Nell’ampio dibattito intorno alla questione caldissima dell’Azienda Sociale (qui tutte le cronache) si aggiunge una nuova presa di posizione, E’ quella della lista civica/movimento Civitas il cui fondatore è Bruno Magatti. Riscostruendo la genesi dei Piani di Zona e pur sottolineando più generali posizioni storiche (la contrarietà all’Azienda Sociale) Civitas si schiera con il sindaco Rapinese in modo netto: “La lite cui stiamo assistendo evidenzia sia la protervia di alcuni sindaci che per ragioni tutte da capire vorrebbero togliere al comune di Como la funzione di “capofila” sia una generale insipienza politica. Non consideriamo indice di saggezza né l’incapacità di dialogo né l’ostinata insistenza nel pretendere ciò che non è dovuto“.
Ecco quanto scrivono:
Le polemiche innescate dalla nomina di un commissario ad acta per il “Piano di zona” ci inducono a intervenire per ribadire la posizione di Civitas, lineare e chiara, assunta in Consiglio comunale nei giorni in cui si andò a costituire l’Azienda sociale per gestire servizi del Piano di Zona.
Lo scopo dei “Piani di Zona”(art. 18 legge Regionale n.3 del 12 marzo 2008) è assicurare parità di servizi e di costi nel territorio in modo che, superando le limitazioni dovute alla disparità di strutture, personale e competenze, una persona residente in un minuscolo paese di montagna (Zelbio, ad esempio) possa godere delle medesime prestazioni di chi vive in città. Ai Piani di Zona compete integrare la programmazione della rete locale di offerta sociale e sociosanitaria, con rimandi al sistema della sanità, dell’istruzione e della formazione e alle politiche del lavoro e della casa.
Non proprio acqua fresca, quindi Per il funzionamento di un Piano di Zona la legge istitutiva non richiede l’attivazione di aziende consortili che, tuttavia, si sono dimostrate strumenti opportuni solo nel caso di insiemi di piccoli comuni privi di strutture in grado di organizzare i servizi.
Per lustri e con amministrazioni di colore diverso l’Ufficio di Piano (struttura tecnico-amministrativa per il coordinamento degli interventi e l’istruttoria degli atti) è coincisa con la struttura dei servizi sociali del Capoluogo, con enormi vantaggi anche economici visto che, per contro, per il solo funzionamento l’attuale Azienda assorbe importanti risorse, sottratte ai servizi. Naturalmente ciascun comune dovrebbe contribuire al funzionamento dell’ufficio di piano in proporzione alle sue risorse umane, strumentali e finanziarie anche se, nei fatti, il Comune di Como si fece carico per anni di diversi costi generali.
Fino al 2020, con la guida sapiente del dirigente dei servizi sociali del Comune di Como, il Piano di Zona ha svolto il suo compito, senza costi aggiuntivi né onerose sovrastrutture. L’assemblea dei sindaci (organo politico) è chiamata dal punto 9 dell’art. 18 della L. R. 3/2008 a indicare un Comune Capofila. A tutti è sempre parso ovvio indicare il comune di Como, che nell’Assemblea dei sindaci detiene la maggioranza assoluta (il voto ha un peso proporzionale al numero degli abitanti).
Civitas non ha cambiato il suo dissenso sulla improvvida scelta di trasferire funzioni sociali a un’Azienda, anche sottraendo ai consiglieri comunali eletti molte delle funzioni di controllo. La lite cui stiamo assistendo evidenzia sia la protervia di alcuni sindaci che per ragioni tutte da capire vorrebbero togliere al comune di Como la funzione di “capofila” sia una generale insipienza politica. Non consideriamo indice di saggezza né l’incapacità di dialogo né l’ostinata insistenza nel pretendere ciò che non è dovuto.
La mancata sottoscrizione del “piano triennale 2025-2027” comporta, per legge, il blocco dei trasferimenti delle risorse destinate alle prestazioni sociali per i cittadini e ciò ha reso necessario l’intervento di Regione, in attesa che la contesa trovi una soluzione. Ora non resta che aspettare la conclusione di questa vicenda. Si chiede al sindaco di Como di arretrare e lo si accusa di aver portato la vicenda a un punto estremo, ma per contro ci sono le pretese di quegli stessi sindaci che architettarono l’intera operazione (senza alcuna resistenza da parte di Locatelli e Landriscina, che si accodarono).
L’Azienda sociale è stata una forzatura non dovuta, non necessaria ma soprattutto non priva di nascoste ambizioni e disegni di potere a danno del ruolo di capoluogo della città di Como. A tutto ciò rimangono estranei i Consigli Comunali e soprattutto i cittadini. Nessuno si stupisca se crolla la fiducia nella politica.