“Si scrive dell’Africa solo per le guerre o i golpe. Di questa storia non ha parlato nessuno”. Inizia così – tra rabbia e dolore – il racconto di Gianfranco Ranieri, ben noto imprenditore comasco, presidente di Karibuni, associazione attiva in Kenia con progetti imprenditoriali di sviluppo a sostegno della popolazione. “La nostra idea parte dal principio – spiegano dall’associazione – che la crescita di un popolo parte dalla capacità di rendere l’accesso scolastico il più diffuso possibile, con strutture adeguate dotate di servizi, acqua, refettori, con insegnanti preparati, il tutto collegato alla garanzia di strutture sanitarie funzionali alle esigenze sia degli studenti che delle loro famiglie”.
La notte del 25 aprile un’alluvione senza precedenti si è abbattuta su diverse regioni del Paese. 100 morti, almeno 20mila sfollati (stando esclusivamente ai dati ufficiali). L’esondazione del fiume Galana ha colpito una delle quattro fattorie aperte dall’associazione comasca, la più grande: 200mila metri quadri di coltivazione esclusivamente vegetale. Una produzione destinata alla vendita ma soprattutto capace di fornire ben 500 pasti al giorno. “Dall’oggi al domani non abbiamo più nulla – racconta Ranieri – così dobbiamo razionare: da cinque pasti la settimana siamo passati a due. L’acqua ha spazzato via ogni cosa”.
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Ranieri non ha vissuto le ore dell’alluvione per un istante. “Dopo due mesi e mezzo il 25 sono partito, avevo il l’aereo il 26. Ho saputo di quanto accaduto poco prima di imbarcarmi”. Per molti versi un bene, perché il presidente ha potuto attivare subito l’associazione sul fronte italiano. “L’emergenza cibo è reale. La prima cosa da fare è costruire quattro serre in modo da ripartire subito con le coltivazioni. Costano 2.500 euro ciascuna, sono grandi 100metri quadri e garantiscono, ovviamente, protezione dal clima. I terreni sono ancora allagati, l’acqua si sta ritirando ma ci vorrà tempo perché i terreni possano tornare a produrre. La prima semina sarà almeno tra 2 mesi, poi bisognerà attenderne altri 5 o 6 per la raccolta. Inoltre ricostruire la fattoria costerà almeno 30mila euro”. Per questo le serre diventano essenziali: “Si montano in fretta, in 15 giorni potremmo tornare a seminare, peraltro abbiamo un buon pozzo. Dobbiamo servire almeno tre pasti la settimana”.
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Due sponsor si sono fatti avanti e altrettante serre saranno acquistate ma è solo il 50% del necessario, inoltre servono fondi per la ricostruzione. “Come sempre ci attiviamo in tutta Italia, anche attraverso il circuito rotariano di cui faccio parte”. Ma non basta: “Spero che anche da Como arrivi aiuto. La situazione è drammatica”. Tutti i progetti di Karibuni passano da un principio imprenditoriale: “Non esiste la carità, ho portato l’esperienza d’impresa in Kenia. Non si regala cibo, si offrono i mezzi per coltivarlo, venderlo e nutrirsi”. Le altre tre fattorie non sono state colpite dalla tragedia e continuano a produrre uova, carne, frutta e latte. Ma il blocco della produzione vegetale, prima fonte di cibo, è ovviamente il primo enorme problema.
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GALLERY: LA FATTORIA PRIMA DELL’ALLUVIONE