Grandissime lagnanze, fiorir di comitati, tonnellate e tonnellate di carta per interrogare, interpellare, “mozionare”. E poi, quale suggello di questo enorme mare di niente, l’immancabile, minacciosissima ma velatissima provocazione dell’artista: il boicottaggio.
I toni, sono certamente e volutamente caricaturali ed eccessivi, ma in fondo attorno a quei bastioni gira ormai da anni la discussione-madre sulla Tangenziale di Como. O meglio, sul moncherino della Tangenziale di Como effettivamente realizzato, poco meno della metà (circa 4 km tra tutto) rispetto al progetto originario (oltre 9).
Senza dubbio doverosa e più che legittima la grande mole di parole e atti sollevati sopra quello che è a tutti gli effetti uno scandalo perfetto, ovviamente a danno dei comaschi in primis.
La sequenza, in estrema sintesi, è questa: annunci a raffica della “Grande Opera Che Ci Cambierà La Vita In Meglio”; progetti e progettini a raffica; futuribili tagli di infiniti nastri, sogni di un’autostrada milionaria e vellutata, agognate gratuità virtuali.
E poi, la grigia e cementizia realtà: una tangenziale fatta a metà e destinata a non essere finita, molte opere connesse e di mitigazione del pesantissimo impatto ambientale rimaste nelle cantine di società e palazzi della politica, costi astronomici e palesemente insostenibili per il completamento, seconda raffica di promesse su “la finiremo, toglieremo il pedaggio” e, a conclusione della colossale presa in giro, la bandiera bianca (qui le ultime novità-non-novità).
Un candido vessillo, e veniamo al punto, che certifica la sottomissione muta e schiavistica di un intero territorio e dei suoi politici tramite i numeri ufficiali, colpevolmente passati sotto traccia ieri.
Le cifre dicono questo: dal 2016, quando gli incassi netti per i pedaggi della Tangenziale di Como furono pari a un milione e 224 mila euro, si è passati al milione e 600mila già nel 2017 (+33%) fino alla previsione ormai decisamente attendibile di 2 milioni per quest’anno (altro +25%).
Al che corrisponde, ovviamente, un incremento dei transiti giornalieri medi: 7.804 nel 2016, 9.815 nel 2017 (+26%) e 11mila nel 2018 (+12%).
Sono i numeri che certificano la Caporetto comasca: benché non finita, benché costosa, benché quasi certamente destinata a restare un moncherino, sulla Tangenziale di Como si viaggia e si paga ogni anno di più. E questo rinforza, inutile dirlo, la posizione di intransigenza di Società Pedemontana che rivendica il diritto all’incasso – altro che gratuità – per sostenere il piano economico finanziario e l’investimento fatto. E più il fatturato salirà, più sarà impossibile toglierlo facendo venire a mancare una così robusta fetta di “reddito” all’azienda e ai suoi conti.
E’ dunque il momento di svolta: la lepre (un’infrastruttura finita e gratuita come ogni tangenziale urbana dovrebbe) è scappata, la politica recriminante e urlante allo scandalo ha perso il treno e si è rivelata del tutto inefficace nella difesa del territorio, i cittadini comaschi piegano ancora una volta la testa e la volontà, e per stanchezza o forza maggiore (comodità, esigenze di lavoro ecc) archiviano i nobili pensieri di boicottaggio e si rassegnano a percorrere e sborsare. Ogni anno di più.
Una storia triste. Una storia di soprusi e colpe.
La storia della sconfitta senza alibi della provincia di Como, novella Sodoma.
2 Commenti
Resta il fatto che per un traffico giornaliero medio di questa entità (ma anche per il doppio) sarebbe bastata una viablità di tipo ordinario invece di una autostradale, con costi di realizzazione nemmeno paragonabili a quelli sostenuti per la costruzione di questa cattedrale nel deserto
Benvenuti in A59 tang di Como;
tang è abbreviazione di poontang;
( e che dire del prezzo strano della benzina )