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Tutte le foto di questo articolo: ©Carlo Pozzoni fotoeditore
Attualità, Politica

Como, i 100 anni del sindaco più amato e che ha fatto la Storia: 40 racconti brevissimi celebrano coraggio e grandezza (e quella rivoluzione)

Una serie di brevi testi ispirati, commoventi e “vissuti” in prima persona raccontano la grandezza professionale e soprattutto umana di un personaggio che ha fatto la storia di Como: quella del sindaco Antonio Spallino.

Antonio Spallino

Poche righe, scritte su pagine bianchissime, senza foto o altro per evidenziare esclusivamente le caratteristiche di Antonio Spallino. A tracciare questi brevi schizzi di una vita impossibile da racchiudere in un solo libro è stata chiamata – dal figlio Lorenzo – una quarantina di amici, colleghi e compagni di tante avventure.

Il libro

Così spiega l’operazione Lorenzo Spallino. “Abbiamo presentato una piccola pubblicazione in occasione dei 100 anni dalla nascita di papà, contenente una quarantina di contributi che non esauriscono, ovviamente, la platea delle persone che l’hanno conosciuto. Abbiamo scelto – e ce ne scusiamo con chi non è presente nella raccolta – di concentrarci, tra gli aspetti e le stagioni di un uomo particolare, sugli anni dell’amministrazione comunale nel passaggio dalla carriera sportiva a quella politica”.

I testi, come specificato non aspirano “a celebrare, ma vogliono essere testimonianza, a volte intima, altre minima, di un momento straordinario di questa città, dove era palpabile il senso di appartenenza ad una comunità, dove era convinzione trasversale che il possesso della verità non sta dalla parte delle mani levate più numerose delle altre. Il distacco con lo spettacolo che ci viene quotidianamente offerto non è motivo per dimenticare o per tacere, ma stimolo per ricordare e agire”.

Sfogliando la pubblicazione (potete farlo qui) e pensando ai cambiamenti della città, non possiamo non porre alcune domande sulla Como di oggi al figlio Lorenzo, partendo da quella che fu forse una delle decisioni più rivoluzionaria del papà sindaco fino ad arrivare all’oggi.

La straordinaria operazione fatta negli anni ’70 da suo papà che tolse le auto dal centro storico, rappresenta una scelta rivoluzionaria e modernissima che ha cambiato il volto di Como ma che forse è rimasta in parte incompiuta osservando come oggi si tenda a identificare Como sempre di più con il solo centro, isolata rispetto alle sue periferie. Quale il suo parere?
Il modello della Como degli anni ’70 non era, ovviamente, limitato al centro storico, la cui chiusura era contenuta all’interno di una progettualità che oggi fatichiamo a ricordare. La diffusione della presenza pubblica, la tutela delle fasce più deboli, l’offerta scolastica, erano il tratto distintivo di una attenzione ai bisogni della popolazione che oggi viene letta unicamente in un’ottica del costo del servizio per le casse comunali. Se la convalle produce ricchezza anche grazie ai flussi turistici, il compito dell’amministrazione dovrebbe essere quello di distribuire sul territorio la ricchezza generata. Farlo a favore dei luoghi dove vive la gran parte della popolazione è il modo migliore per coltivare il collante sociale.

Lorenzo Spallino e la meravigliosa decana dei giornalisti comaschi, Maria Castelli nel giorno della presentazione del volume

In tale contesto si intervenne in maniera sostanziale sul piano regolatore per limitare un’espansione senza freni della città, impedendo che Como potesse diventare un agglomerato da centinaia di migliaia di abitanti. Un passaggio necessario?
Beh, il modello prima della variante al PRG era quello di una città da 1.000.000 di abitanti. Per arrivare a questa cifra si rendeva edificabile quella che oggi chiamiamo Spina Verde. L’insediamento di Como Sole è ciò che resta di quella previsione e consentire di intervenire su quello che oggi è il Sant’ Anna in via Napoleona, come ha voluto Regione Lombardia per ripagarsi dei costi della realizzazione del nuovo ospedale a San Fermo, vuol dire affacciare la possibilità di una saldatura tra la convalle e Camerlata, urbanisticamente impensabile. Quindi sì, il passaggio era necessario.

Lorenzo Spallino, Mario Lucini e Fiorenzo Bongiasca

Cosa rimane di quella città ideale che suo padre sognava e che in gran parte realizzò, attraverso acquisizioni edilizie e restauri – non tutte portate a buon fine – come gli interventi per strappare al degrado luoghi come Santa Chiara, San Francesco, San Pietro in Atrio, i Musei civici, la Pinacoteca e Palazzo Natta?
Molto, se è vero che la città pubblica è ancora quella di allora, contrassegnata dagli esempi che ha fatto e ai quali aggiungerei Setificio e Comodepur. Poco, se il livello del dibattito politico è quello che apprendiamo dai giornali.

Quale l’attitudine vede nel sindaco attuale e nella Como di oggi? Dove è diretta e soprattutto vede in questa amministrazione la spinta a immaginare una città del futuro?
Ho avuto il sindaco attuale come consigliere di minoranza cinque anni. Il tratto mi sembra tutto sommato coerente con quello di allora. I contenuti ovviamente no, ma si sa che – come nel caso dello Stadio – quando si passa dall’altra parte del tavolo si cambia e qualche volta bisogna pur sposare le idee di chi ci ha preceduto. Purtroppo, non sono in grado di rispondere alla seconda parte della domanda perché non vedo una direzione, nel senso che non riesco a individuare una visione. Non registro interventi, dichiarazioni, posizioni né dei componenti della giunta né dei consiglieri comunali di maggioranza. All’inizio ne ero sorpreso, oggi ne sono amareggiato. Perché si può non condividere una visione, ma non si può tollerare che chi governa non l’abbia e soprattutto non senta il bisogno di averla.

Vittorio Nessi e Gianstefano Buzzi

E se sì, dove la vede diretta? Ma soprattutto un tempo era fortissimo il senso di comunità, di una comunità unita e forte. Oggi pare invece che ci siano soprattutto fazioni che si fronteggiano.
Non commetterei l’errore di attribuire agli scontri tra il sindaco e le minoranze, o tra il sindaco e pezzi di città, il valore di un dibattito, perché non c’è alcun dibattito. Ci sono delle decisioni e c’è chi, a decisione presa, ritiene di avere buoni motivi per opporsi. La parte della discussione, che è l’essenza della democrazia, è omessa. Per questo non parlerei di fazioni che si fronteggiano perché per fronteggiarsi bisogna che qualcuno sieda da una parte del tavolo e qualcuno dall’altra. Il problema è che qualcuno ha fatto sparire il tavolo.

L’articolo uscito su ComoZero periodico

Come ha vissuto, prima da bambino e poi nel corso degli anni da cittadino e amministratore, i macro-cambiamenti della sua città? 
Domanda difficile. Ricordo ancora quando, tornando da scuola in bicicletta, un parcheggiatore in piazza Cavour mi urlò che quello era un parcheggio, non una strada. Ricordo quando si parcheggiava in centro storico. Sono cose, oggi, inimmaginabili. Come inimmaginabile era, nel 2013, bloccare, prima città capoluogo in Italia, il consumo di suolo o posizionare una scultura di Daniel Libeskind sulla diga foranea.  Una città anziana ha comprensibilmente paura dei cambiamenti, che sono però inevitabili. Chi amministra ha il compito di gestire le trasformazioni, non di negarle. L’inverno demografico si affronta immaginando più servizi, non cancellandoli. Il successo turistico del centro storico si affronta tutelando la residenza e riscrivendo il Piano di Governo del Territorio, non restando passivi.

Antonio Spallino

Infine, quale la sua preoccupazione più forte per il futuro di Como? E quale il sogno che vorrebbe vedere realizzato?
Temo l’indifferenza. Temo l’assuefazione a ritrarsi dalla vita pubblica che il clima di scontro perenne genera. Temo che una città indifferente alla forma del proprio futuro e ai più deboli sia lo strumento più efficace per allontanare i giovani e suggerirgli di cercare altrove la valorizzazione delle proprie aspettative. Un sogno? Rendere balneabile il primo bacino per restituire il lago alla città e ai ragazzi sarebbe il primo passo. Parigi ha fatto cose straordinarie per rendere balneabile la Senna e la città ha apprezzato, Zurigo ha 40 stabilimenti sul fiume Limmat. Vogliamo prenderne atto o ci accontentiamo di ripetere come un mantra che questo è il lago più bello del mondo?

In conclusione, tornando al volume pubblicato, ecco l’elenco di chi è stato chiamato ricordare Antonio Spallino: Franca Aiani, Giuseppe Anziani, Alberto Artioli, Gisella Belgeri, Mario Bianchi, Alberto Bracchi, Gianstefano Buzzi, Federico Canobbio Codelli, Maria Castelli, Francesco Castiglioni, Luigi Cavadini, Laura Clerici, Achille Cornelio, Giuseppe Cosenza, Irma Curcio, Abele Dell’Orto, Pierluigi Della Vigna, Mario di Salvo, Pierluigi Maria Fino, Gherardo Gajoini, Giorgio Gandola, Cesar Giobbi, Giuseppe Guin, Giuseppe Guzzetti, Pierantonio Lorini, Mario Lucini, Paolo Mantegazza, Luigia Martinelli, Vittorio Nessi, Paolo Maria Noseda, Darko Pandakovich, Amborogio Parodi, Enzo Pifferi, Pietro Pizzala, Giovanni Pontiggia, Bruno Profazio, Chiara Rostagno, Renata Soliani, Adele Suigo, Franco Tagliaferri, Tino Tajana, Giancarlo Tanzarella.

Per chi lo desiderasse, è disponibile un numero limitato di esemplari cartacei del libro. Chi fosse interessato può scrivere a l.spallino@studiospallino.it

Qui, il Pdf del volume, sfogliabile o scaricabile.

L’avvocato Antonio Spallino (Como 1° aprile 1925 – Como 28 settembre 2017) è stato sindaco di Como dal 1970 al 1985. In precedenza, era stato assessore all’Urbanistica con il sindaco Lino Gelpi. Ha svolto il compito di Commissario speciale della Regione Lombardia (1977-1979) per l’incidente di Seveso. In ambito sportivo, oltre che plurimedagliato olimpico nella Scherma (argento nel fioretto a squadre a Helsinki 1952, oro nel fioretto a squadre a Melbourne 1956 e bronzo individuale sempre a Melbourne 1956), è stato presidente del Panathlon International Club di Como (1970-1975) e del Panathlon International (1988-1996).

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