, se possibile, dalla palude mortale in cui in parte si è cacciata da sola, in altra parte è stata cacciata obtorto collo con modi, tempi e parole mai visti.

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2 Commenti

  1. Concordo con l’ultimo capoverso di Caso.
    La politica, faccia il corso che ha sempre fatto.
    La Presidente del Consiglio si assuma le responsabilità del mandato confrontandosi con i Dirigenti.
    I cittadini chiedono che le bizze di una parte della maggioranza della minoranza si possano assopire in fretta perché la città ed i cittadini non aspettano e…
    hanno la memoria lunga.
    Speriamo che la natural burrellla sia ad un passo…

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