I racconti, le testimonianze e le memorie dei lettori sono una fonte preziosa per questo giornale. Servono a fissare il tempo a raccontare quanto accaduto e quanto è mutato in questo piccolo e, per certi versi, importante capoluogo di confine. Accade anche oggi nel dibattito seguito alla decisione dell’amministrazione comunale e del sindaco Alessandro Rapinese di chiudere diverse scuole in città (qui le cronache).
Così due giorni fa abbiamo pubblicato questa mail inviata redazione: Como, lettera d’amore per le scuole che Rapinese chiude. La maestra: “Gli sforzi di una vita cancellati con un tratto di penna”).
Tra i commenti al pezzo, questa sera 17 settembre, ecco fiorire una nuova storia con un’analisi lucidissima offerta da una lettrice, la riportiamo interamente e molto volentieri. Riguarda uno degli istituti la cui sorte sembrerebbe decretata, la storica e amatissima scuola d’infanzia Luigi Carluccio di via Volta, centro storico. [Per contributi, segnalazioni, reazioni e opinioni: redazionecomozero@gmail.com, il numero Whatsapp 348.6707422 o la pagina dei contatti]
Ecco:
La Carluccio chiusa è un gioiello del centro che sparisce. Il chiostro attorno a cui è organizzata la scuola, il giardino sulle mura, la dimensione di quartiere della scuola materna, sono valori aggiunti che è davvero un peccato perdere.
Non a tutti, anche nel sistema scuola, era ”simpatica”: troppo montessoriana e di élite secondo alcuni per una scuola pubblica, con le sue tre classi, le aiuole da curare a turno dai bambini e le attività svolte con i negozianti entro le mura (meraviglioso per i bambini fu fare la pizza con la mitica pizzeria d’asporto Peach Pit e il suo stupendo proprietario Agostino Donnarumma, per citare solo una delle esperienze…).
Bellissima, a misura di bambino, un servizio pubblico eccezionale per chi abita in città, ancor più in città murata. Le ragioni che spingono a ottimizzare tutto saranno sicuramente valide e ragionate, ma continuo a pensare che, come nel piccolo gioiello “un mondo a parte“ di Antonio Albanese, certe sottrazioni al territorio sono impoverimenti dal prezzo altissimo per le comunità.
Che forse miglioreranno i nostri bilanci, ma non la qualità della nostra vita in una città che sta diventando sempre più ostaggio del turismo e del commercio, con una spinta verso i comuni limitrofi a misura di famiglia che, personalmente, mi intristiscono immensamente.
9 Commenti
…una domanda….ma può chiudere una scuola dell’ infanzia statale con gestione mensa del comune? O dovrà trovare un’altra sede?
Che splendore questa scuola dell’infanzia, non l’avevo mai vista dall’interno. Che peccato!
Rapinese ha ragione, la struttura se non è redditizia va chiusa, di bambini non ce ne sono più, ci sono però i turisti a cui qualcuno dovrà pure pensare!
Ora, con la chiusura di questo asilo semideserto, potremo avere un nuovo locale per brunch, light lunch and cocktail drink!
Rapinese pensa al benessere della nostra amata città.
1. Le scuole pubbliche non producono reddito. Quindi non ha senso parlare di scuola non redditizia. 2. La scuola dell’infanzia di Via Volta, non solo non è semideserta, ma ha liste d’attesa. Le sezioni sono tutte al massimo della capienza.
Bel commento ironico. Spero!
Questo commento mi fa rabbrividire.
Non tutto si può misurare con parametri economici. Servono analisi più fini, più profonde e di più ampio respiro per prendere certe scelte, non basta affermare che le scuole sono un costo, dati alla mano. Le scuole tutt’al più sono un investimento sul futuro di Como. Un investimento da incoraggiare soprattutto nel sempre più sterile centro cittadino. I bambini di questa città meritano scelte più sagge e lungimiranti dalla politica locale. Le città più progredite di tutto il mondo, anche quelle della vecchia (anagraficamente) Europa, hanno già mostrato la via: aumentare gli spazi per i bambini. Se ci si adatta miopemente al presente senza una visione del futuro volta a incentivare la natalità, Como rimarrà una città per vecchi benestanti.
Giusto, la cultura non è subito redditizia, va coltivata da piccoli, è sembre un grosso investimento a lungo termine ma fa la qualità di un popolo.
Pensiamoci
Che bello, non lo conoscevo almeno dall’interno