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Centro Como, dolore della comunità ortodossa dopo 25 anni: “Sloggiati e chiesa sbarrata. Il sindaco non ha tempo per il nostro strazio”

La piccola comunità ortodossa che per 25 anni si è riunita e ha pregato nell’altrettanto piccolo spazio “modesto ma decoroso” in via Tommaso Grossi in centro a Como non ha più una casa. Arredi sacri, altare, paramenti e ogni altra cosa, da pochi giorni dopo Pasqua, giacciono in una cantina e i fedeli, dispersi, ora vanno a Milano per ritrovarsi e pregare.

La denuncia arriva a ComoZero dal vescovo della Chiesa ortodossa Metropolita di Aquileia Ioan Bica, che racconta come a inizio 2025 “il Comune – sempre solerte quando si tratta di immobili degradati da sgomberare ma meno quando si tratta di recuperarli – invia una lettera elegante e formale alla diocesi ortodossa di Milano: la comunità deve sloggiare. Motivo ufficiale? Degrado dell’immobile, necessità di vendita, sicurezza”.

E così per quella manciata di fedeli venuti dall’Est “badanti, operai, stranieri, insomma quelli che facevano quei lavori che gli italiani non vogliono più fare, non c’è più uno spazio”.

A nulla è valsa, sottolinea ancora Bica nel messaggio alla redazione, la “nostra richiesta al dirigente del Patrimonio di avere uno spazio comunale inutilizzato. Abbiamo proposto di pagare un affitto e ristrutturare nel caso il luogo prescelto, ma nulla da fare. Spiace, anche perché era la prima chiesa ortodossa intitolata a Sant’Abbondio che ora, anche lui, è finito in una cassa chiusa in cantina”.

Questa la storia che lo stesso religioso ha poi voluto mettere nero su bianco, ripercorrendo i passaggi fondamentali. Ecco il testo integrale del messaggio che abbiamo ricevuto in queste ore:

C’erano una volta un sindaco, una giunta e un Comune. No, non è l’inizio di una favola, anche se in effetti ci sarebbe piaciuto che finisse meglio. È la storia – amaramente vera – di una piccola comunità ortodossa che per venticinque anni ha pregato, vissuto e costruito un pezzetto di dignità religiosa sulle rive del lago di Como.

Tutto comincia alla fine degli anni ’90, quando in una Como ancora capace di umanità – indipendentemente dal colore politico – viene offerto uno spazio modesto ma decoroso a una manciata di fedeli venuti dall’Est: badanti, operai, stranieri, insomma quelli che facevano quei lavori “che gli italiani non vogliono più fare”. Gente silenziosa, devota, spesso invisibile. La parrocchia ortodossa della Metropolia di Aquileia nasce così, in via Tommaso Grossi, e viene intitolata a un vescovo del V secolo: Sant’Abbondio, greco di Salonicco, patrono della città. Ironia della storia: oggi anche lui è finito in uno scatolone.

Per un quarto di secolo, quella chiesa aperta da Mons Evloghios ha rappresentato un punto di riferimento spirituale e culturale. Senza clamore, senza pretese. Nel frattempo, Como ha visto nascere altre chiese ortodosse: rumene, russe, moldave. Segno che, almeno spiritualmente, c’era spazio per tutti.

Poi arriva il 2025, l’anno della svolta. Il Comune – sempre solerte quando si tratta di immobili degradati da sgomberare ma meno quando si tratta di recuperarli – invia una lettera elegante e formale alla diocesi ortodossa di Milano : la comunità deve sloggiare. Motivo ufficiale? Degrado dell’immobile, necessità di vendita, sicurezza. Nulla da dire: parole che vanno bene in ogni comunicato standard, magari precompilato.

Il dialogo del vescovo attuale Mons Abbondio con il dirigente del patrimonio immobiliare è stato breve. Troppo […] si concede alla comunità qualche giorno in più, giusto il tempo di Pasqua, per svuotare i locali. E così, mentre Como si dedicava alla grigliata pasquale, i fedeli ortodossi incartavano icone, smontavano altari e caricavano arredi sacri nei furgoni. Sant’Abbondio compreso.

Richieste di aiuto? Ne sono state fatte. Inutili. Il sindaco non ha tempo per le lettere strazianti di una comunità dimenticata. I dirigenti si limitano a ricordare che “il Comune non è obbligato a dare nulla”. E formalmente hanno anche ragione. Peccato che la Como di oggi sembri aver dimenticato la Como di ieri: quella che, senza troppi proclami, aveva trovato uno spazio per una piccola chiesa di immigrati ortodossi maggior parte di loro ucraini .

Oggi quell’edificio non è stato venduto. Rimane lì, sbarrato, silenzioso, abbandonato. Dentro, nessuna comunità. Nessuna preghiera. Solo polvere, topi e ragnatele. Ma la legge, si sa, è legge: niente nuovi luoghi di culto. Peccato che quello di via Tommaso Grossi 2 fosse già esistente, approvato, riconosciuto. Peccato che lo abbia chiuso proprio l’amministrazione.

Così, in questa Como moderna, elegante e operosa, per noi ortodossi della Metropolia ortodossa di Aquileia, arcidiocesi di Milano e Lombardia non c’è più posto. Le porte sono chiuse, gli sguardi altrove, le mani sollevate. E Sant’Abbondio – quello della parrocchia ortodossa ucraina di Como – giace, in silenzio, in una cantina buia. Un po’ come la coscienza di chi, in nome della burocrazia, ha deciso che una comunità di poveri cristi non vale più neanche un sottoscala.

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