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Como, l’aperitivo che celebra l’anniversario triste: “Piscina di via del Dos, da 3 anni una tragedia civile”

La chiusura delle piscine di via del Dos segna una ferita aperta nella città di Como (tutta la storia e gli approfondimenti). Tra contrasti tecnici, ritardi amministrativi e il forte bisogno sociale di chi quella piscina la usava per riabilitarsi e mantenersi in forma, il terzo anniversario è un momento di riflessione urgente. A fare il punto su questa dolorosa situazione sono i protagonisti direttamente coinvolti: dalle associazioni impegnate nell’inclusione ai rappresentanti istituzionali, che insieme hanno una chiara priorità: quella di restituire a Como e ai suoi cittadini, soprattutto ai più fragili, un luogo di vita e di cura che non può più aspettare.

“L’amministrazione non è mai venuta a verificare”

Franco Campanella, vicepresidente della cooperativa Colisseum che ha seguito tutti i lavori, non nasconde la sua amarezza e preoccupazione: “Abbiamo sempre lavorato a regola d’arte, e lo abbiamo segnalato più volte, ma l’amministrazione non è mai venuta a verificare, mai. Qui sotto ci sono ancora i puntelli e io mi chiedo: che ci fanno ancora lì? Dal 2018 dicevamo: ‘Venite a vedere, i lavori sono stati fatti bene, qui c’è la timbratura e la firma di un ingegnere strutturista’, e invece a oggi ancora niente”.

Campanella denuncia un cortocircuito amministrativo che dura da anni: “Come è possibile che abbiano mandato la gente a lavorare lì sotto, se poi hanno detto che la struttura era a rischio crollo? È una domanda banale, ma importantissima. Non dovrebbe venire solo il sindaco, con cui poi si finisce per litigare, dovrebbe venire anche Luca Noseda (Direttore dell’area territorio e del settore opere pubbliche, ndr) è a lui che bisognerebbe fare questa domanda”.

Sul rischio crollo, il vicepresidente di Colisseum insiste con amarezza: “Noi abbiamo assunto un tecnico esterno che potesse valutare la struttura e lui ha detto che con la giusta manutenzione potrebbe durare anche per i prossimi cent’anni. Il sindaco invece ripete sempre: ‘C’è pericolo di crollo’. Ma se uno pensa davvero questo, allora cosa vuol dire? Che io avrei agito su una struttura senza autorizzazione? Che ci sarebbe stato un rischio per la sicurezza pubblica?”.

Campanella denuncia anche la mancanza di questa manutenzione necessaria: “Se non fai la manutenzione, per esempio dei canali di scolo per la raccolta delle acque, che succede? L’acqua non defluisce e finisce per strabordare all’interno, risultato? Infiltrazioni, danni strutturali… e tutto questo era stato segnalato. Abbiamo mandato moltissime mail urgenti al Comune, chiedendo di intervenire, le risposte? Il nulla”.

Inoltre Campanella sottolinea la confusione negli interventi: “Stanno facendo lavori solo su un blocco specifico, ignorando la struttura nell’intero. Se davvero ci fosse la volontà di aprire tutto, avrebbero fatto i lavori antincendio su tutta la struttura, non solo su una parte. E invece si ragiona a compartimenti stagni. È tutto un gran casino, un pasticcio“.

“Con la chiusura si è creato un vuoto che pesa”

Dal punto di vista degli utenti con disabilità, il disagio è forte e concreto. Mariangela Volpati, presidente di Osha – Asd – Aps Como, racconta: “Con il tempo ho visto persone con disabilità più gravi che frequentavano la piscina di via del Dos migliorare, ma con la chiusura si è creato un vuoto che pesa, soprattutto per chi ha disabilità gravi e non può usare altre piscine come quella di Casate, anche se è accessibile”.

Volpati spiega perché il valore terapeutico dell’acqua sia così fondamentale: “L’immobilità prolungata può portare a peggioramenti seri. Durante il Covid, con pochi mesi di stop, anche i nostri ragazzi con disabilità leggere hanno avuto un calo enorme. Non riesco a immaginare cosa significhi per chi ha problemi più gravi. Serve un’alternativa concreta e rapida“.

“Hanno ignorato la sofferenza che hanno provocato”

Pia Pullici, presidente dell’associazione Thais, aggiunge: “Ci sono 40, 50 ragazzi che non possono più venire, manca accessibilità. L’unica alternativa è la piscina di Cantù o Valmorea, ma quest’ultima costa 45 euro a seduta e non è alla portata di tutti. Via del Dos era strategica: vicino al lago, alla Brianza, all’autostrada, al treno. Un vero punto di riferimento”.

Pullici esprime anche un forte appello all’amministrazione: “Hanno dato 750 mila euro a Comonuoto, mentre a noi sarebbero bastati 800 mila euro per continuare. Hanno ignorato la sofferenza che hanno provocato. Per chi vive con disabilità gravi, uscire una volta alla settimana per nuotare era tutto, i ragazzi aspettavano con trepidazione quel momento di libertà e socialità“.

“Questa vicenda è una tragedia civile che non possiamo ignorare”

La consigliera comunale del Pd, Patrizia Lissi, infine, non riesce a nascondere la propria indignazione e la volontà di agire: “Basta guardarsi intorno per rendersi conto dello squallore e del degrado in cui questa struttura è stata lasciata. Ho chiesto all’amministrazione quali siano le previsioni per l’inizio dei lavori: quando si pensa di partire? Ma non è arrivata nessuna risposta, silenzio totale. Eppure, questa vicenda è una vera tragedia civile che non possiamo ignorare: per l’abbandono dell’impianto, per il danno gravissimo inflitto alle persone con disabilità, e per l’assenza totale di alternative adeguate”.

E conclude con un appello alle istituzioni: “Non dobbiamo dimenticare cosa rappresentava questa piscina. Le associazioni lo hanno sempre spiegato con grande chiarezza: era un luogo prezioso. Qui le persone con disabilità potevano fare attività fisica in acqua, riabilitazione, sport, ma anche socializzare e sentirsi parte di una comunità, e adesso? Cosa fanno queste persone? E soprattutto: stanno riuscendo, in qualche modo, a continuare le loro attività in acqua o sono semplicemente state lasciate sole, senza alternative?”.

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