Un gruppetto di anziani gioca a carte al Piccolo Parco mentre in una fumosa sala da biliardo, nel Bar Agip, si disputa una partita. All’esterno, passeggiando per il quartiere ecco il Bar Bagulin e, spingendosi in via Scalabrini l’osteria Puldin, senza dimenticare il negozio di frutta e verdura Pellegrini o la bottega del Tosca in via Colonna (la raccontavamo qui).
Lungo i marciapiedi e la piazza – un tempo senza fontana – una comunità intera salutava, nel 1983, il passaggio del Presidente della Repubblica Pertini e nel 1996 Papa Giovanni Paolo II in visita a Como. Tutte foto d’epoca che compongono un’emozionante galleria di immagini, che rappresenta però solo la parte conclusiva di un libro che racconta il quartiere di Camerlata facendo prevalere le emozioni e la memoria.
Sì, perché nel volume “CaMerlata” (Elpo edizioni) di Isabella Tosca c’è molto di più. Ed è proprio lei a raccontarcelo. “Il volume è una raccolta di aneddoti realmente accaduti. Non ha la pretesa di essere un libro a carattere storico bensì una dedica che ho voluto fare ai luoghi e alle persone del quartiere in cui sono nata e in cui tuttora risiedo”.
E come stratagemma narrativo l’autrice (cantante e musicoterapista nella scuola ospedaliera dell’Ospedale Sant’Anna di Como, sia all’interno del reparto di Pediatria, sia nell’ambito della Neuropsichiatria infantile), ha dato voce a “un personaggio di fantasia, ispirato tuttavia ad un senzatetto che per parecchi anni ha realmente abitato la piazza.
Gli episodi riguardano diversi periodi storici e, in un contrasto concretamente visibile, si affiancano a fotografie attuali che sottolineano come il passare del tempo, e talvolta l’incuria, abbiano modificato il contesto descritto trasformando quest’ultimo in un quadro distopico”.
E allora prima di immergersi nel passato non si può non chiedere a Isabella quanto e come è cambiata Camerlata. “Purtroppo, oggi faccio fatica a riconoscermi in questo quartiere che continuo ad amare. Gran parte di chi appartiene alla mia generazione ha deciso di andarsene per i più svariati motivi. Io resto, sono innamorata di questi luoghi. Anche se un difetto c’è, ovvero il numero folle di auto. Una vera invasione, anche se la magia di Camerlata è che salendo verso l’alto solo di poche centinaia di metri ci si ritrova nel verde e davanti a panorami bellissimi”, racconta.
Isabella, una delle voci del quartiere evidenzia poi i grandi cambiamenti che Camerlata ha subito nel corso degli anni. “Molti dei vecchi abitanti non ci sono più. Tanti giovani sono andati via e nel corso degli anni il quartiere si è sempre più popolato di cittadini stranieri. E purtroppo il quartiere è sempre meno vissuto anche dai bambini comaschi che spesso vengono portati in macchina altrove per fare le diverse attività. E Camerlata è in gran parte diventato un dormitorio”.
Cosa che non era in passato. E così ecco che affiorano i ricordi e le testimonianze di un tempo come quando nel 1960 iniziarono i lavori per montare la “fontana in mezzo alla piazza, trasferita fino a qui dal parco Sempione di Milano. Due giovani architetti (i signori Cesare Cattaneo e Mario Radice) erano stati incaricati di progettare una fontana che servisse come spartitraffico per il piazzale Corsica, così si chiamava la piazza che era anche l’unico raccordo per il centro città, per Varese, per Milano e per Cantù”.
Ricordi e aneddoti che i “vecchi” di Camerlata hanno raccontato a Isabella. “Tante le voci che ho sentito. A partire da quella preziosissima di Erminio Fasola, ma non solo”.
E con un balzo del tempo eccoci così al 1948 quando si possono rievocare i ricordi di chi, allora bambino, “scendeva al ruscello della Val Mulini, quello che corre di fianco ai binari del treno”, per farsi un bagno.
“Nel fiumiciattolo ci sono i gamberi e facciamo merenda mangiandoli crudi seduti sui sassi bollenti o sulle rotaie, il treno in arrivo non è un pericolo”, il racconto di chi c’era.
E quando arrivano le cinque “scatta l’allarme, Erminio fa un fischio e tutti saltano fuori. Arriva il controllore dello scambio con una grossa chiave di ferro legata con un laccio alla spalla”.
Nel libro, come in una macchina del tempo mossa dai ricordi più emozionanti e senza un necessario filo cronologico, si salta tra gli anni per arrivare così anche al 1990 “quando chiuse definitivamente la fabbrica, quella che si chiamava Fabbriche Italiane Seterie e Affini con l’acronimo di F.I.S.A.C. È stata costituita nel dicembre dell’anno 1906 e a quei tempi la sigla significava Fabbrica Italiana Seta Alberto Clerici, che era il proprietario”, si legge prima di ricordare l’incontro con uno dei tanti operai al lavoro.
Uno di loro in particolare viene rievocato. Si chiamava Pietro ed entrato diciottenne in fabbrica venne promosso responsabile della contabilità. Una volta al mese, partiva con il suo collega in bicicletta per “consegnare gli stipendi ai dipendenti dei vari stabilimenti della provincia, in Valsolda e a Missaglia. Erano gli anni della guerra, i due contabili custodivano le buste paghe piene di soldi nei loro zaini portando con sé una rivoltella, regolarmente detenuta. Il percorso era faticoso, si pedalava su per il lago o verso la Brianza”.
Un altro racconto ci porta invece al 1966 quando era in piena attività il Piccolo Parco “un giardino bellissimo con una pista rettangolare dove al pomeriggio i bambini giocavano a palla o trottavano sui pattini a rotelle e alla sera i grandi ballavano e mangiavano il gelato. Sul porfido della via Napoleona il serpente di auto posteggiate arrivava fin oltre la drogheria del cacao Talmone”.
E infine, anche se nel libro ce ne sono molti altri, un salto al 1982: “Oggi in piazza hanno tolto gli ultimi cavi sospesi della filovia. Sono arrivati gli operai con un camion e delle grosse cesoie, abili, con un’azione rapida hanno falciato il filo del passato. Da qualche anno sono arrivati i bus gialli, si prendono i biglietti dalle macchinette automatiche presenti alle fermate e si timbrano in quelle sul mezzo. Tutto diverso da quando ero piccolo io e c’era ancora il tram che dal centro storico di Como portava a Cantù o Appiano Gentile. Poi sono arrivate le filovie, verdi con le porte a soffietto di legno marrone”.
Un tuffo nel passato del quartiere che però oggi deve fare i conti con la realtà e i cambiamenti descritti da Isabella Tosca che, prima di lasciarci, sottolinea un altro aspetto di Camerlata, un elemento nuovo, in linea con quanto è diventata Como negli ultimi anni di overtourism.
“È curioso vedere come anche a Camerlata sia arrivata l’onda lunga del turismo. Passeggiando per il quartiere si vedono sempre più stranieri. Famiglie olandesi in cerca del loro bed and breakfast. Sì perché anche qui, alle porte di Como, lontani ma non troppo dalle rive del lago, sono sempre di più le offerte di soggiorno per gli stranieri. Un fenomeno che solo pochi anni fa era impensabile. E insieme ai turisti è cresciuto a dismisura anche il numero dei supermercati”, conclude Isabella che ribadisce come in ogni caso “io non me ne vado”.