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Solidarietà e Sociale

Le scuole sul palcoscenico del Teatro Sociale

Il Concorso Opera in scena, alla II edizione, nasce come naturale evoluzione del Concorso Scuola promosso per più di dieci anni dalla Provincia di Como e dal Teatro Sociale per accogliere e dare spazio all’attività di spettacoli di teatro musicale, musical o vera opera realizzato dai ragazzi con i loro insegnanti.

Il concorso, aperto alle scuole primarie e secondarie della Lombardia, invita studenti e insegnanti a presentare un progetto di spettacolo da mettere in scena. Il premio consiste nell’opportunità di rappresentare il proprio spettacolo su un vero palcoscenico, al Teatro Sociale di Como, il giorno 5 maggio alle ore 10.30, assistiti da personale di palco, proprio come una vera e propria compagnia professionista.

Vincitrice di questa edizione è la Scuola Secondaria di Primo Grado A. Moro di Ponte Lambro, in collaborazione con La Nostra Famiglia di Ponte Lambro, che porteranno in scena lo spettacolo “Il nostro sogno”

IL NOSTRO SOGNO

“Questo spettacolo teatrale nasce come laboratorio del corso prolungato pomeridiano del primo quadrimestre. La scuola secondaria di primo grado di Ponte Lambro da anni integra con un progetto denominato “Progetto Ponte” alunni normodotati e disabili dell’Istituto La nostra famiglia. All’interno del laboratorio, svolto dal mese di settembre 2017 al mese di gennaio 2018, sono stati inseriti 6 alunni con disabilità, su decisione dell’educatore Paolo Brioschi e della responsabile Barbara Ponti.

A prescindere dal risultato finale e dalla qualità dell’interpretazione teatrale, è ovvio che a noi è interessato il processo che ci ha condotti qua, un processo che ha consentito ai due gruppi distinti di fondersi così tanto, da non far riconoscere, all’atto dello spettacolo chi è normale, se così si può dire, e chi non lo è.

Fondamentale è stata la gestione del gruppo poiché, lasciando fare ai ragazzi e intervenendo il meno possibile come adulti, si sono innescate dinamiche risolutive delle complessità o delle fatiche emerse, molto più facilmente risolvibili.

Ad un primo momento di esercizi e formazione del gruppo, è seguito un momento di presa in carico del corpo, della voce, dello spazio e di sé stessi, con la preziosa collaborazione di una collega specializzata in yoga. I ragazzi sono poi stati chiamati a parlare di sé e dei propri sogni nel cassetto, delle proprie fragilità (ci è stato di aiuto il bel testo L’arte di essere fragili di A. D’Avenia, Mondadori 2016): il momento è stato fortissimo per noi adulti perché sono emerse dinamiche emotive fortissime, fatiche relazionali, fatiche familiari di cui spesso i nostri ragazzi non parlano in classe.

Il teatro è stato per loro un momento catartico e liberatorio, un posto “senza giudizio” come lo chiamavamo noi, dove ognuno era importante allo stesso modo. Per questo non abbiamo attori o ruoli principali, perché il teatro ci ha permesso di essere, ognuno a nostro modo, speciale.

Da qui la sua magia. E da qui l’importanza che potrebbe avere una eventuale selezione del nostro gruppo; perché per molti dei nostri alunni disabili (mentali, non fisici, se non per rallentamenti motori) uscire di sera, fare uno spettacolo per i propri genitori, vivere come un adolescente vive abitualmente è una variabile non sempre possibile, a volte preclusa.

Ultima notazione importante e distintiva è a nostro avviso il fatto che nessun esperto di teatro ha gestito il progetto o scritto il copione per noi; certo al docente è stato dato il ruolo di collante di suggestioni e riflessioni dei e sui ragazzi, ma il tutto è nato maieuticamente (alla Socrate) e ne siamo orgogliosi. Esempio di ciò è la parte dove i ragazzi a turno narrano i propri desideri e sogni nel cassetto: ad ognuno è stato dato il compito di dire il desiderio di un altro, tanto era il carico emotivo sotteso per alcuni, ma i desideri sono proprio i loro, le loro fatiche, le loro speranze. E in alcuni casi (lo diciamo senza piaggeria) si tratta di situazioni sociali così problematiche, che i genitori, la sera dello spettacolo stesso, per impossibilità di mezzi culturali o materiali, o perché allontanati dai figli in quanto in comunità, lo spettacolo serale non sono nemmeno venuti a vederlo, così da fare diventare il nostro gruppo la vera famiglia e gli altri genitori i genitori di tutti”.

Anna Turati

Docente di Lettere e responsabile del progetto

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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