Morire, oltre che un lutto e un dolore, a Como può diventare una sorta di maledizione. E purtroppo, molti cittadini costretti a piangere un caro negli ultimi mesi lo hanno appreso loro malgrado. Un quadro fosco e desolante, nel quale – paradosso davvero estremo – rischia persino di passare in secondo piano un dato emerso giovedì sera in consiglio comunale. Ovvero, la cifra riferita dall’assessore al Patrimonio, Francesco Pettignano, sui mancati introiti per le casse comunali a causa della rottura del forno crematorio, dal giugno 2016 a oggi: 650mila euro perduti a causa di una vicenda di per sé surreale (e tuttora irrisolta: il forno, che avrebbe dovuto riaprire il 31 luglio scorso, è ancora fermo perché mancano ancora alcuni pezzi per la riparazione e la messa in funzione).
“Ora speriamo di poter concludere gli interventi di ripristino entro maggio, ma purtroppo i ritardi dipendono dall’azienda che doveva averli già conclusi – afferma Pettignano – Sono desolato ma è una situazione che abbiamo ereditato e che è difficile da gestire. Tanto è vero che per il futuro pensiamo anche a trasferire la struttura altrove: il cimitero di Camerlata, comodo da raggiungere, con i parcheggi vicini e lo spazio adeguato, potrebbe essere una soluzione”.
Ma, come si accennava, l’incredibile vicenda della struttura al Monumentale è soltanto uno dei problemi dell’intero servizio cimiteriale gestito dal Comune di Como. Oltre alla questione delle cremazioni che devono essere effettuate da quasi 2 anni fuori provincia (con spese ulteriori rispetto al solito di circa 3-400 euro a famiglia), grossi disagi stanno vivendo anche tutti coloro vogliono seppellire tradizionalmente il proprio caro in un cimitero comunale.
La sostanza è semplice quanto sconfortante: a oggi il Comune non ha operai in servizio esclusivo per i cimiteri comunali. Erano 4: uno è deceduto, due sono stati spostati e un terzo è andato in pensione. “Ora esternalizzeremo il servizio con un bando per il personale e per la gestione stessa del forno, quando tornerà in funzione”, specifica Pettignano.
Resta il fatto, però, che in caso di morte di un residente in Como, accade questo: i famigliari avvisano l’impresa di pompe funebri per il funerale e poi il Comune per la sepoltura e la copertura della bara. Il Comune, però, praticamente sempre non ha operai disponibili per poter procedere alla chiusura della fossa in tempo reale. Dunque l’esito è questo: la famiglia del defunto celebra il funerale. Ma siccome a causa della scarsità del personale comunale non si può procedere alla tumulazione “classica” subito dopo, bisogna attendere che se ne liberi qualcuno anche impegnato in altri servizi per imbracciare le vanghe e procedere alla sepoltura. Ma poiché i funerali sono molti, ovviamente gli operai (senza colpe) sovente non riescono a garantire la tumulazione delle bare immediatamente dopo la cerimonia. La conclusione è inevitabile: la bara, subito dopo il funerale, spesso viene “parcheggiata” per due, tre o anche quattro giorni nel deposito del Cimitero Monumentale. Poi, quando gli operai reperiti altrove sono liberi dagli impegni, la bara viene ripresa dal deposito, portata nel cimitero di destinazione tra gli altri 8 della città e solo a quel punto può venire sepolta.
Insomma, un addio in due, laboriosi atti. La beffa invece, in un momento già doloroso, resta una sola.
2 Commenti
Questi son bravissimi a spiegare perché le cose non funzionano, ma non risolvono mai un problema. Peggio di tutti.
se dovesse aver bisogno di operai io faccio il muratore e anni fa con una ditta di cernobbio facevamo anche sepolture