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Como, le “orde di gitanti” e le interviste profetiche di De Santis e Passera: “La massa può essere devastante”

Sulla scia dell’ampio dibattito innescato dal consigliere comunale di Svolta Civica, Vittorio Nessi, sul presente e sul futuro del turismo a Como, riproponiamo qui due interviste ad altrettante figure di primissimo piano del settore uscite su ComoZero nel 2019 e qui appositamente accorpate in un singolo articolo.

Apocalypse Nessi: “Como cannibalizzata da orde di gitanti domenicali. Niente qualità, abitanti e luoghi snaturati”

Si tratta dei colloqui con Bianca Passera e con Paolo De Santis, i quali, due anni fa, espressero per larghissima parte gli stessi punti di vista ora riportati al centro della discussione pubblica da Nessi in tema di turismo, masse, impatto e prospettive.

Di seguito, le due interviste.

Per interventi, riflessioni, contributi, foto-video: redazionecomozero@gmail.com

Turismo, l’allarme di Bianca Passera: “Valore, non numeri. La massa può essere devastante”

I modi gentili e l’onnipresente sorriso non devono ingannare. Bianca Passera ha idee chiare e il piglio di chi è abituata a stare sul ponte di comando, e lo sa fare bene.

Presidente e CEO di Lario Hotels (gruppo che riunisce gli hotel Villa Flori, Posta, Terminus e il lussuosissimo Vista di piazza Cavour), oltre che presidente del Museo della Seta, la signora Passera dovrebbe essere la prima a gioire dell’invasione di turisti che la città e il lago stanno vivendo in questo periodo.

E invece, con grande realismo, fa una riflessione che è quasi un grido d’allarme.

Cosa pensa del momento d’oro che Como e il lago stanno vivendo?
Il turismo vive un boom meraviglioso, però in realtà credo che sia tempo di fare delle scelte. Il rischio è di diventare come Venezia o Taormina, città meravigliose distrutte dalla scelta di privilegiare i volumi rispetto al valore. Occorre fare una riflessione sul tipo di turismo che vogliamo.

Suona come una sorta di selezione all’ingresso.
No, significa non avere paura, ad esempio, di fermare quegli enormi pullman che percorrono le strade del lago proponendo mezzi alternativi. Non perderemo ricchezze, la gente continuerà a venire a Como perché il nostro è un territorio meraviglioso ma noi abbiamo il dovere di preservarlo, perché è questo il prodotto che vendiamo.

Significa avere infrastrutture adeguate?
Sì, il nostro territorio è piccolo e stretto e l’impatto di un turismo di massa può essere devastante. Occorre pensare alla sua sostenibilità ambientale e occorre prediligere il valore e non i numeri.

Non significa rischiare di favorire un turismo a cinque stelle a svantaggio di altri tipi di offerte?
Non credo, c’è posto per tutti, dal grande albergo al b&b. Occorre però ricercare il valore, a ogni livello.
Ne guadagnerebbero anche i comaschi. Il turismo ha un fortissimo impatto sulla vita della città e bisogna fare in modo che non vada in conflitto con chi ci vive. I comaschi non devono scappare perché è diventato impossibile vivere qui e si fa coda per tutto. E oggi il rischio c’è.

Qualcun si sta ponendo il problema o ci stiamo ancora godendo l’ubriacatura di questo boom?
Non mi pare che oggi ci si stia ponendo realmente il problema e non vedo riflessioni in questo senso. Non è necessario prendere decisioni integraliste ma è ora di pensare seriamente a che turismo vogliamo prima che sia troppo tardi.

Como e le “orde di gitanti”. Cioffi (Turismo): “Ingressi selezionati? Impossibile. Il traffico il problema, non le persone”

Como e il turismo di massa. De Santis: “L’ossessione dei numeri? Rischiamo omologazione e perdita d’identità” 

Ogni volta che un riflettore si accende su Como e il suo lago, un moto di orgoglio pervade anche il più caustico dei comaschi. Che siano il party di D&G, le riprese dall’alto del Giro d’Italia, Clooney e Obama in gita o le code per i battelli e i parcheggi che non bastano mai, Como non è mai stata tanto sotto i riflettori (al limite della sovraesposizione). E tutto appare quasi come la misura del successo.

Dal suo osservatorio privilegiato (è imprenditore di successo con alberghi come lo Sheraton e il Grand Hotel di Tremezzo oltre che ex presidente della Camera di Commercio di Como e, oggi, presidente del “pensatoio” Officina Como) Paolo De Santis, la pensa un po’ diversamente.

Cosa pensa del boom turistico che Como sta vivendo negli ultimi anni?

È un momento felice, dobbiamo esserne contenti. Però bisogna ragionarci sopra in maniera seria.

Cosa intende?

Senza voler fare un discorso strutturato, mi permetto di suggerire di non seguire ossessivamente i numeri perché la chiave del successo non sta solo in quello.

Cosa bisognerebbe fare?

Dopo la de-industrializzazione della convalle, è emerso il grande potenziale turistico di Como ma il turismo da solo non risolve i problemi della città. Su questo bisogna ci sia consapevolezza.

Il turismo non è quindi la panacea che molti immaginano.

Direi di no. Lo sviluppo che stiamo vivendo ha degli ovvi limiti territoriali: quelle che beneficiano in maniera concreta di questo sviluppo sono essenzialmente la zona vicina al lago e la città murata.

Troppo poco?

Non bisogna dimenticare che uno dei grandi problemi di Como è la perdita dei giovani che vanno a lavorare e vivere altrove. E in questo contesto il turismo da solo non è in grado di attrarre talenti dal resto del mondo per ridare alla città l’energia che le serve. Infine c’è il problema dell’equilibrio tra turisti e comaschi.

Una convivenza difficile?

Potrebbe diventarlo, si tratta di mantenere un corretto equilibrio tra le esigenze di chi sta a Como poche ore, o pochi giorni , e chi ci vive e lavora tutto l’anno. Il rischio è quello di trasformare la città secondo i gusti omologati dei turisti perdendone l’identità. E anche la vita del centro è destinata a cambiare se gli alloggi vengono lasciati dai residenti per essere trasformati in case vacanza.

Orizzonte preoccupante?

Sono segnali importanti di un cambiamento su cui occorre ragionare senza drammatizzare. Siamo ancora in tempo per pensare alla direzione che vogliamo prendere. L’importante, lo ripeto, è non innamorarsi dei numeri perché spesso confondono le idee e possono diventare pericolosi.

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2 Commenti

  1. Trovo entrambi gli interventi molto interessanti e condivisibili. La necessità di avere una città “salotto” è vantaggiosa sia per gli operatori turistici sia per gli abitanti. Oggi Como è una città “tinello” dove si entra per mangiare e per fare poco altro. È necessario rendere la città più interessante e vivibile per farla diventare meta di chi vuol vivere in un posto speciale e meta dei turisti che cercano un posto speciale. Sono d’accordo con il Dott.De Santis anche per un altro aspetto. Con l’avvento del lavoro agile, la delocalizzazione virtuale è realtà. Ci sono aziende multinazionali che hanno i propri collaboratori sparsi per il mondo. Perché non pensare che questi che lavorano virtualmente a Londra, a Parigi o a Berlino non possano vivere a Como lavorando collegati da casa loro o dal coworking dietro l’angolo? A questo punto, perché i nostri talenti dovrebbero andarsene da una città stupendamente bella da vivere e perché i talenti di città meno belle di Como non dovrebbero abitare da noi? Como non ha nulla che manca per diventare un luogo ambito per viverci. Adesso è ambito per prendere solo un gelato in riva al lago. Almeno se fosse buono come quello che fanno a Cantù. Almeno quello

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