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Fame di medici: tra l’Eldorado svizzera e l’università a Varese Como paga il prezzo più alto. Sacrosanto modificare il test di ingresso

È di questi giorni la proposta di modificare i criteri riguardanti il test d’ingresso alla facoltà di Medicina. Sacrosanto. Non solo in termini di quantità (siamo quasi orfani di seguaci di Ippocrate), ma anche di qualità: le prove di ammissione sembrano a oggi più una lotteria che un vero filtro meritocratico. Como da sempre paga più di altre province italiane la carenza di sanitari. Non ci sono solo le sirene ticinesi ad attrarre chi qui lavora. In effetti non avere una sede universitaria vera e propria (conosciamo bene i limiti della condivisione con l’Insubria: di fatto Medicina e Chirurgia è facoltà varesina) fa sì che molti medici transitino nelle zone lariane o negli ospedali della provincia comasca per qualche tempo e poi mirino a una destinazione finale diversa, per motivi familiari e anche professionali.

Chi scrive, nato e cresciuto in altra sede, secondo il disegno dei propri maestri avrebbe dovuto praticare il mestiere a Como qualche mese per “farsi le ossa” e poi rientrare alla base (tipo i calciatori che vanno in provincia per crescere e poi essere ripresi dalle società di grandi città), salvo poi però innamorarsi del lago e del suo territorio. Esistono diverse possibilità di modifica del test d’ingresso. Personalmente, e anche secondo tanti che lavorano nel settore universitario, il sistema migliore è il cosiddetto “modello francese”: entra a Medicina e Chirurgia chiunque si iscriva. Tuttavia, chi non è in pari con gli esami dopo i corsi di base del primo biennio, esce; eventualmente per essere introdotto in facoltà inerenti il settore: chimica, farmacologia, scienze infermieristiche, tecnica di laboratorio, biologia, altro. Il limite maggiore è attualmente l’impossibilità organizzativa di accogliere tanti iscritti al primo anno. Dare loro aule, strutture di laboratorio, personal computer, ma soprattutto professori. In verità negli anni ’70 era così, chiunque poteva iscriversi a Medicina e per i primi due anni (in seguito la selezione era nei fatti, molti abbandonavano per sfiducia o crollo dell’entusiasmo) bisognava presentarsi ore e ore prima per entrare in aula e anche per iscriversi agli esami. Non era il massimo, ma neppure la fine del mondo.

Era il modo per condividere non solo nozioni, ma anche paure, emozioni, affetti, amori, amicizie. Insomma crescere. Ma al di là dei test, che ci auguriamo vengano cambiati già per il 2024, la madre di tutte le domande è che cosa rispondere a un ragazzo che vorrebbe iscriversi a Medicina. A chiunque me lo chieda rispondo: “se ti piace, buttati!”. Studiare e praticare il lavoro che si desidera è non solo una fortuna, ma un dono della vita. Non valgono altre motivazioni: non la leva economica, non il condizionamento ambientale, né altro: lo si paga amaramente nel tempo. Attenzione: per diventare medico c’è tantissimo da studiare e soprattutto bisogna farlo per tutta la vita. Ogni 5 anni le conoscenze mediche cambiano.

Poi, ci vuole un fisico bestiale. Non solo per la resistenza a orari di lavoro durissimi, notti e festivi compresi, ma soprattutto per la capacità di reggere al dolore umano, fisico e morale dei propri simili, che ci si porta dentro. Avere la solidità di reggere davanti alle miserie umane, alla malattia, alla morte. Ma se si possiede questa aspirazione, come scriveva T.H. Harrison nell’introduzione del proprio testo Principi di Medicina Interna del 1950: “nessuna opportunità e impegno più grande possono ricadere sulle spalle di una persona come quella di decidere di fare il medico”. Per Como e provincia resta poi il compito aggiuntivo di attrarre i propri professionisti, non avendo una sede universitaria che li sforni, e soprattutto trattenerli. Come già scritto in altri tempi, non sempre è una questione di palanche, ma soprattutto di qualità del lavoro. E questa si declina prevalentemente in autonomia decisionale e soddisfazioni professionali. Che per un medico altro non sono che veder guarire e stare bene i propri pazienti, grazie al proprio impegno. Per questo servono poca burocrazia e maggior tempo da passare con chi soffre. Gli amministratori illuminati delle nostre strutture organizzative sanitarie territoriali, che si chiamino ATS, ASST, ospedali, RSA o poliambulatori non possono prescindere da questo.

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3 Commenti

  1. Un presidente di Regione leghista nomina Direttore Generale (immagino di indiscussa competenza) un manager di estrazione Comunione e Liberazione che nomina Direttore Amministrativo il nipote di Formigoni (non è una colpa, immagino di indiscussa competenza). Considerati i danni epocali che la gestioni prima formigoniana e poi maroniana hanno prodotto alla sanità lombarda, considerato che un ex Direttore generale leghista di nomina leghista ha svenduto la sanità ospedaliera comasca all’ Università di Varese, considerato che oltre confine, anche se in una sanità qualitativamente non certo superiore, si può lavorare meno guadagnando di più, difficile alimentare un barlume di ottimismo.
    Alle ultime regionali nella circostrizione di Como il candidato di destra Fontana ha raccolto il 61,2 %. I comaschi hanno quello che si sono meritati

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