“Villa Celesia perdeva 30mila euro al mese, era un costo insostenibile. La disdetta del contratto nazionale per il personale? Con quello nuovo, già applicato da tutte le Rsa comasche, risparmieremo un milione e 800mila euro all’anno, ovvero 13 euro di retta al giorno, e torneremo concorrenziali”.
Sono state queste le due argomentazioni forti del presidente di Cà d’Industria, Gianmarco Beccalli, e dalla direttrice generale, Marisa Bianchi, ospiti oggi di una Commissione comunale dedicata e presieduta dal leghista Giampiero Ajani.
Beccalli, sulla chiusura della storica casa-albergo, ha affermato che “non si è trattato di una scelta nata all’improvviso: ci abbiamo studiato e pensato a lungo ma la situazione era insostenibile”.
“Avremmo voluto comunicare la chiusura contestualmente all’annuncio della riconversione della struttura in mini appartamenti per autosufficienti assistiti dal nostro personale medico e infermieristico, ma purtroppo per questo progetto non abbiamo trovato i fondi e non si è concretizzata – ha aggiunto il presidente – Poi la notizia della chiusura è uscita sui media e noi comunque abbiamo avvisato contemporaneamente personale e familiari degli ospiti”.
Al momento, peraltro, il centralino e le cucine di Villa Celesia non sono destinate a chiudere mentre il personale sarà (o è già stato) ricollocato nelle altre Rsa della Fondazione oppure, per chi è vicino alla pensione, è proposta una buonuscita. Stesso discorso per gli ospiti che – ha riferito Bianchi – sono stati trasferiti (con sconto del 10%) nelle altre strutture della Fondazione o, in casi minori, ha preferito andare in altre Rsa oppure il ritorno domiciliare.
Alla domanda se la scelta della chiusura di Villa Celesia fosse stata condivisa con la giunta e con il sindaco Mario Landriscina prima che il fatto divenisse di pubblico dominio, Beccalli ha ribadito che “abbiamo informato il sindaco in maniera informale, non la giunta; ma la decisione la prende la Fondazione, non il Comune. Abbiamo comunicato al sindaco la scelta, poi abbiamo ascoltato i suggerimenti, i consigli e le valutazioni, ma la decisione della chiusura fa capo soltanto al consiglio di Cà d’Industria, non all’amministrazione”.
Ultima precisazione di Beccalli: “Villa Celesia non sarà venduta, al limite potremo pensare a quella di Albese che la Fondazione aveva anche già provato ad alienare”.
Altro tema caldissimo e più recente, la disdetta del contratto nazionale del pubblico per il personale della Fondazione.
“Oggi tutte le Rsa della provincia di Como hanno il contratto Uneba, non quello nazionale – ha sottolineato Beccalli – E con quello Uneba applicato ai nostri 250 dipendenti, noi risparmieremmo un milione 800mila euro all’anno, cioè 13 euro di retta al giorno (ma il presidente ha comunque affermato che “per chi è già in Cà d’industria col contratto nazionale, quello sarà mantenuto per sempre; mentre il contratto Uneba varrà per i nuovi assunti a partire dal primo ottobre prossimo”, ndr). In caso contrario, non riusciremmo a stare sul mercato né ad essere concorrenziali. Tra l’altro, il nuovo contratto non peggiorerà le condizioni del personale”.
Sul fronte delle presenze, è stata la direttrice generale a dare i numeri conclusivi: oggi le strutture Rsa di Cà d’Industria, su 449 posti, ne hanno occupato il 73%.
4 Commenti
Serve un piano di rilancio con il supporto delle istituzioni e non il cambio del contratto
Ho lavorato in Ca’ d’industria, in quel periodo la fondazione era appena uscita da un altra brutta situazione, ma con un gestione attenta, si era risollevata senza cambiare il contratto ai lavoratori.
Mi chiedo se la dirigenza, lo stipendio lo percepisce per intero, o se lo sono dimezzato per dare il buon esempio…
La concorrenza sulla pelle dei lavoratori. Una vergogna! Un modo semplice e sbagliato per nascondere le gravi incapacità gestionali
…e i dipendenti cosa ne pensano del nuovo contratto?